DI JON RAPPOPORTJon Rappoport’s Blog E’ possibile che nessuno di voi sia interessato alle pratiche sessuali degli abitanti dell’isola di Trobriand e, comunque neanche a ciò che fa qualche tribù amazzonica durante una noiosa giornata di martedì. Emile Durkheim (1858-1917), uno dei fondatori della sociologia, coniò l’espressione “inconscio collettivo” e insisteva sull’esistenza di qualità innate che esistono nella società al di sopra dell’individuo. Esponendo le proprie assurde teorie, giunse al punto di sostenere che persino il suicidio fosse una di queste qualità. Come se questo specifico fenomeno fosse al di là di ogni possibile scelta individuale, scrisse infatti: “L’uomo è tanto più vulnerabile all’autodistruzione quanto più egli è distaccato da ogni collettività, cioè quanto più egli vive in maniera egoista”. In altri termini, secondo Durkheim, l’individuo che rigetta le norme di una società deve quindi essere avvolto a sua volta in qualcosa di moralmente ripugnante e quindi senza alternative. Dal brodo primordiale della “sociologia”, la lunga storia sordida di questa disciplina accademica arriva a qualcosa di questo tipo: Peter Callero, del dipartimento di sociologia della Western Oregon University, ha scritto un libro dal titolo: Il mito dell’individualismo: come le forze sociali formano le nostre vite (2013). “I più oggi credono che un individuo sia una persona con una identificazione indipendente e distintiva, cosa che comunque, rimane nel mito”. Quando Callero scrive frasi come “identificazione” non parla di carte d’identità, né di numeri della previdenza sociale. In verità parla dell’assenza di unicità del singolo individuo. Asserisce infatti che le differenze fra due persone siano insignificanti in quanto quei due non sono “individui” nel senso stretto, bensì gruppo. “La filosofia empirica britannica è individualista. Ed è certamente chiaro che se l’unico criterio per distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato è quello dell’uomo come singolo, non resta spazio per un “patto sociale”, cosa che invece sempre coinvolge un largo numero di persone. E se egli rifiuta ogni giudizio o prova che non siano il proprio, manca dello strumento base per fornire le risposte” (Jacob Bronowski, Scienza e valori umani, 1956). Comunque il mondo è pieno di esperti che si innalzano e poi predicano il collettivismo, diventando così una specie di sovvertitori sociali. Credendo di avere gli strumenti per decidere in che tipo di mondo si debba vivere, dal momento che lor signori non ne fanno più parte. Citando Orwell: La gente che cerca di imporre una società preprogrammata sugli altri non ha molto da dire nel campo della libertà. Perché dovrebbero poi? Questa è come un Jolly e appartiene all’individuo, individuo che viene considerato come un ostacolo al cosiddetto progresso di gruppo. Conosci il gruppo. Queste pseudo discipline hanno prosperato perché le elite che detengono il vero potere stanno facendo di tutto per sradicare il concetto stesso di individuo. Jon Rappoport è di due opere del calibro di THE MATRIX REVEALED e EXIT FROM THE MATRIX, Jon è stato candidato al congresso dalla California, fornisce consulenze ai privati, i cui scopi rimangono l’espansione del Potere creativo individuale. Nominato per un premio Pulitzer, in seguito alla sua carriera trentennale come reporter che ha scritto vari articoli sui più disparati argomenti per le più diverse riviste , come CBS Healthwatch, LA Weekly, Spin Magazine, Stern, e altre riviste negli Usa e in Europa. Jon ha tenuto conferenze e seminari sulla salute, la politica globale, la logica e il potere creativo, in varie parti del globo. Si possono ricevere gratuitamente le sue mail iscrivendosi su www.nomorefakenews.com Fonte: http://jonrappoport.wordpress.com Link: http://jonrappoport.wordpress.com/2014/01/09/social-sciences-and-the-destruction-of-individuality/. 09.01.2014 Traduzione per www.comedonchiscitte.org a cura di MEMNONE |