Carne e comportamento umano

mangiare-carneProf. Armando D’Elia

Naturalista, chimico, studioso di dietetica vegetariana (Comitato Scientifico AVI)

In linea generale si può affermare che, in condizioni naturali, gli animali carnivori sono feroci ed aggressivi e che quelli non carnivori sono invece pacifici e socievoli.

Un’altra facile constatazione: la graduale riduzione dell’aggressività dell’uomo a misura che esso passa da una dieta comprendente molta carne ad una dieta che esclude i cibi iperproteici e in particolare la carne.

È noto, ancora, che i cani addomesticati, sebbene in natura siano carnivori ed aggressivi (erano lupi !), se si vuole che montino con efficacia la guardia ed aggrediscano persone a loro sconosciute, debbono essere alimentati con molta carne. Analogamente, se si vuole, in tempo di guerra, impiegare degli uomini in azioni belliche efficaci, occorre dar loro abbondanti razioni di carne, utilizzata come una droga atta a sviluppare aggressività, violenza e insensibilità. Nell’Iliade di Omero si narra di festini a base di carne, delle specie di riti sanguinari ai quali prendevano parte i guerrieri tra una battaglia e l’altra.

Seneca faceva notare che tra i mangiatori di carne si trovano i tiranni, gli organizzatori di eccidi e di faide e di guerre fratricide, i mandanti di assassini, gli schaivisti, mentre coloro che si nutrono dei frutti della terra sono caratterizzati da mitezza di comportamenti. Liebig racconta che nel giardino zoologico di Giesen l’orso, se era costretto a mangiare carne al posto di vegetali, diveniva irrequieto e pericoloso. Si può quindi affermare che l’igiene fisica è anche, e sempre, igiene mentale, come sosteneva J .Dalemont, descrivendo la storia dell’alimentazione umana nel suo lavoro “Manuale di igiene mentale”.

È nota l’espressione “la carne mi dà la carica”, usata da chi vuole giustificarne l’uso alimentare, dato che questa società, basata sulla competitività, sulla concorrenza e sull’arrivismo, esige dall’individuo una grinta aggressiva che permette di farsi strada (“struggle for life”).

I suddetti pochi e succinti riferimenti socio-biologici già consentono di potere affermare che la carne influisce negativamente sul comportamento umano. Occorre però motivare meglio questa affermazione, cosa che cercheremo di fare qui di seguito, partendo da alcune considerazioni di carattere generale.

Certamente l’uomo è un animale influenzabile e condizionabile da diversi fattori ambientali e in modo molto evidente da quello alimentare. Il grande Ludwig Feuerbach nel lontano 1855 sintetizzò tale grande verità nella sua famosa frase “Der Mann ist vas er isst” (“L’uomo è quel che mangia”). Ma il medesimo significato scientifico di questo aforisma (Pare che tale aforisma sia stato ispirato a Feuerbach da Jacopo Molcschott. cclcbre fìsiologo, Olandese di nascita ma ilaliano di clezione. profcssore all’Univcrsità di Roma c di Torino, scnatorc dcl Regno d’Italia) si ritrova in un altro famoso aforisma, quello del grande studioso italiano BARTOLOMEO BECCARI (medico, chimico, professore di chimica all’Università di Bologna), il quale oltre un secolo prima, nel 1728, nella lingua dotta degli studiosi del tempo, aveva sentenziato: “Quid aliud sumus, nisi it unde alimur ?” (Che cosa altro siamo se non quello che mangimo?).

Non è un caso che questi due grandi pensatori siano stati vegetariani. Essi si possono considerare a giusto titolo dei precursori di quella parte della dietetica che si basa sulla biochimica degli alimenti. Il Beccari, fra l’altro, è lo scopritore del glutine e della isovalenza tra le proteine vegetali e quelle animali.

E tuttavia sarebbe errato ritenere che prima di Feuerbach e di Beccari il principio generale della interdipendenza tra alimentazione e comportamento non fosse noto. Andando su su nei tempi remoti ci si accorge che tale grande verità affiora nel pensiero di cultori di varie discipline, per arrivare addirittura ai Sufi (antichissimi mistici vegetariani dell’Islam) i quali in sintesi sostenevano che

l’essere umano è anzitutto ciò che mangia e sulla base di questo è ciò che pensa.

L’UOMO NON È UN SEMPLICE TUBO DIGERENTE DA RIEMPIRE CON CIBI VARI. È UN ESSERE PENSANTE, IL CUI CERVELLO È UN ORGANO CHE, COME TUTTI GLI ALTRI ORGANI DEL CORPO, DEVE ESSERE NUTRITO MEDIANTE LA CORRENTE SANGUIGNA, CHE VI PORTA IL MATERIALE OCCORRENTE AL SUO METABOLISMO. 

Benefits-of-Vegetarian-Diet-2

Noi in media oggi mangiamo in gran parte cibi prodotti dall’industria, venduti solo a scopo di profitto e ignorando le nostre autentiche necessità alimentari naturali. Come la medicina ufficiale è condizionata e finanziata dall’industria farmaceutica, così la cosiddetta “scienza dell’alimentazione” è completamente nelle mani dell’industria chimica del cibo. La logica disumana del profitto spinge gli industriali dell’alimentazione a risparmiare quanto più possibile nella produzione del cibo, ricorrendo ad ingredienti di costo inferiore e quindi di bassa qualità, curando invece le apparenze con il ricorso a coloranti e confezioni affascinanti, onde ingannare i consumatori superficiali.

È così che, mediante sofisticazioni, contraffazioni, imbrogli e speculazioni orchestrate su vasta scala dalle industrie alimentari (sicure fonti di profitto, esenti da crisi), vengono spesso spacciate per “cibi sani” delle sostanze che sono invece tossiche e velenose. Si badi bene che questo inganno è organizzato a livello internazionale (si può pertanto parlare di “multinazionali del crimine”) e che l’uso indiscriminato di coloranti, aromatizzanti, conservanti, emulsionanti, antiossidanti, ecc. costituisce un continuo attentato alla nostra salute, trattandosi di una alimentazione intossicante che causa malattie fisiche e mentali. Alti tassi di colesterolo, dovuti alla eccessiva presenza di grassi, predispongono all’obesità, all’infarto; così come gli alti tassi di proteine in alcuni cibi anche scatolati (carne, anche di pesce; molluschi; ecc.) causano uricemia, gotta, ecc. Negativa oltremodo è poi la presenza abbondante di zucchero industriale (saccarosio) in moltissimi prodotti. Importante anche notare che la maggior parte dei cereali in commercio sono raffinati sino a rendere il loro potere nutritivo pressoche nullo.

Il suddetto panorama, ancorché sommario, è sufficiente a farci capire che oggi l’industria alimentare ci offre CIBI-SPAZZATURA che intossicano il nostro fisico e la nostra mente. Psichicamente questo modo sbagliato di alimentarci ci caccia in una condizione di perenne nevrosi, CHE SUL PIANO PRATICO SI TRADUCE POI IN ATTEGGIAMENTI VIOLENTI NEI RIGUARDI DEI NOSTRI SIMILI E DEGLI ALTRI ESSERI VIVENTI.

Cosa fare? : occorre riflettere e anzitutto cercare di comprendere il ruolo che deve svolgere l’alimentazione nella vita dell’uomo, mettendolo a confronto con l’attuale modo sbagliato di alimentarci impostoci dal potere industriale pilotato dal “dio-denaro”. Da un tale confronto emergerà sicuramente, per legittimo diritto all’autoconservazione, la decisione di cambiare il nostro modo di alimentarci oggi in voga, inserendo tale decisione in un progetto di cambiamento “globale” del nostro modo di vivere, non più supinamente conformista. In particolare, sul piano strettamente alimentare, occorre giungere all’adozione di una dieta semplice ed equilibrata, economica e salutare, povera (o priva) di grassi aggiunti e non iperproteica, non distruttiva e basata sull’uso di ciò che la natura offre.

È importante che un tale progetto di cambiamento venga realizzato con urgenza perché l’attuale modo sbagliato di alimentarci sta distruggendo velocemente la nostra vita e quella dei nostri figli e non c’è tempo da perdere.

Intanto occorre far sentire le nostre voci contro le mistificazioni del potere industriale oggi imperante e pretendere cambiamenti nel trattamento dei prodotti, nella coltivazione e nella loro commercializzazione.

OCCORRE INOLTRE INFORMARE QUANTE PIÙ PERSONE È POSSIBILE CHE ESISTE UNA ALTERNATIVA AL CORRENTE MODO INNATURALE DI ALIMENTARSI.

Un numero crescente di persone, specie giovani, hanno raggiunto questo livello di consapevolezza e hanno “depurato” la loro maniera di alimentarsi; sono, cioè, diventati vegetariani, conseguendo, con questo, non solo un miglioramento evidente della propria salute fisica, ma anche una serie di conseguenze positive nel campo mentale. Il cervello, nutrito, come prima si diceva, con sangue disintossicato, acquista caratteristiche fisiologiche positive particolari: il pensiero si fa più lucido e penetrante, si consegue una vera e propria “dilatazione della mente”, aumenta la capacità di autocontrollo e la resistenza al lavoro intellettuale e a quello fisico; scompare lo stato di nevrosi e di violenza cui si accennò nel precedente stelloncino dando posto ad un atteggiamento improntato invece a tolleranza, a mitezza, a disponibilità al dialogo sereno, alla ricerca di soluzioni pacifiche delle vertenze, alI’ amore, alla socievolezza, alla condivisione.

A QUESTO PORTA IL VEGETARISMO.

Assai interessante è la inequivocabile conferma dell’acquisizione di queste caratteristiche fisiologiche particolari del cervello che ci viene dallo studio dell’attività elettrica cerebrale (che è il risultato di milioni di potenziali d’azione dei neuroni), rivelata elettroencefalograficamente (EEG). In tali elettroencefalogrammi si possono osservare diversi ritmi di base, tra i quali è di grande importanza il “ritmo alfa” perché è indotto dall’alimentazione vegetariana ed è espressione di uno stato di rilassamento neuromuscolare non del solo cervello ma di tutto l’organismo.

Questo fatto assume un notevole rilievo in quanto, modificando la dieta in senso vegetariano, si influisce, conseguentemente ed inevitabilmente, anche sul comportamento, il quale diverrà conciliante e pacifico ed apporterà una sensazione di benessere che – secondo Leadbeater – può essere considerato “analogo allo stato di meditazione sulle realtà più profonde”.

Ma… cosa si deve intendere per “vegetarismo” ?

Comunemente si intende per vegetarismo l’astenersi dal mangiare il cadavere di altri animali, ma in realtà non è solo questo. Infatti il termine “vegetarismo” deriva dal latino “vegetus”, che significa “sano, vigoroso”; il vegetarismo consiste, quindi, nell’adottare tutte quelle norme di vita pratica che consentono di diventare, appunto, sani e vigorosi, sia pure con gradualità. A tal fine, la prima cosa da fare è indubbiamente la eliminazione dalla nostra dieta del cadavere di altri animali, cioè la eliminazione della più grossolana (e più dannosa) deviazione dalla nostra alimentazione naturale, che ci portiamo dietro dalla preistoria. Ma questa deve essere considerata solo una prima tappa, giacche occorre eliminare le altre trasgressioni alle leggi naturali. In particolare:

  • ridurre quanto più possibile il ricorso alla cottura che praticamente “uccide” i cibi, mentre la natura ce li offre “vivi”,cotti a fuoco lento dai raggi del sole; possibilmente, quindi, giungere a mangiare tutto crudo. Non esiste in natura l’albero del cibo cotto!
  • eliminare dalla propria dieta tutti i cosiddetti “sottoprodotti animali” (latte di mammiferi non umani, uova, derivati del latte, come latticini e formaggi, miele)
  • reimparare a masticare correttamente (“Masticare i cibi liquidi e bere i cibi solidi” ammoniva Gandhi), cioè lungamente, lentamente e completamente
  • reimparare a respirare correttamente, attivando soprattutto la funzionalità del diaframma e ricordando che l’aria è il nostro “primo” alimento, che dinamizza tutto il metabolismo. Si può vivere per moltissimi giorni senza toccare cibi solidi, molti giorni senza liquidi, ma solo una manciata di secondi senza aria. Ogni volta che è possibile, è molto salutare fare dei veri e propri “pasti d’aria” giacche “respirare è “vivere”
  • dare la massima importanza all’attività fisica, cioè al moto. Oggi l’uomo si muove poco, con gravi conseguenze sulla propria salute, a causa dell’uso continuo dell’auto, degli ascensori, delle scale mobili (tre autentiche “protesi” delle gambe), del televisore che costringe all’immobilità. Abbiamo due grandi medici amici: la gamba destra e la gamba sinistra, che occorre usare quanto più possibile: più chilometri a piedi, più salute. Le scale sono le montagne della città: è bene farle sempre a piedi. I due famosi clinici della John Hopkins University; Brent Petty e David Herrington, utilizzando i risultati di lunghi studi statistici sugli effetti dell’esercizio fisico, hanno accertato che per ogni scalino montato la vita umana si allunga di circa quattro secondi, con beneficio anche dell’attività cardiaca
  • eliminare gli alcoolici (vino, birra, ecc.), i nervini (caffè, the, cacao; guaranà, mathe), il sale, lo zucchero industriale (bianco o scuro che sia), i grassi da estrazione, le spezie forti, (pepe, mostarde, senape, ecc.)
  • attendere la comparsa della fame per mangiare
  • evitare la sovralimentazione, causa primaria di molti gravi stati patologici che affliggono tanta parte dell’umanità
  • evitare di mescolare cibi tra loro incompatibili a causa di diverse o addirittura opposte esigenze digestive. Possibilmente, dissociare i cibi (l’uomo ha tra i tanti suoi tristi primati anche quello di essere l’unico animale che mescola i cibi!), mangiando un cibo alla volta e intervallandoli sufficientemente fra loro.

Si tratta di una serie di tappe che occorre GRADATAMENTE realizzare per raggiungere alla fine a pieno titolo lo stato di “vegetus”. “Vegetariano” si può considerare colui che è “IN MARCIA” per diventare, appunto, “vegetus”. Fermarsi al primo gradino, cioè alla sola eliminazione della carne, non è sufficiente. Occorre invece proseguire, altrimenti ci si appiattisce su tale prima tappa e non si è più animati dal desiderio di andare avanti. A quel livello ci si potrà considerare soltanto dei “NON MANGIATORI DI CARNE”.

C’è chi, avendo eliminato la carne dalla propria dieta, ritiene necessario preoccuparsi di doverla “sostituire” con qualche altro cibo di eguale valore; preoccupazione infondata giacchè

UN VELENO NON SI SOSTITUISCE, MA SEMPLICEMENTE LO SI ELIMINA E BASTA.

Di solito simili idee “sostitutive”derivano dal fatto che la carne è comunque ritenuta, errando, l’unica fonte di proteine, per cui la sua eliminazione può dare l’impressione che manchi il terreno sotto i piedi: quindi, si pensa, occorre un altro cibo egualmente proteico o più proteico della carne per colmare il vuoto alimentare prodottosi! In questo errore cadono anche molti “vegetariani”, i quali sostituiscono una fettina di carne da 100 grammi con due o più etti di formaggio, notoriamente molto più proteico della carne oppure con piattoni di legumi, anch’essi più proteici della carne.

Naturalmente continueranno ad accusare le conseguenze negative da iperproteinosi con l’aggravante che oggi i formaggi sono diventati una sorta di discarica di tutti i farmaci intossicanti somministrati agli animali allevati industrialmente. Fatto salvo l’aspetto etico, continuare a mangiare la fettina costituiva forse, sul piano salutistico, il male minore. Ma chi non ha capito ancora questo si lamenterà e si meraviglierà dicendo: “Eppure ho abbandonato la carne!” E allora, cosa bisogna fare ? Risposta:

OCCORRE STAR LONTANI DA TUTTI I CIBI IPERPROTEICI, SIA ANIMALI (CARNE, FORMAGGI, UOVA) CHE VEGETALI (LEGUMI) ALCUNI DEI QUALI – COME LE LENTICCHIE – SONO RICCHI DI PURINE E ALTRI, COME I FAGIOLI, CONTENGONO “ANTIENZIMI’, CIOE’ DEI COMPOSTI CHE INATTIVANDO GLI ENZIMI DIGESTVI (SPECIE LE AMILASI E LA TRIPSINA), SONO, DI FATTO, ANTINUTRIZIONALI.

I grandi primati (come il gorilla, che ha una muscolatura formidabile) non mangiano alimenti iperproteici.

gorilla

Si tenga ancora presente che i legumi sono semi e che i semi, depositari della vita vegetale, “si difendono”; quindi la presenza degli antienzimi nei semi deve essere interpretata come “un loro mezzo di difesa”. Analogo significato può essere attribuito alla presenza della caffeina nei semi di caffè, della teobromina nei semi di cacao, della avidina nell’albume delle uova di gallina, dell’acido fitico nei semi di molte graminacee e di alcune leguminose, ecc., ecc..

Ma l’invito a star lontani da tutti i cibi iperproteici è giusto, oltre che per il motivo anzidetto, anche perchè un’alimentazione troppo proteica, essendo ricca di fenilanina e di tirosina, porta alla produzione di neurotrasmettitori che predispongono alla aggressività; ne riparleremo tra poco.

II precedente stelloncino iniziava accennando all’influenza del vegetarismo sulla mente, sull’intelligenza e sul comportamento dell’uomo. Occorre ora suffragare tale impegnativa affermazione portando degli esempi di noti vegetariani che con la loro vita e le loro opere hanno dimostrato, appunto, che il vegetarismo porta immensi benefici non solo al corpo, ma anche alla mente.

Già il grande Giovenale (Satira X, 512), circa 20 secoli fa, aveva sentenziato, con una massima eterna. la stretta dipendenza della sanità della mente da quella del corpo: “MENS SANA IN CORPORE SANO”. La mente, quindi, non può essere sana se non è sano il corpo: priorità, pertanto, della salute del corpo, assurta a “conditio si ne qua non” per la salute mentale.

Molto più tardi, nel XVII secolo, un’altra voce autorevole, quella del filosofo inglese Johri Locke, nella sua opera “Pensieri sull’educazione” (1693) doveva tornare a sottolineare la indiscutibile validità dell’assioma di Giovenale e cioè la dipendenza della sanità della mente da quella del corpo.

In pratica, se il corpo con il vegetarismo si disintossica, il sangue che nutre il cervello diventa più puro ed il cervello conseguentemente funziona meglio, manifestando quelle caratteristiche positive accennate all’inizio del precedente stelloncino. A proposito di esempi di noti vegetariani da portare come prova di quanto sopra detto si può facilmente constatare che

GLI UOMINI PIÙ INTELLIGENTI, PIÙ COLTI, PIÙ APERTI, PIÙ TOLLERANTI DEL MONDO, IN TUTTI I TEMPI, SI ANNOVERANO TRA I VEGETARIANI, IN TUTTI I CAMPI DELLO SCIBILE : NELLE SCIENZE, NELLA FILOSOFIA, NELL ‘ ARTE, NELLA LETTERATURA, NELLA MEDICINA, ECC. .

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Ecco qui di seguito un elenco, largamente incompleto, dei più noti e famosi vegetariani che con le loro opere e con i loro esempi hanno dato all’umanità intera delle guide sicure:

ANDERSEN, ARISTOTELE, BACONE, BASSANI, BAYLE, BERNARDIN DE SAINT PIERRE, BOSSUET, BUFFON, BYRON, CALVINO, CAPITINI, CHATEAUBRIAND, CICERONE, CINCINNATO, CUVIER, DARWIN, DIOGENE, DOSTOJEVSKJ, EDISON, EINSTEIN, EMERSON, EPICURO, ERODOTO, ESCHILO, ESIODO, EURIPIDE, FEUERBACH, FLAUBERT, FRANKLlN, FREUD, FROMM, GALENO, GANDHI, GIOVENALE, GOETHE, HUGO, HUXLEY, IPPOCRATE, JUNG, KAFKA, LAMARTINE, LEIBNIZ, LEONARDO, LEVI-STRAUSS, LOCKE, LORENZ, LUCREZIO, MAHLER, MARCOAURELIO, MARCUSE, MARTINETTI, MICHELET, MILTON, MONTAIGNE, MONTESSORI, MORAVIA, MORO T., NEWTON, NIETZCHE, NIJINSKI, ORAZIO, ORIGENE, OVIDIO, PAGANINI, PASCAL, PITAGORA, PLATONE, PLINIO, PLOTINO, PLUTARCO, PORFIRIO, RAMAN, RECLUS, ROUSSEAU, RUSKIN, RUSSELL, SCHOPENHAUER, SCHWEITZER, SHAW, SENECA, SHELLEY, SCHELLING, SIBELIUS, SOCRATE, SOFOCLE, SPENCER, SPINOZA, STUART MILL, SWEDENBORG, TAGORE, TEOFRASTO, TESLA, THOREAU, TIZIANO, TOLSTOI, VAN GOGH, VIRGILIO, VOLTAIRE, WAGNER, WASHINGTON, WEBB, YEUDI MENUHIN, ZAMENHOF, ZENONE

Vediamo ora cosa succede, invece, se il sangue che nutre il cervello vi fa giungere i cataboliti dei cibi di origine animale, specie della carne, e tutte le altre numerose tossine provenienti dai vari tipi di cibo-spazzatura esistenti in commercio .

Succede che la fisiologia cerebrale ne resta influenzata ed il comportamento sarà caratterizzato da intolleranza, tendenza alla tigiosità, aggressività. Al posto dell’amore, l’odio; al posto della convivialità e della unione, la separazione, l’annullamento della socialità, la violenza. L’uomo è cacciato in un feroce individualismo.

È quel che vuole il potere:

DIVIDE ET IMPERA !

Ecco perché il POTERE (che sa manovrare l’arma alimentare in modo da condizionare il comportamento umano e orientarlo nel verso che gli fa più comodo)

FA DI TUTTO PER INDURCI A MANGIARE CIBI MORTI, AVVELENATI E QUINDI INTOSSICANTI.

In quanto alla carne, costituita in sostanza da cadaveri cotti, abbiamo dimostrato che si tratta di un cibo gravemente dannoso per l’uomo; è, pertanto, logico che il potere, invece, ne propugni l’uso, avendo bisogno di creare sudditi ammalati nel fisico e, come s’è detto prima, nella mente.

IL BERSAGLIO È, INFATTI, IN ULTIMA ANALISI, IL CERVELLO, CHE SI VUOLE RENDERE INCAPACE DI CAPIRE.

L’alcool contribuisce notevolmente a tale manipolazione dell’attività del cervello e alla menomazione delle sue capacità cognitive. Giustamente il grande igienista francese Paul Carton qualificò l’alcool “uno dei tre alimenti assassini” (gli altri due sono la carne e lo zucchero industriale). Assunto nelle note forme commerciali (vino, birra, liquori, frutta sotto alcool, aperitivi, digestivi, ecc.) instaura nell’uomo una sorta di passiva e rassegnata accettazione delle strutture sociopolitiche create dal potere, alle quali offre un consenso acritico, reso possibile dall’annullamento delle capacità di autonomia di giudizio.

Tale azione devastante dell’alcool è completata dalle martellanti campagne di disinformazione operata incessantemente dai mass-media (stampa, televisione, radio, ecc.), con l’aiuto di individui prezzolati reclutati per l’occasione nell’ambito della medicina ufficiale, della cosiddetta “scienza dell’alimentazione” e della dietologia.

Basta osservare un ubriaco per comprendere che l’alcool agisce direttamente sul cervello; il potere lo sa ed è perciò che ne favorisce l’uso.

AVETE MAI VISTO UN DIVIETO DI ACQUISTO DI ALCOOLICI?: NON LO VEDRETE MAI!

La maggior parte della viticultura è finalizzata alla vinificazione di quello splendido frutto che è l’uva. Così, si possono acquistare liberamente ettolitri di vini e liquori, mentre, se è lo Stato si comportasse come “un buon padre” , dovrebbe tutelare la salute di tutti i cittadini suoi figli proibendo l’uso di questo veleno.

L’ALCOOL E’ LA DROGA DI STATO!

Nel maggio del 1982 fece molto scalpore la pubblicazione, sull’edizione italiana di “The Practitioner” (ma, dopo poco, anche su “Farmacia” n. 3 -1982), di un coraggioso rapporto, lungo e dettagliato, del prof. Alberto Madeddu, primario psichiatra nell’Ospedale provinciale Antonini di Limbiate, dal titolo esplosivo ” Alcool, la droga con il contrassegno di Stato”. Di tale rapporto, fra le impressionanti descrizioni degli effetti della droga alcool, ci limitiamo, per ragioni di spazio, a riferire la seguente importante affermazione: “Mentre la stampa dedica ampio spazio ad alcune centinaia di morti per eroina, più di 10.000 persone muoiono per alcool, nel silenzio generalizzato. Aggiungiamo che il n. 14 de “Il medico d’italia” (aprile 1985) informava che “nel 1984 l’alcool ha ucciso in Italia 10.450 persone mentre le droghe cosiddette pesanti avevano fatto 385 vittime”; e concludeva “L’alcool rimane un temibile killer”.

Di tanto in tanto alcune voci oneste si levano coraggiosamente per denunciare i tremendi effetti dell’alcool ed abbiamo prima citato una di queste voci, il prof. Madeddu.

Ultimamente però (novembre 1994) l’OMS, in un durissimo comunicato emesso a Ginevra, si è pronunciata “anche contro un uso moderato di alcool” smentendo così le teorie che ne sdrammatizzavano gli effetti sulla salute.

L’ALCOOL, DUNQUE, SI PALESA ED AGISCE IN PRATICA INDUBBIAMENTE COME UN POTENTE ALLEATO DEL POTERE.

In conclusione, mentre il vegetarismo favorisce (e lo abbiamo comprovato con il nutrito elenco di grandi vegetariani) le più eccelse facoltà cognitive, i carnami e gli altri cibi intossicanti deprimono tali attività cognitive, esaltando comportamenti dannosi all’individuo e alla società, ottunde i cervelli e li massifica a beneficio del potere, che ha interesse ad avere sudditi rassegnati, ammalati e tenuti accuratamente all’oscuro della nocività della carne.

Per avere tale tipo di sudditi occorre manipolare la loro alimentazione, in combutta con altre forze oscurantiste, che predicano anch’esse la rassegnazione (e pure I’antropocentrismo, che in fin dei conti giustifica il carnivorismo).

A conclusione dei precedenti stelloncini di questo sottocapitolo possiamo con sicurezza affermare che

TRA CORPO E MENTE ESISTONO LEGAMI MOLTO STRETTI SUI QUALI ESERCITA UNA DECISA INFLUENZA LA QUALITA’ DELLA NOSTRA ALIMENTAZIONE.

Detto questo, bisogna però anche ammettere che, nonostante tali innegabili connessioni, è difficile, se non impossibile, tracciare una netta linea di demarcazione tra corpo e psiche. Ma, a parte gli effetti prima descritti, oggi la neurobiologia e la chimica dei neurotrasmettitori ci danno la possibilità di spiegare la fisiologia dei meccanismi biochimici che presiedono all’instaurarsi di determinati comportamenti e non di altri.

QUESTO CI CONSENTE DI OPERARE CON SICUREZZA SCELTE CONSAPEVOLI TRA I CIBI A NOSTRA DISPOSIZIONE PRIVILEGIANDO ALCUNI ED EVITANDO ALTRI.

Non si può non accennare ora ad alcune nozioni fondamentali di anatomia e fisiologia della cellula cerebrale, che si differenzia dalla maggior parte delle altre cellule del nostro corpo in quanto essa può, a mezzo di particolari ramificazioni, comunicare con gli altri neuroni utilizzando dei punti di giunzione tra due neuroni chiamati “sinapsi”. Tale comunicazione avviene grazie ad un composto chimico che, appunto per tale sua funzione, è chiamato “neurotrasmettitore”. Questo neurotrasmettitore “trasmette” da una cellula all’altra dei “messaggi”, attivando un “recettore” specifico situato sulla membrana della cellula successiva.

Tenendo presenti queste succinte notizie di base, passiamo a dare sinteticamente alcune informazioni, limitatamente a quelle che permettono di orientarsi, sia pure genericamente, nella scelta dei vari cibi; ovviamente esula dai compiti del presente lavoro la trattazione particolare dei complicati meccanismi biologici cerebrali, peraltro estremamente importanti per la psicofarmacologia, dei quali quindi non parliamo, rimandando il lettore che volesse approfondire tale settore a lavori più ampi o specifici (consigliamo: Alberto Lodispoto -Medicina somato-psichica -ediz. Mediterranee -Roma).

Una considerazione preliminare: il cervello funziona osservando leggi biochimiche e attività fisiologiche non dissimili da quelle dell’uomo dell’età della pietra fissate da migliaia e migliaia di anni.

L’energia necessaria all’attività dei 100 miliardi di cellule mediamente presenti nel cervello umano è fornita infatti da circa 200 grammi quotidiani di glucosio, combustibile ricavabile solo dagli alimenti di origine vegetale (unica eccezione il latte, che lo contiene, combinato con il galattosio, nel disaccaride lattosio; l’enzima “lattasi”, come già detto in altro punto del volume, scinderà, poi, per idrolisi, il lattosio in una molecola di glucosio ed in una di galattosio).

La indispensabilità del glucosio (e quindi di una alimentazione essenzialmente di natura vegetale) per la funzionalità del cervello è comprovata dallo stato di anormalità che si verifica quando la quantità del glucosio ematico diventa deficitaria (il classico “calo degli zuccheri” , che tutti constatiamo e che arriva attorno alle ore 18), anormalità che si manifesta solitamente con i seguenti sintomi:

  1. l’attività cerebrale diviene palesemente debole
  2. la vita emozionale sembra spegnersi
  3. si avverte un certo disagio psichico
  4. sorge la sensazione di fame

Quanto sopra fa capire la grande convenienza nutrizionale della assunzione, con una certa continuità, di:

  • monsaccaridi (zuccheri della frutta, prevalentemente glucosio e fruttosio) o/e
  • disaccaridi (lattosio, maltosio, saccarosio, ecc.) o/e
  • polisaccaridi (amido dei cereali, delle patate, di alcuni frutti e radici. ecc.)

(Il saccarosio (C12 H22 O11) è quel noto prodotto commerciale usato comc dolcifìcante ottenuto dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. Si trova però, in natura, anche in alcuni frutti, ai quali conferisce il sapore dolce in concorso con il glucosio ed il fruttosio, compresenti. Esiste tuttavia qualche frutto il cui sapore dolce è dovuto unicamente al saccarosio; ad esempio, l’ananas: 10 grammi di saccarosio in 100 grammi di parte edibile).

Sia i disaccaridi che i polisaccaridi, poi, daranno sempre glucosio alla fine della loro digestione (operata dai fermenti amilolitici esistenti nei vari distretti dell’apparato digerente); sono anch ‘essi, quindi, fonte di energia (resa: 4 kcal/g) e, pertanto, producono pure risparmio di proteine. E’ bene però che specialmente la assunzione dei polisaccaridi avvenga a dosi piccole e ripetute, in modo da assicurare una adeguata costanza di velocità nel lento rilascio di glucosio: tale rilascio “continuo ” permetterebbe un auspicabile e parallelo “continuun ” anche della resa cerebrale.

Ecco, quindi, l’antifisiologicità del mangiare ad ore fisse: autentica assurdità cui sono soggetti oggi pressochè tutti i lavoratori, ai quali il datore di lavoro (anche lo Stato! ) lascia solo pochi minuti da dedicare sveltamente al pasto per riprendere poi a lavorare subito dopo. Sarebbe invece necessario mangiare con calma, effettuando una lunga ed accurata masticazione (“prima digestio fit in ore”) che consenta alla ptialina, fermento amilobiotico della saliva, di agire specie sui polisaccaridi iniziando chimicamente la loro demolizione.

Riteniamo utile aggiungere i seguenti altri dati e considerazioni riguardanti il cervello umano, che è l’organo-principe del nostro corpo:

  1. consuma il 20% dell’ossigeno assorbito e trasportato dalle apposite cellule, superspecializzate, del sangue, cioè dai globuli rossi. Da notare che tra i cervelli dei vertebrati quello umano ha di gran lunga il primato (prima quantificato) del consumo di ossigeno; i cervelli degli altri vertebrati consumano in media dal 2% sino al massimo dell’8% dell’ossigeno fissato dai globuli rossi
  2. è attraversato, in 24 ore, da circa 2160 litri di sangue, pari a circa 40 volte la massa totale del sangue stesso
  3. 100 grammi di cervello assorbono da 600 a 800 cm3 di ossigeno al minuto
  4. i 3 dati prima riportati ci fanno comprendere la grande importanza che, per una buona funzionalità del cervello, ha una corretta e profonda respirazione (che deve mobilitare, oltre alle costole, anche -e soprattutto- il diaframma); condizione indispensabile per potere assorbire l’ossigeno in quantità sufficiente a soddisfare anche le esigenze di ossigenazione del cervello
  5. Il cervello ha una “fame” talmente grande di ossigeno che le cellule nervose, dopo un arresto dell’attività cardiaca e respiratoria, restano in vita solo per 2 o 3 minuti; quindi i tentativi di rianimazione debbono essere esperiti entro questo breve lasso di tempo, oltrepassato il quale l’attività nervosa superiore risulta irrimediabilmente compromessa, anche se poi vengono ripristinate le attività respiratoria e circolatoria. Si può quindi dire che il cervello è un motore che va “a zucchero” ma va anche “ad “ossigeno”.
  6. I rapporti tra attività cerebrale e vitalità generale sono stati studiati soprattutto da C.Coltman (neurobiologo dell’Università della California), Z.Khachaturian (del dipartimento di neuroscienza e neuropsicologia dell’apprendimento), dagli psicologi H. Weingarthner (specialista per i problemi dell’invecchiamento) e J.Fozard; questi quattro studiosi, a conclusione di lunghe indagini e ricerche, affermano concordemente che il lavoro espletato dal cervello in età avanzata influisce positivamente in quanto aumenta la salute fisica generale, la vitalità e l’aspettativa di vita, ingenerando ottimismo, fiducia in sè stessi e autostima.

Commentiamo questo invito a tener desta l’attività del cervello ricordando che, dato che per essere attivi bisogna aver voglia di aumentare le proprie conoscenze, occorre dare davvero ragione a Ronald Graham il quale diceva: “Se si smette di imparare si incomincia a morire! “

Abbiamo detto prima che il cervello umano è un motore che va a zucchero, in particolare a glucosio; aggiungiamo ora che la fisiologia cerebrale deve fare i conti con diversi neurotrasmettitori che agiscono sulla cellula nervosa facilitando o impedendo la trasmissione, oppure agendo da “modulatori”. I più importanti neurotrasmettitori sono: la noradrenalina, il triptofano, l’acetilcolina, la dopamina, la serotonina, l’acido gamma-aminobutirrico (in sigla, GABA), la glicina, la istamina, la tirosina.

Alcuni di questi neurotrasmettitori sono particolarmente importanti perché influenzano in modo notevole il comportamento qualora si inseriscano nella propria dieta dei cibi che ne provocano la formazione partendo da specifici aminoacidi. In particolare, nel cervello l’aminoacido triptofano si converte in serotonina, fatto che si esprime dicendo che “il triptofano è un precursore della serotonina”.

Occorre precisare che il triptofano si converte in serotonina con l’intermediazione di un enzima che esercita azione catalitica e che si chiama triptofano-idrossilasi (o idrossitriptofano).

Il triptofano, però, essendo un aminoacido “essenziale”, e fornito dal cibo essendo presente in molti alimenti di origine animale e vegetale. Peraltro la trasformazione del triptofano in serotonina avviene velocemente: inizia, infatti, appena un’ora dopo un pasto ricco di carboidrati, composti di esclusiva origine vegetale (zuccheri in genere, in particolare fruttosio e glucosio; destrina; amidi; frutta zuccherina, soprattutto). Il glicogeno, comunemente considerato “amido animale”, non ha rilevanza nutrizionale e, come il collagene, non influisce sulla formazione di serotonina.

II triptofano si trova, come già detto, anche nel mondo vegetale, non solo nei semi (specie nei semi delle leguminose) ma anche negli ortaggi e nella frutta. Portiamo alcuni esempi (i contenuti in triptofano sono espressi in mg in 100 g di parte edibile): lattuga 16, funghi porcini 38, patata 28, cavolo cappuccio 22, spinaci 53, carciofo 17, zucchina 17, banana 14, pesca 4, uva 3, fico 53, mango 119, arancia 44, kaki 110, pera 51, mela 58. Il triptofano è poi abbondante nei semi di arachidi, noci, nocciole, mandorle, ecc.. Se si assumono questi alimenti, si produce nel cervello il neuro-trasmettitore serotonina, che svolge le seguenti importanti azioni: favorisce il sonno, dà una sensazione di soddisfazione e di sazietà, induce alla socievolezza, innalza la soglia del dolore, attivizza le encefaline, agevola il superamento sia degli stati d’ansia e di depressione che di quelli caratterizzati da agitazione, permette di controllare il desiderio smodato di dolci.

Come si vede, la serotonina è ampiamente coinvolta nella determinazione del comportamento. in senso completamente positivo, anche perché provoca sensazione di rilassamento e di calma interiore.

Tra i neurotrasmettitori spiccano, per importanza, anche la tirosina e la colina, che è precursore della acetilcolina.

In conclusione si può affermare:

  • che i cibi animali ad alto contenuto proteico (come la carne -compresa quella di pesce-, i derivati del latte, le uova), essendo ricchi, come già si disse, di fenilalanina e di tirosina, stimolano due neurotrasmettitori, la dopamina e la norepinefrina, che provocano un COMPORTAMENTO ENERGICO, AGGRESSIVO E VIOLENTO.
  • che, invece, i cibi di origine vegetale, identificabili nei carboidrati, sono in relazione con l’attività del neurotrasmettitore serotonina che, attraverso sensazioni di rilassamento e di calma, provoca un COMPORTAMENTO PACIFICO.
  • che la concentrazione di triptofano che entra nel cervello e della serotonina che viene prodottà è maggiore se si mangiano carboidrati, confermando così che i VEGETALI FAVORISCONO SICURAMENTE LA FORMAZIONE DI SEROTONINA.

I tre punti sopra citati sono le conclusioni alle quali sono giunti molti ricercatori; recentemente sono stati confermati dalla Majo Foundation for Medical Education and Research, Rochester, Minnesota, USA.

Ci piace riportare anche quanto, a proposito dell’antagonismo dei due comportamenti, sopra riportati, indotti dai neurotrasmettitori, dice Pier Luigi Rossi, medico, specialista in scienza dell’alimentazione, Primario Unità operativa di medicina e pediatria di base (da “II giornale della natura”):

“II triptofano, la cui presenza nel cervello è legata al tipo di dieta seguita, genera la serotonina, il neurotrasmettitore della gioia, della serenità, del gioco. La serotonina contribuisce a far emergere una sessualità ludica, una sensazione di appagante soddisfazione, un sonno profondo, una sazietà da cibo veloce, lo sviluppo di legami sociali, parentali e di solidarietà. Insomma

LA SEROTONINA SEMBRA ESSERE UNA MOLECOLA CHIMICA NATURALE CHE PUO’ AVVICINARE L’UOMO ALLA FELICITÀ .

Gli alimenti vegetali, essendo ricchi di amido e fibra – continua il dott. Rossi, con il suo stile brillante ma sempre rigorosamente scientifico –

INFLUENZANO LA CONCENTRAZIONE DI TRIPTOFANO NEL CERVELLO, AUMENTANDONE LA DISPONIBILITÀA ESSERE TRASFORMATO IN SEROTONINA.

Un pasto proteico di origine animale (carni, formaggi o salumi) riduce, invece, la presenza di triptofano nel cervello.

QUESTA CONDIZIONE DETERMINA UNO STATO DI AGGRESSIVITÀ, DEPRESSIONE, ANSIA, PROPENSIONE ALLA LOTTA.

Un quotidiano eccesso proteico può influenzare la funzione del cervello apportando una forte presenza di tirosina, dopamina, noradrenalina e una marcata carenza di triptofano e serotonina.

QUESTO PORTA, NEL LUNGO PERIODO, A UNA “SCONFITTA” PSICOLOGICA E FISICA. IL CORPO UMANO NON PUO’ ESSERE VIOLENTATO DALLA CULTURA E DAL DENARO. ESSO RISPONDE A LEGGI FISIOLOGICHE E BIOCHIMICHE FORMATESI DURANTE IL MILLENARIO PROCESSO EVOLUTIVO”.

Così Rossi, il quale ha ribadito sinteticamente tale sua opinione in proposito (“La Repubblica” -9.5.1996) : “Il pensiero, l’amore, il piacere, la memoria sono generati da reazioni biochimiche cerebrali dipendenti da nutrienti alimentari: la scelta degli alimenti influenza i comportamenti e le emozioni quotidiane”. Quanto è stato sin qui esposto a proposito del triptofano e della serotonina ha trovato piena conferma SPERIMENTALE da parte di John Fernstrom e Richard Wurthman, biologi del Dipartimento della nutrizione e delle scienze alimentari al Massachusetts Institute of Technology.

Riteniamo di aver sin qui dimostrato sufficientemente che l’alimentazione influisce decisamente sulla psiche e sul comportamento umano: in senso positivo se si tratta di alimentazione vegetariana e in senso negativo se, invece, nella dieta prevalgono le proteine animali e in particolare la carne.

Si tratta di “conquiste” scientifiche di enorme rilievo culturale perché dimostrano che,

OPERANDO OCULATE SCELTE NEI CIBI, POSSIAMO CONSAPEVOLMENTE ORIENTARE I NOSTRI COMPORTAMENTI IN SENSO FAVOREVOLE AD UN REALE PROGRESSO DELL’UMANITA’ ANCHE SUL PIANO SOCIALE, ELIMINANDO L’AGGRESSIVITA’ E LA VIOLENZA SIA INTERSPECIFICA CHE INTRASPECIFICA.

Tuttavia, nonostante la ottimistica conclusione del precedente stelloncino, si sta verificando, anche nel campo delle entusiasmanti scoperte della neurobiologia prima illustrate, quello che è avvenuto, purtroppo, in altri casi consimili: e cioè che scoperte scientifiche innovative sono state considerate “utili occasioni” per imbastire speculazioni commerciali da parte di imprenditori senza scrupoli dell’industria farmaceutica. Riferendoci in particolare al caso che ci riguarda (scoperte neurobiologiche), sono state immesse sul mercato farmacologico dei “neurococktail”, miscugli di aminoacidi, ormoni e neurotrasmettitori, contenenti anche fruttosio, sali vari e succhi di frutta. Tali intrugli, che, lanciati negli USA, hanno già invaso l’Europa, sono noti come “smart drinks” (“bevande di energia”) e riscuotono un gran successo tra i giovani; i diversi tipi di queste bevande hanno nomi di fantasia che suggestionano e inducono al loro acquisto.

Così, si trova il “Sorgi e brilla”, una dose del quale contiene ben 500 milligrammi dell’aminoacido fenilalanina. E poi ancora il “Fast blast” (scoppio veloce), il “Power maker” (generatore di potenza), l’”lnferno taurino”, ecc..

Indubbiamente tali pozioni sono dannose alla salute; soprattutto dei giovani, i quali sono attratti dalla propaganda che accompagna questo smercio e che fa credere in effetti-bomba: ad esempio, ci sono bevande che promettono meraviglie, come la “Memory fuel” (benzina per la memoria) contenente colina per la produzione del neurotrasmettitore acetilcolina, la “Brain boost” (carburante per il cervello), miscuglio di colina, fenilanina e caffeina. Alcune di queste pozioni hanno provocato morti; una di tali bevande, a base di dosi massicce di triptofano, avendo provocato ben 28 morti, ha dovuto essere ritirata dal commercio. In media le dosi di questi intrugli costano circa tre dollari l’una.

Cosa fa la Fda (Food and drug administration) che dovrebbe controllare, per obbligo istituzionale, i cibi ed i farmaci? Ufficialmente si oppone alla diffusione di questi prodotti dannosi, ma sul piano pratico afferma che non riesce a bloccare il loro commercio in quanto ormai “il loro uso è molto diffuso” (!).

Per fortuna, in Italia di questi intrugli di neurotrasmettitori ancora non esiste un mercato preoccupante; così assicura l’Istituto Superiore della Sanità. In cambio circolano il “crack”, però, ed altre pericolosissime “bombe” distruttive.

La serotonina che, come il lettore avrà capito, riveste una particolare importanza avendo la particolare capacità di produrre sonno, soprattutto senza sogni, si è meritato giustamente l’appellativo di “sonnotonina”.

Il prof. Roberto Paoletti, direttore dell’Istituto di scienze farmacologiche dell’ Università di Milano e Presidente della “Nutrition Foundation of Italy” ha sottolineato gli importanti legami tra dieta e cervello: tutti sanno che talune patologie psichiche provocano condotte alimentari alterate (ad esempio, bulimia ed anoressia nervosa), ma è anche vero il contrario e che cioè

LA DIETA INFLUENZA L’ATTIVITA’ PSICHICA.

Si possono elencare con sicurezza almeno sei neurotrasmettitori la cui concentrazione può essere influenzata

MANIPOLANDO L’ASSUNZIONE ALIMENTARE DEI LORO PRECURSORI.

Ad es., il triptofano, precursore della serotonina, assunto con i cibi, regola la quantità della serotonina nel nostro cervello;

SE VIENE RIDOTTA LA QUANTITA’ DI SEROTONINA, AUMENTA L’AGGRESSIVITA’, DIMINUISCE IL SONNO E SI INSTAURA UNO STATO DEPRESSIVO.

Il prof. Levi, Presidente della Società italiana di neuroscienze, afferma che dal 1973 circa si assiste ad uno sconvolgimento del tradizionale paesaggio biomedico, soprattutto con le sorprendenti scoperte dei neurotrasmettitori e dei precursori. Ma anche la chimica relativa all’attività della cellula nervosa ha fatto passi da gigante; per esempio, si sa che il cervello è l’organo a più alto metabolismo, utilizzando, infatti da solo, l’80% del glucosio prodotto dall’organismo, cioè circa 200 grammi al giorno, come già s’è detto .

È necessario, ora, accennare brevemente ad un importante fenomeno che, benchè del tutto fisiologico, deve essere considerato -giacché tale sembra- un “fenomeno paradosso”. Consumando un pasto ricco di carne o di uova o di latticini (alimenti ricchi di triptofano) ci si dovrebbe attendere, dato quanto si è detto prima, che tale aminoacido si trasformi nel neurotrasmettitore serotonina. Ma abbiamo affermato nel contempo (e sembra una contraddizione) che l’alimento iperproteico “carne” crea aggressività e che invece, la serotonina è foriera del comportamento opposto, pacifico, rilassante e interiormente calmo. Come è possibile conciliare le due affermazioni ? La realtà è che il triptofano della carne e degli altri cibi iperproteici invece di incrementare nel cervello la serotonina vi provocano la sua diminuzione. Ecco cosa avviene: dopo una abbondante ingestione di carne è vero che aumenta nel sangue il triptofano, ma è anche vero che aumentano, nel contempo, anche altri due amino acidi e cioè la leucina e la tirosina, IN MISURA MAGGIORE DEL TRIPTOFANO, per cui essi impegnano prioritariamente i meccanismi di trasporto degli aminoacidi, a detrimento del triptofano. Di conseguenza il triptofano giunge al cervello in dosi molto basse provocando indirettamente una relativa diminuzione della serotonina e questo fatto provoca un comportamento aggressivo e violento.

QUESTO E’ L’AUTENTICO MECCANISMO DELLA GENESI DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO DOVUTO AL RICORSO ALLE PROTEINE ANIMALI.

Ma allora, dato che modificando l’alimentazione si può influire sul comportamento umano, è forse errato affermare che l’aggressività è insita nella natura umana?. Sì, è errato.

Il più mansueto degli erbivori, se viene minacciato seriamente nella sua esistenza, certamente reagirà (costrettovi, guidato dall’istinto della sopravvivenza insito in ogni animale) e cercherà di opporsi, se a ciò non basta l’allontanamento o la fuga, anche con la violenza, ad una violenza che gli si vuole esercitare. Prendiamo esempio da quel che avviene in una corrida, durante la quale il toro, in extremis, duramente e ciecamente colpito, senza ragione, dal torero, reagisce per legittima difesa, cercando di colpire chi sta minacciando la sua esistenza. Ovviamente, questa del toro non è aggressività “innata”.

E nell’uomo? Se fosse vero che l’aggressività è insita nella natura umana sarebbe vanificato tutto quello che sinora abbiamo detto; ma non è vero, giacché nessuno nasce aggressivo e cattivo, ma può diventarlo -e lo abbiamo dimostrato- anche con l’alimentazione.

Orbene, anche l’antropologia così come la scienza moderna dell’alimentazione, che utilizza le scoperte della neurobiologia -afferma, sia pure con altre considerazioni, che condividiamo, le stesse cose. Riteniamo opportuno pertanto, esporre quello che a tal proposito afferma il noto antropologo prof. Luigi Lombardi Satriani in risposta alla domanda se l’aggressività è innata o è indotta dall’ ambiente. “È un alibi -risponde Satriani- rinviare l’aggressività alla natura; un alibi che la nostra società cerca di fornire a sè stessa per scaricarsi di molte responsabilità. In realtà, nessun uomo nasce “cattivo”. Se così fosse, l’aggressività sarebbe universale, cosa che la ricerca antropologica smentisce. Sono esistite ed esistono ancora società che hanno sviluppato culture assolutamente non violente. Sono sempre più rare e bisogna cercarle fra i popoli che non hanno avuto troppi contatti con la cosiddetta civiltà moderna e con i suoi valori. Per esempio, certe tribù dell’Africa o gruppi di Indios del Brasile nord-occidentale o gli Indios Piaroa in Venezuela, hanno saputo costruire una società molto pacifica, volta alla cooperazione. Non c’è traccia di aggressività nell’educazione dei loro bambini e i giuochi infantili rispecchiano l’equilibrio del sistema; sono fatti di danze, canti, amore. L’odio è sconosciuto.”

ED È ORMAI RISAPUTO CHE QUESTE POPOLAZIONI SONO VEGETARIANE: QUALE MIGLIORE CONFERMA CHE L’ALIMENTAZIONE FORGIA ANCHE IL COMPORTAMENTO?

Sono stati soprattutto gli studi di Yudhit e Richard Wurthman (già citato) a dare validità scientifica alla influenza dell’alimentazione sul comportamento umano e alla applicazione in farmacologia dei risultati dei loro studi. Oggi, i farmaci che provocano una diminuzione dell’attività del neurotrasmettitore dopamina sono usati per curare le psicosi ; mentre i farmaci che stimolano la sintesi dell’ adrenalina hanno un effetto antidepressivo. Ancora, dosi farmacologiche di triptofano e di colina (aminoacido necessario, come precursore, alla sintesi del neurotrasmettitore acetilcolina) sono impiegate nel trattamento della depressione e dell’insonnia. La colina è usata nella cura della discinesia, malattia simile al morbo di Parkinson.

Il dott. Ivan Goldberg, del New York Institute of Psychopharmacology, specialista nella terapia della depressione, ha dimostrato che i depressi (che lui chiama “i diseredati della speranza”) accusano una quasi totale assenza di noradrenalina, neurotrasmettitore che infonde fiducia, entusiasmo, vittoria. Lo ha constatato esaminando le loro urine, dove non ha riscontrato traccia del metabolita della noradrenalina, la cui assenza in origine è, così, dimostrata. Ebbene, afferma il dott. Goldberg, dando ogni mattina a costoro 100 mg di L-tirosina, che è il precursore della noradrenalina, si ottiene una vera e propria “resurrezione” del depresso, nel quale vengono colmati il vuoto della mente e le lacune della speranza.

Ci piace ricordare che Pitagora, pur non sapendo nulla di biochimica del cervello, rifiutava di mangiare carne sia per motivi etici sia per allontanare le pulsioni violente e conservare la serenità d’animo che lui prediligeva; la stessa astensione viene praticata da monaci buddisti e da yogi indiani, dediti alla vita meditativa. Per costoro, la carne provoca angoscia e agitazione ed è quindi da bandire.

Al contrario, l’alimentazione ricca di carne è utilizzata in situazioni particolari in parte già ricordate; sono quelle situazioni che si basano sulla valorizzazione della forza fisica, dell’azione violenta, forse un triste retaggio, duro a morire, dei nostri tempi preistorici, quando l’uomo fu cacciatore per necessità. Ne va dimenticato che i potenti ci tenevano a manifestare la loro pretesa superiorità con un carnivorismo convinto, in quanto, secondo loro, la carne, simbolo alimentare della violenza, costituire l’irrinunciabile distintivo dei forti.

Del resto, simbologia a parte, per mangiare carne occorre che in precedenza ci sia stato un atto violento culminato nell’uccisione dell’animale che ha fornito quella carne; chi ha esercitato quella violenza è risultato vincitore e l’animale ucciso è stata la vittima, il vinto.

Pertanto, essendo

IL CONSUMO DI CARNE BASATO SU UN ASSASSINIO, TALE CONSUMO NON PUO’ CHE ESSERE ASSOCIATO ALLA VIOLENZA E ALLA FORZA BRUTA. AL CONTRARIO, IL VEGETARISMO RICHIAMA LA STABILITÀ , LA TRANQUILLITÀ, LA SERENITÀ DEL MONDO VEGETALE CHE, NELLA SUA POSSENTE IMMOBlLITÁ, TRAE DALLA TERRA VITA E FORZA PER FARNE DONO ALL’UMANITÀ.

Oggi la neurobiologia, della quale ci siamo occupati nei precedenti stelloncini, consente di interpretare scientificamente pulsioni ed effetti di diete orientate in direzioni diverse e di proporre utili correttivi ai comportamenti che ne derivano.

Neurotrasmettitori come la noradrenalina e la serotonina sono protagonisti di primo piano nella determinazione del nostro comportamento ed abbiamo cercato di dimostrarlo.

Ma la neurobiologia non finisce più di sorprenderci giacché gli studi relativi sono alquanto recenti e continuano con nuove, molteplici ed interessanti rivelazioni, che si succedono rapidamente e alle quali si stenta a tener dietro.

Si è scoperto, per esempio, che alcune molecole di cui il cervello si serve per comunicare (per questa ragione si chiamano “neurotrasmettitori”) funzionano invece come ormoni quando agiscono in un altro organo; la stessa cosa si può dire di alcuni prodotti del sistema immunitario, come la interleuchina-6.

La più recente scoperta riguardante il campo d’azione dei neurotrasmettitori ci viene (“Corriere della sera” del 12/12/1994) dall’Università di Harvard, dove il prof. Michel Arold e l’ equipe dei suoi collaboratori sono riusciti finalmente a dare una soddisfacente risposta scientifica alla seguente questione. Tutti sanno che il caffé é una bevanda eccitante, da evitare la sera tardi perché generalmente la caffeina contenuta provoca insonnia. E’ tuttavia noto che alcune persone prendono il caffè, invece, proprio per addormentarsi. II quesito era: per queste persone come mai il caffé agisce da sonnifero e non da eccitante?

Orbene, Arold ha qimostrato che ciò è dovuto al fatto che

IL CAFFÈ ACCENTUA LA LIBERAZIONE NEL CERVELLO DEL NEUROTRASMETTITORE SEROTONINA, CHE INDUCE IL SONNO.

Chissà quante altre questioni di fisiologia e di parafisiologia rimaste sinora senza risposta verranno spiegate proprio dalla neurobiologia!

A conferma di quanto fin qui detto deve essere segnalato l’esito di una indagine sulle conseguenze dell’uso congiunto di carne e zucchero industriale (citiamo il caso che più frequentemente occorre: hamburger, bevande dolci e snacks), comunemente praticato da moltissimi giovani americani. Ebbene, il comportamento di tali giovani è soggetto ad alterazioni caratterizzate da instabilità e da aggressività. Questa sindrome è stata chiamata “Young food disease”, cioè sindrome dei ‘cibi di scarto per giovani”.

Fonte

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