Kennedy: il Secondo Attentato è Fallito

 

di Viator

Quest’anno ricorreva il cinquantesimo anniversario dello attentato in cui fu ucciso il 35° presidente degli USA John Kennedy, di conseguenza l’apparato che amministra la comunicazione di massa ha pensato di intercettare il riflusso di interesse approntando un bouquet di prodotti mediatici appositamente studiati per stroncare a colpi di ottusità qualsiasi tentativo di intavolare una discussione proficua sui motivi che condannarono JFK a quella tragica fine.

Ancora oggi le mummie continuano a interrogarsi con aria crucciata sulla possibilità che a Dallas 50 anni fa possa essersi consumato un complotto. Eh già, perché – nonostante i molti elementi che indicano con chiarezza cristallina la matrice cospirativa dell’attentato – incredibilmente continua ad esistere un agguerrito esercito di ‘uomini di cultura’ che sostiene la tesi ‘ufficiale’ del cecchino solitario che spara pallottole telecomandate, per poi essere ucciso a sua volta – appena 24 ore più tardi, all’interno di una stazione di polizia – da un altro sparatore folle. Ci si scorda di contestualizzare, aggiungendo che dopo di John fu la volta di chi aveva il potere ed i mezzi per risalire ai mandanti, ossia il fratello Bob prima, ed il figlio John John dopo, vittima di uno ‘strano’ incidente aereo nel 1999.

Ci si scorda di dire che la madre dell’attentatore ‘ufficiale’ ha sempre sostenuto che il figlio lavorasse per i servizi segreti statunitensi, e che fosse stato incastrato ed usato come capro espiatorio.

Ci si scorda di indicare – verbali alla mano – gli atti politici compiuti da Kennedy prima di essere ucciso. E’ possibile che abbia assunto dei provvedimenti capaci di motivare una simile – ESEMPLARE – esecuzione pubblica? E chi lo sa? Qui stranamente ci si concentra sulle sue presunte intenzioni; su ciò che forse avrebbe potuto fare (o non fare) se fosse scampato all’attentato. Ottimo passatempo, poco rischioso.
Se invece ci si focalizzasse sui reali provvedimenti politici ed economici entrati in vigore durante la presidenza JFK prima di quel fatale 22 Novembre 1963 – magari confrontandoli a quelli che contraddistinsero altri celebri uomini delle istituzioni cui fu riservato lo stesso trattamento forse, chi lo sa, ci si capirebbe qualcosa. Ma soprattutto i censori delle teorie cospirative tendono sbadatamente a ‘scordarsi’ di sottoporre alla attenzione dei loro spettatori un curioso discorso tenuto dalla vittima in persona, lo stesso presidente Kennedy, nel 1961. Un discorso che come minimo esigerebbe di essere citato da ogni giornalista degno di questo nome, tutte le volte che sia incaricato di occuparsi dell’omicidio più famoso del XX secolo, e che invece non sembra godere dell’interesse della informazione main-stream. Che peccato.

“Signore e signori, la parola ‘segretezza’ è ripugnante in una società libera e aperta e noi, come popolo, ci siamo opposti, intrinsecamente e storicamente, alle società segrete (ops! n.d.r.), ai giuramenti segreti e alle riunioni segrete.

Siamo di fronte, in tutto il mondo, ad una cospirazione (ops! – n.d.r.) monolitica e spietata basata su mezzi segreti per espandere la sua sfera d’influenza, sulla infiltrazione anziché sulla invasione, sulla sovversione anziché sulle elezioni, sulla intimidazione anziché sulla libera scelta.

È un sistema che ha reclutato ampie risorse umane e materiali nella costruzione di una macchina affiatata altamente efficiente la quale combina azioni militari, diplomatiche, di intelligence, economiche, scientifiche e politiche.

Le sue azioni non vengono diffuse, ma tenute segrete. I suoi errori non vengono messi in evidenza, ma vengono nascosti. I suoi dissidenti non sono elogiati, ma ridotti al silenzio. Nessuna spesa è contestata. Nessun segreto è rivelato. Ecco perché il legislatore ateniese Solone decretò che evitare le controversie fosse un crimine per ogni cittadino.

Sto chiedendo il vostro aiuto nel difficilissimo compito di informare e allertare il popolo americano. Sono convinto che con il vostro aiuto l’uomo diventerà ciò per cui è nato: un essere libero e indipendente.”

John Fitzgerald Kennedy – dal discorso tenuto presso l’Hotel Waldorf Astoria di New York il 27 aprile 1961 – (Audio originale).

Mi piacerebbe conoscere l’opinione di certi ‘autorevoli giornalisti’ in merito al tema affrontato da Kennedy in questo discorso.

Di contro, ciò che di JFK tende ad essere evidenziato con ‘sospetta’ insistenza, sotto le mentite spoglie di pseudo-celebrazioni con velleità veristiche – ad esempio nella serie televisiva I Kennedy – oppure indirettamente, tutte le volte che viene narrata la biografia di personaggi come Marilyn o Frank Sinatra – è che fosse un tossicomane, un fedifrago, un malato di sesso puttaniere e impenitente (splendida idea quella di giocare sulla associazione di idee assegnando a Rob Lowe il ruolo del presidente nel film Killing Kennedy) ed un burattino manovrato dal padre e dal fratello.

Che Kennedy fosse o meno l’uomo privato descritto in molti film e documentari, oggi non fa molta differenza. Ciò che invece la differenza la fa, è il trattamento riservato dai media alla memoria di molti altri celebri uomini pubblici, i cui vizi privati non sono mai descritti con la passione, minuziosità ed efficacia riservati alla figura di JFK. Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i meccanismi della meta-comunicazione sa che da anni è in corso una campagna finalizzata allo infangamento della memoria di un uomo che ancora oggi – grazie al suo eccezionale esempio di insubordinazione ai poteri forti – per i burattinai continua a rappresentare un problema, un precedente da seppellire sotto quintali di pettegolezzi e illazioni

La buona notizia è che la campagna sta facendo un buco nell’acqua. Un recente sondaggio della CNN conferma che JFK sia ancora oggi il presidente più’ popolare del dopoguerra, con il 90% degli americani che approva in pieno il suo operato.” Per non parlare del nostro Paese, nella cui toponomastica Kennedy è il personaggio straniero al quale sono state dedicate più vie e piazze. Perciò niente da fare; missione fallita. La memoria di leader come JFK (e qualsiasi altro leader abbia esercitato il proprio libero arbitrio per disattendere le aspettative dei burattinai) continuerà a rammentare a politicanti, magistrati, intellettuali e giornalisti asserviti che differenza passi tra un uomo e uno strumento. Ancora per molto, molto tempo

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