L’ISPRA ha pubblicato i Criteri per la localizzazione del Deposito azionale dei rifiuti radioattivi in cui elencano i requisiti fondamentali e gli elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della S.O.G.I.N. S.p.A.,la società che dovrà localizzare e poi completare il Deposito nazionale.
La localizzazione del deposito sarà fondamentale poiché nel suo interno saranno custoditi rifiuti radioattivi a bassa attività, media attività e alta attività, unitamente alle scorie del condizionamento dei rifiuti e delle strutture ingegneristiche dell’installazione. Ossia i rifiuti a bassa attività decadono dopo 30 anni, mentre a media attività in 100 anni. Dunque è necessario che il deposito le tenga ben lontane dalla biosfera per assicurare, e per lungo tempo, la protezione delle persone, ambiente e beni.
Dunque sono da individuare potenzialmente idonee, anche estese che siano sicure per tutti, dopo di che tra queste zone sarà scelta la sede per il Deposito nazionale. La necessità è di dotarsi di un’unica struttura nazionale che ospiti tutti i rifiuti nucleari, necessaria anche per completare lo smantellamento (decommissioning) degli impianti nucleari italiani.
E dove potrebbe essere? Ci dice l’ISPRA che:
il deposito deve sorgere in una zona con stabilità geologica, geomorfologica ed idraulica; che deve essere strutturata come una barriera naturale grazie alle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno, atte a contrastare il possibile trasferimento di radionuclidi nella biosfera; deve essere compatibile con i vincoli normativi non derogabili, di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale; deve essere un’area isolata e lontana da ogni presenza umana considerato anche il trasporto dei rifiuti; il deposito deve essere isolato dalle risorse naturali e deve essere protetto in caso di condizioni meteorologiche estreme.
Nel Deposito dovranno essere stoccati 70 mila metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media attività e circa 15 mila rifiuti radioattivi a alta attività. Di questi il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari e il 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che comunque continueranno a generare rifiuti.