Nestlè: “Gli esseri umani non hanno diritto all’acqua”

Andrew Gavin Marshall  –

(trad. di Levred per GilGuySparks)

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Nel documentario del 2005, We Feed the World, l’allora amministratore delegato di Nestlé, la più grande azienda alimentare del mondo, Peter Brabeck, condivise alcuni dei suoi punti di vista e ‘perle di saggezza’ sul mondo e l’umanità.
Brabeck ritiene che la natura non sia “buona“, che non ci sia nulla di cui preoccuparsi riguardo ai cibi OGM, che i profitti importino più di ogni altra cosa, che la gente dovrebbe lavorare di più e che gli esseri umani non abbiano diritto all’acqua.

Oggi, ha spiegato, “che la gente crede che tutto ciò che viene dalla natura sia buono”, marcando una grande differenza rispetto a ciò che è percepito, come già [aveva detto ndt] in precedenza, “abbiamo sempre imparato che la natura può essere spietata.
L’umanità, ha affermato Brabeck: “è ora nella posizione di riuscire a garantire un certo equilibrio con la natura, ma nonostante questo abbiamo qualcosa che si avvicina a un detto che tutto ciò che viene dalla natura sarebbe buono.
Ha quindi fatto riferimento al “movimento biologico“, come un esempio di questo modo di pensare, che presuppone che “organico sia meglio.” Ma rimane certo, ha precisato, che “il biologico non è migliore.” In 15 anni di consumo di cibo OGM negli Stati Uniti, “non un singolo caso di malattia si è verificato.” Nonostante questo, ho notato, “siamo tutti così a disagio in Europa, che qualcosa che possa accaderci.” Questo punto di vista, secondo Brabeck, è “ipocrita più di ogni altro.

L’acqua, ha giustamente sottolineato Brabeck, “è, certamente, la più importante delle materie prime che abbiamo oggi nel mondo“, ma ha aggiunto:
La questione è se dovremmo privatizzare la fornitura dell’acqua comune per la popolazione. E ci sono due opinioni diverse in merito. Un’opinione, che ritengo sia estremistica, è rappresentata dalle ONG, che fanno rumore allo scopo di dichiarare l’acqua un diritto pubblico.

Brabeck ha giudicato questo punto di vista “estremistico“: “Questo significa che come esseri umani dovremmo avere diritto all’acqua. Questa è una soluzione estremistica.
L’altro punto di vista, e perciò, l’opinione “meno estremista“, ha spiegato, “sostiene che l’acqua sia un prodotto alimentare come tutti gli altri, e come ogni altro alimento dovrebbe avere un valore di mercato. Personalmente credo che sia meglio dare ad un prodotto alimentare un valore, in modo che si sia tutti consapevoli del fatto che essa ha il suo prezzo, e allora si dovrebbero adottare misure per la parte specifica della popolazione che non ha accesso a quest’acqua, e ci sono molte diverse possibilità in questo senso.

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La più grande responsabilità sociale di ogni amministratore delegato, ha spiegato Brabeck: “è quella di mantenere e garantire un futuro di successo e di profitto alla sua impresa. Solo se siamo in grado di garantire la nostra continua esistenza a lungo termine, saremo in grado di partecipare attivamente alla soluzione dei problemi che esistono nel mondo. Siamo nella posizione di poter creare posti di lavoro … Se volete creare lavoro, dovete lavorare voi stessi, non come è stato in passato, quando il lavoro esistente veniva distribuito. Se ricordate, l’argomento principale a favore della settimana di 35 ore fu il fatto che c’era una certa quantità di lavoro e che sarebbe stato meglio lavorare meno e distribuire il lavoro tra più persone. Cosa che si è dimostrata essere, piuttosto chiaramente, sbagliata. Se desideri creare più lavoro, devi tu stesso lavorare di più. E con ciò dobbiamo creare un’immagine positiva del mondo per la gente, e non vedo assolutamente alcuna ragione per cui non dovremmo essere positivi per il futuro.
Non siamo mai stati così bene, non abbiamo mai avuto così tanti soldi, non siamo mai stati così sani, non abbiamo mai vissuto a lungo come facciamo oggi. Abbiamo tutto quello che vogliamo e andiamo ancora in giro come se fossimo in lutto per qualcosa.

Durante la visione del video promozionale di una fabbrica della Nestlé in Giappone, Brabeck ha commentato: “Si può vedere come queste fabbriche son moderne, altamente robotizzate, quasi senza lavoratori.
E, certo, che per qualcuno che rivendica di aver interesse a creare posti di lavoro, risulta essere di una lampante ipocrisia lodare fabbriche “quasi prive di lavoratori.

E’ importante notare che questa non è semplicemente la visione personale di qualche dirigente aziendale a caso, ma riflette piuttosto una realtà istituzionale delle corporation: l’obiettivo primario di una corporation – prima di tutto – è quello di massimizzare i profitti a breve termine per gli azionisti. Per definizione, quindi, i lavoratori dovrebbero lavorare di più ed essere pagati di meno, l’ambiente è solo un problema tanto che le corporation hanno libero accesso al controllo e allo sfruttamento delle risorse dell’ambiente, e, infine, è ‘giusto’ sostituire i lavoratori con l’automazione e la robotica in modo da dover pagare meno lavoratori o nessuno, e in questo modo, massimizzare i profitti.

Con questa struttura istituzionale – e ideologica – (che è stata costruita legalmente dallo Stato), la preoccupazione per l’ambiente, per l’acqua, per il mondo e per l’umanità può essere promossa solo se può essere usata per far avanzare i profitti delle imprese, o se può essere utilizzata per scopi di pubbliche relazioni.
In definitiva, deve essere ipocrita. Un dirigente d’impresa non può assumere la seria preoccupazione di promuovere il benessere generale del mondo, dell’ambiente, o dell’umanità, perché non è la funzione istituzionale di una corporation, e neppure quella di un amministratore delegato che ha fatto ciò che gli avrebbe permesso di rimanere amministratore delegato.
Questo è il motivo per cui è importante quello che Peter Brabeck pensa: egli rappresenta il tipo di persona – e il tipo di pensiero – che è un prodotto e un requisito per guidare una multinazionale di successo, la stessa cultura aziendale. Per la persona media la visione della sua intervista, potrebbe arrivare come una sorta di tirata assurda che ci si aspetta da un’intervista Nightline con qualche famigerato serial killer, se quell’assassino fosse stato messo a capo di una multinazionale:
Le persone hanno un ‘diritto’ all’acqua? Che idea assurda! La prossima cosa che ti diranno, sarà che il lavoro minorile è sbagliato, che inquinare l’ambiente non è giusto, o che le persone hanno una sorta di ‘diritto’ a … vivere! Immaginate l’audacia! Quello che conta sono i ‘profitti’, e sarebbe una cosa meravigliosa avere meno persone e più profitti! L’acqua non è un diritto, è solo una necessità, così, naturalmente, ha senso privatizzarla in modo che le grandi multinazionali come la Nestlé possano possedere l’acqua del mondo e assicurarsi che solo coloro che possono pagare, possano bere. Problema risolto!

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Purtroppo, sebbene volutamente satirica, questa è la visione essenziale di Brabeck e di altri come lui. E cosa preoccupante, l’influenza di Brabeck non si limita al consiglio della Nestlé.

Brabeck è diventato amministratore delegato della Nestlé nel 1997, una posizione che ha ricoperto fino al 2008, momento in cui si è dimesso come amministratore delegato, ma è rimasto come presidente del consiglio di amministrazione della Nestlé. Oltre alla Nestlé, Brabeck ricopre l’incarico di vice presidente del consiglio di amministrazione di l’Oréal, la più granda azienda al mondo di cosmetici e di prodotti di ‘bellezza’, è vice presidente del consiglio di amministrazione del Credit Suisse Group, una delle più grandi banche del mondo, ed è membro del consiglio di amministrazione di Exxon Mobil, uno dei più grandi cartelli al mondo di petrolio ed energia.

E’ stato anche un ex membro del consiglio di uno dei più grandi agglomerati farmaceutici al mondo, la Roche. Brabeck lavora anche come membro del Consiglio della Fondazione per il Forum Economico Mondiale (WEF), “il guardiano della missione [del Forum Economico Mondiale], dei valori e del brand … responsabile delle attività di stimolo e di fiducia del pubblico attraverso uno standard esemplare di governance.” Brabeck è anche un membro della Tavola Rotonda Europea degli industriali (ERT), un gruppo di amministratori di corporation europee che, direttamente consiglia e aiuta a guidare la politica dell’Unione Europea e dei suoi paesi membri.
Ha inoltre partecipato alle riunioni del gruppo Bilderberg, un forum annuale di 130 società, banche, media, élite politiche e militari dell’Europa occidentale e del Nord America.

In questo modo, attraverso le sue molteplici appartenenze ad alcune delle più grandi aziende del pianeta, così come attraverso la sua leadership e la sua partecipazione ad alcuni dei think tanks a livello internazionale, a forum e ad associazioni imprenditoriali, Brabeck ha accesso senza ostacoli alle élite politiche e ad altre in tutto il mondo. Quando parla, carico di potere, la gente ascolta.

Il cervello di Brabeck

Brabeck è diventato una voce influente su questioni di cibo e acqua, e non sorprende quindi, considerato che lui è il presidente della corporation con la più grande offerta alimentare sulla terra. La carriera di Brabeck risale a quando lavorava per la Nestlé in Cile nei primi anni ’70, quando il presidente di sinistra Salvador Allende, democraticamente eletto, “minacciava di nazionalizzare la produzione di latte e con essa le operazioni cilene della Nestlé.
Nel 1973 un colpo di stato dei militari cileni – sostenuto dalla CIA – pose fine a quella “minaccia”, portando alla dittatura militare di Augusto Pinochet, che uccise migliaia di cileni e stabilì uno ‘stato di sicurezza nazionale’, che impose misure economiche dure per promuovere gli interessi delle élite aziendali e finanziarie ciò che più tardi divenne noto come ‘neoliberismo’).

In un articolo del 2009 per la rivista Foreign Policy, Brabeck dichiarò: “L’acqua è il nuovo oro, e poche avvedute nazioni e compagnie stanno già facendo profitti con essa.

In un articolo del 2010 per il Guardian, Brabeck scrisse che, “mentre la nostra attenzione collettiva si è stata concentrata sull’esaurimento delle riserve dei combustibili fossili, abbiamo ampiamente ignorato il semplice fatto che, se non vengono apportate modifiche radicali, saremo a corto di acqua molto presto.

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Quello di cui il mondo ha bisogno, secondo Brabeck, è “fissare un prezzo che valuti più accuratamente il nostro bene più prezioso“, e che “l’epoca dell’acqua a prezzi stracciati volga al termine.
In altre parole, l’acqua dovrebbe diventare sempre più costosa, secondo Brabeck.
I paesi, scrisse, dovrebbero riconoscere “che non ogni uso dell’acqua dovrebbe essere considerato identico.
In un colloquio con il Wall Street Journal nel 2011, Brabeck parlò contro l’uso dei biocarburanti – che trasformano gli alimenti in combustibile – e suggerì che questo era la causa primaria dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari (anche se in realtà, l’aumento dei prezzi alimentari è principalmente il risultato di speculazioni delle grandi banche come Goldman Sachs e JPMorgan Chase). Brabeck sottolineò la relazione tra la sua attività – il cibo – e le grandi questioni geopolitiche, affermando: “Ciò che noi oggi chiamiamo primavera araba … è davvero iniziata come una protesta contro l’incessante rincaro dei prezzi del cibo.
Una “soluzione,” propose, sarebbe quella di offrire un “mercato” per l’acqua “come il miglior consiglio che si possa avere“. Se l’acqua fosse un prodotto di ‘mercato‘, non sarebbe sprecata per produrre cibo [da utilizzare ndt] come carburante, ma verrebbe concentrata per alimenti destinati al consumo – e preferibilmente (dal suo punto di vista), ad alimenti geneticamente modificati. Infine, disse, “se le forze del mercato sono rivolte là, gli investimenti verranno realizzati.
Brabeck suggerì che il mondo poteva “nutrire nove miliardi di persone“, fornendo loro acqua e carburante, ma solo a condizione di “lasciare che il mercato faccia il suo dovere“.

Brabeck fu co-autore di un articolo del 2011 per il Wall Street Journal in cui affermava che, al fine di fornire “accesso universale all’acqua pulita, non c’è semplicemente altra scelta, che fissare un prezzo per l’acqua ad un tasso ragionevole“, e che circa 1,8 miliardi di persone sulla terra non hanno accesso ad acqua potabile pulita “a causa di una cattiva gestione dell’acqua e di cattive pratiche di governo, e della mancanza di volontà politica.

Un compito di Brabeck poi, come presidente della Nestlé, è quello di contribuire a creare la “volontà politica” di trasformare l’acqua in un moderno prodotto di “mercato“. Ora, prima di lodare Brabeck per il suo attivismo ‘illuminato’ sul tema della scarsità d’acqua e della fornitura ai poveri del mondo dell’accesso ad acqua potabile pulita (che sono questioni molto reali e urgenti che necessitano di attenzione), Brabeck stesso ha sottolineato che il suo interesse per la questione dell’acqua non ha in realtà nulla a che fare con l’affrontare questi problemi in modo significativo, o con il bene della terra e dell’umanità.
No, la sua motivazione è molto più semplice di questa.
In un’intervista del 2010, per BigThink, Brabeck ha osservato: “Se Nestlé ed io stesso siamo diventati molto vocali sul tema  dell’acqua, non è stato a causa di una qualsiasi idea filantropica, è stato molto semplice: analizzando … quello che è il fattore più importante per la sostenibilità della Nestlé, l’acqua è divenuta il soggetto numero uno.
Questo è ciò che ha portato Brabeck e la Nestlé al problema della “sostenibilità” dell’acqua, ha spiegato. “Penso che questo sia parte della responsabilità di una società“, e ha aggiunto: “Ora, se fossi in un settore diverso, avrei un soggetto diverso, certo, non mi sarei concentrato su quello.

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A Brabeck fu domandato se le industrie avrebbero dovuto “avere un ruolo nella ricerca di soluzioni ai problemi ambientali che riguardano la loro attività“, egli rispose: “Sì, perché è nell’interesse dei nostri azionisti … Se voglio convincere i miei soci che questa industria è un’industria sostenibile a lungo termine, devo garantire che tutti quelli che sono gli aspetti fondamentali per questa azienda sono sostenibili … Quando vedo, come nel nostro caso, uno degli aspetti – che è l’acqua, che è necessaria per produrre le materie prime per la nostra azienda – se questo aspetto non è sostenibile, quindi la mia impresa non è sostenibile. Così dunque devo fare qualcosa al riguardo.
In questo modo l’interesse degli azionisti e l’interesse sociale sono comuni.

Così, quando Brabeck e Nestlé promuovono la “sostenibilità dell’acqua,” ciò che stanno davvero favorendo è la sostenibilità dell’accesso e del controllo della Nestlé sulle risorse idriche. Come può essere realizzato meglio questo?
Beh, dato che la Nestle è una grande multinazionale, la soluzione naturale è quella di promuovere il controllo del ‘mercato‘ delle acque, che significa privatizzazione e monopolizzazione della fornitura di acqua mondiale in poche mani aziendali.

In una conversazione del 2011 con il redattore della rivista Time presso il Consiglio sulle Relazioni Estere, Brabeck fece riferimento ad un recente meeting del Forum Economico Mondiale in cui la questione della “responsabilità sociale delle imprese” fu l’argomento principale di discussione, quando i dirigenti aziendali “iniziarono a parlare su [come] dobbiamo restituire alla società,” Brabeck intervenne e dichiarò: “Non ritengo che dobbiamo restituire alla società, perché non abbiamo rubato alla società.” Brabeck spiegò al Consiglio sulle Relazioni Estere che riteneva tale concetto fosse di competenza della filantropia, e “questo era un problema di ogni amministratore delegato di una società pubblica, perché credo personalmente che a nessun amministratore delegato di una società pubblica dovrebbe essere consentito di fare filantropia … penso che chiunque faccia filantropia dovrebbe farla con i propri soldi e non con i soldi degli azionisti.
Impegnarsi nella responsabilità sociale d’impresa, argomentò Brabeck, “rappresentava un costo aggiuntivo.

Al Forum Economico Mondiale del 2008, un consorzio di aziende e organizzazioni internazionali formò il 2030 Water Resources Group, presieduto da Peter Brabeck. Venne istituito allo scopo di “dar forma ad un’agenda” sulla discussione delle risorse idriche, e sulla creazione “di nuovi modelli di collaborazione” tra imprese pubbliche e private. Il consiglio direttivo del 2030 Water Resources Group è presieduto da Brabeck e comprende il vice presidente esecutivo e l’amministratore delegato della International Finance Corporation (IFC), il braccio di investimento della Banca Mondiale, l’amministratore del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), il capo ufficio affari del World Economic Forum, il presidente della Banca Africana di Sviluppo, il presidente e l’amministratore delegato della Coca-Cola Company, il presidente della Banca Asiatica di Sviluppo, il direttore generale del World Wildlife Fund (WWF), il presidente della Banca Interamericana di sviluppo, e il presidente e l’amministratore delegato della PepsiCo, tra gli altri.

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Al Forum mondiale dell’acqua 2012 – un evento largamente atteso dai fautori globali della privatizzazione dell’acqua, la Nestlè era tra i sostenitori più entusiasti – Brabeck ha proposto che il 2030 Water Resources Group rappresenti una “iniziativa pubblico-privata globale“, che potrebbe aiutare a “fornire strumenti e informazioni sulle migliori pratiche” e “nuove politiche di orientamento e di riflessione sulla scarsità delle risorse d’acqua“.

Brabeck e Nestlè erano in trattative con il governo provinciale canadese di Alberta per la pianificazione di un potenziale “scambio di acqua,” – con le parole della rivista Maclean –    “trasformare l’acqua in denaro“.
Nel 2012, l’Università di Alberta ha conferito una laurea ad honorem a Peter Brabeck “per il suo lavoro come economo responsabile dell’acqua in tutto il mondo.” Vennero organizzate proteste all’università per opporsi all”onoreficienza‘, con un rappresentante del gruppo di interesse pubblico, il Consiglio dei Canadesi, che constatava: “Temo che l’università si stia posizionando dalla parte di coloro che vogliono modificare beni e servizi, dalla parte di persone che sostengono che l’acqua non è diritto umano che ognuno possiede, ma solo un prodotto che può essere comprato e venduto.
Un professore all’università dichiarò: “Mi vergogno, a questo punto, riguardo ciò che l’università sta facendo e sono anche molto preoccupato per il modo in cui il presidente dell’università ha demonizzato le persone che si oppongono a ciò.
Mentre un altro professore dell’Università di Alberta affermò: “Quello che la Nestlè fa è prendere quella che rimane dell’acqua pulita sulla quale contano le persone povere, imbottigliarla e poi venderla a persone ricche con un profitto esorbitante.

L’Agenda della privatizzazione dell’acqua mondiale

La privatizzazione dell’acqua è un’operazione estremamente crudele, nella quale la qualità – e l’accesso – alle risorse idriche diminuisce o addirittura svanisce, mentre i costi esplodono. Quando si giunge alla privatizzazione dell’acqua, non esiste una cosa come “concorrenza” nel modo in cui la parola viene interpretata in genere: ci sono solo una manciata di società idriche globali che si impegnano in privatizzazioni
massicce. Le due più importanti sono la Suez Environment con sede in Francia e la Veolia Environment, ma includono anche Thames Water, Nestlè, PepsiCo e Coca-Cola, tra gli altri. In un mondo nel quale il cibo è già stato trasformato in un “prodotto di mercato” ed è stato “quotato in borsa”, cosa che porta ad un massiccio aumento dei prezzi alimentari, sommosse della fame, e immensi profitti per alcune aziende e banche, la prospettiva della privatizzazione dell’acqua è ancora più inquietante.

Il programma di privatizzazione dell’acqua è organizzato a livello internazionale, largamente promosso attraverso il Forum Mondiale dell’acqua e il Consiglio Mondiale dell’Acqua. Il Consiglio Mondiale dell’Acqua (WWC) è stato fondato nel 1996 come Organizzazione Non-Profit con sede in Francia con oltre 400 membri provenienti da organizzazioni intergovernative, agenzie governative, corporation, ONG  e organizzazioni ambientali controllate dalle corporation, aziende idriche, organizzazioni internazionali e istituzioni accademiche.

Ogni tre anni, il Consiglio Mondiale dell’Acqua (WWC) ospita il Forum Mondiale dell’Acqua, il primo dei quali ha avuto luogo nel 1997, e al 6° congresso nel 2012 aderirono migliaia di partecipanti provenienti da paesi e istituzioni di tutto il mondo riuniti assieme per decidere il futuro dell’acqua, e, naturalmente, promuovere la privatizzazione di questa risorsa essenziale per la vita umana. Il 6° Forum Mondiale dell’Acqua, ospitato a Marsiglia, in Francia, è stato principalmente sponsorizzato dal governo francese e dal Consiglio Mondiale dell’Acqua, ma ha incluso un certo numero di altri collaboratori, tra cui: la Banca Africana per lo Sviluppo, la Commissione dell’Unione Africana, il Consiglio Arabo dell’Acqua, la Banca Asiatica per lo Sviluppo, il Consiglio d’Europa, la Commissione Europea, la Banca Europea per gli Investimenti, il Parlamento Europeo, l’Associazione Europea per l’Acqua, Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura, la Global Environment Facility, la Banca Inter-Americana di Sviluppo, Nature Conservancy, l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE), l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS), Oxfam, la Banca Mondiale, il World Business Council per lo Sviluppo Sostenibile, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il WWF, e una serie di sponsor, tra cui: Rio Tinto Alcan, EDF, Suez Environment, Veolia, e HSBC.

Chiaramente, hanno a cuore gli interessi umani e ambientali.

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La Banca Mondiale è un grande promotore della privatizzazione dell’acqua, poichè gran parte del suo aiuto allo ‘sviluppo’ dei paesi è stato stanziato per progetti di privatizzazione dell’acqua dei quali beneficiano inevitabilmente le maggiori corporation, in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), e il Tesoro statunitense. Uno dei primi grandi progetti di privatizzazione dell’acqua finanziato dalla Banca Mondiale è stato in Argentina, per il quale la Banca “consigliò” il governo argentino nel 1991 su gara e appalto di concessione dell’acqua, stabilendo un modello per ciò che sarebbe stato promosso in tutto il mondo. Il braccio di investimento della Banca mondiale, l’International Finance Corporation (IFC), prestò circa 1 miliardo di dollari al governo argentino per tre progetti idrici e fognari del paese, e comprò persino una partecipazione del 5% della concessione, divenendone in questo modo proprietaria di una parte. Quando la concessione per Buenos Aires fu attivata, vennero inviati rappresentanti francesi da Veolia e Suez, che formarono il consorzio Aguas Argentinas, e, naturalmente, i costi per i servizi idrici lievitarono. Tra il 1993, quando il contratto con la società francese è stato firmato, e il 1997, il consorzio Aguas Argentinas ha guadagnato maggiore influenza
con il presidente argentino Carlos Menem e il suo ministro dell’Economia Domingo Cavallo, che avrebbero tenuto riunioni con il presidente di Suez, nonché con il Presidente francese, Jacques Chirac. Entro il 2002, i tassi d’acqua (il costo dell’acqua) a Buenos Aires era aumentato del 177% dall’inizio della concessione.

Nel 1990, la quantità di progetti di privatizzazione dell’acqua della Banca mondiale sono aumentati di dieci volte, con il 31% dei progetti di fornitura d’acqua e di igiene della Banca Mondiale tra il 1990 e il 2001 che includevano nelle condizioni la partecipazione del settore privato, nonostante il fatto che i progetti fossero costantemente falliti in termini di forniture più economiche e di migliore acqua per aree più vaste. Ma, naturalmente, erano altamente redditizi per le grandi aziende, in modo naturale, hanno continuato a essere promossi e sostenuti (e agevolati).

Uno dei più rimarchevoli esempi di progetto di privatizzazione dell’acqua è stato in Bolivia, il paese più povero del Sud America. Nel 1998, un prestito del Fondo Monetario Internazionale alla Bolivia richiedeva nelle condizioni “riforme strutturali”, la svendita di “tutte le restanti imprese pubbliche”, tra cui quella dell’acqua. Nel 1999, la Banca Mondiale disse al governo boliviano di cessare i suoi sussidi ai servizi d’acqua, e nello stesso anno, il governo diede in affitto l’Impianto dell’Acqua di Cochabamba ad un consorzio di multinazionali, Aguas del Tunari, che comprendeva la società americana Bechtel. Dopo la concessione al consorzio di un contratto di locazione di 40 anni, il governo approvò una legge che avrebbe fatto pagare ai residenti l’intero costo dei servizi idrici. Nel gennaio del 2000, a Cochabamba le proteste fermarono la città per quattro giorni, con scioperi e blocchi stradali e con una mobilitazione contro un prezzo dell’acqua che aveva raddoppiato o triplicato le loro bollette. Le proteste proseguite in febbraio, affrontarono la polizia antisommossa e i lacrimogeni, che ferì 175 persone.

Ad aprile, la protesta iniziò a diffondersi in altre città boliviane e nelle comunità rurali, e durante lo “stato di assedio” (di fatto la legge marziale) dichiarata dal presidente boliviano Hugo Banzer, un ragazzo di 17 anni, Victor Hugo Daza, venne sparato e ucciso da un capitano dell’esercito boliviano, che era stato addestrato all’Accademia Militare statunitense, la Scuola delle Americhe. Mentre la polizia antisommossa continuava ad affrontare i manifestanti con gas lacrimogeni e pallottole vere, sempre più persone venivano uccise e decine ferite.
Il 10 aprile, il governo concedette la fine del contratto con il consorzio aziendale e diede al popolo la concessione per il controllo del proprio sistema di acque attraverso una coalizione popolare guidata dagli organizzatori della protesta.

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Due giorni dopo, il presidente della Banca Mondiale James Wolfensohn affermò che il popolo della Bolivia avrebbe dovuto pagare per i propri servizi idrici. Il 6 agosto 2001, il presidente della Bolivia si dimise, e il vice presidente Jorge Quiroga, ex dirigente dell’IBM, prestò giuramento come nuovo presidente per la restante durata dell’incarico fino all’agosto del 2002. Nel frattempo, il Consorzio dell’acqua, profondamente offeso di fronte alla prospettiva che le persone prendano il controllo delle proprie risorse, tentò di intraprendere un’azione legale contro il governo della Bolivia per aver violato il contratto. Bechtel richiedeva 25 milioni di dollari di compensazione per le sue “perdite”, mentre registrava un profitto annuale di 14 miliardi di dollari, invece il bilancio nazionale della Bolivia era di appena 2,7 miliardi di dollari.
La situazione in ultima analisi, condusse ad un tipo di rivoluzione sociale che portò al potere il primo leader indigeno boliviano nella storia del paese, Evo Morales.

Questo, naturalmente, non fermò la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale – e i governi imperiali che li finanziano – dal promuovere la privatizzazione dell’acqua in tutto il mondo a beneficio esclusivo di un pugno di multinazionali. La Banca Mondiale promuove la privatizzazione dell’acqua in tutta l’Africa, allo scopo di “alleviare la crisi idrica del continente“, rendendo l’acqua più costosa e meno accessibile.

Come ha spiegato Paul Mitchell, direttore alle comunicazioni della Banca Mondiale, nel 2003: “L’acqua è fondamentale per la vita – abbiamo il dovere di portare l’acqua alla gente povera“, aggiungendo: “Ci sono un sacco di miti in merito alla privatizzazione.” Sarei d’accordo. Anche se proporrei un mito che ‘funzioni‘, ma Mitchell ha invece suggerito che “la partecipazione del settore privato consista semplicemente nel gestire la risorsa perchè funzioni per la gente del paese.
Tranne il fatto che non lo fa. Ma non preoccupatevi, abbassare gli standard dell’acqua, smantellare la distribuzione dell’acqua e accrescerne rapidamente i costi per le regioni più povere della terra è una buona cosa, secondo Mitchell e la Banca mondiale. Disse alla BBC che ciò a cui la Banca Mondiale era più interessata era il “modo migliore per portare l’acqua ai poveri“. Forse si è sbagliato parlando e intendeva dire, “il modo migliore per prendere l’acqua ai poveri,” perché questo è ciò che realmente accade.

Nel 2003, la Banca Mondiale ha finanziato un programma di privatizzazione dell’acqua nello stato della Tanzania, sostenuto dal governo britannico, affidandolo in concessione ad un consorzio denominato City Water, di proprietà della società britannica Biwater, che lavorava con l’azienda di ingegneria tedesca, Gauff, alla fornitura d’acqua alla città di Dar es Salaam e alla regione circostante. E’ stato uno dei più ambiziosi progetti di privatizzazione dell’acqua in Africa, con 140 milioni di dollari di finanziamenti della Banca Mondiale, e, ha scritto John Vidal sul Guardian, che “era destinato ad essere un modello su come le comunità più povere del mondo potessero essere sottratte alla povertà“.

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L’accordo prevedeva tra le condizioni per il consorzio di installare nuove tubazioni per la distribuzione dell’acqua. Il dipartimento del governo britannico per lo sviluppo
internazionale assegnò un contratto di 440.000 sterline al think tank neoliberista inglese, Adam Smith International, “per fare un lavoro di pubbliche relazioni per il progetto.” Inoltre un noto cantante gospel della Tanzania fu ingaggiato per eseguire una canzone pop sui benefici della privatizzazione, che citava elettricità, telefoni, porti, ferrovie, e, naturalmente, l’acqua. Sia il Fondo Monetario Internazionale che la Banca Mondiale resero il progetto [di privatizzazione ndt] dell’acqua una condizione per gli “aiuti” che loro davano al paese. In meno di un anno su un contratto di dieci anni, il consorzio privato, City Water, smise di pagare il canone mensile per la concessione delle condotte e delle infrastrutture fornite dalla società di acqua pubblica governativa, Dawasa, insistendo sul fatto che contemporaneamente le proprie spese erano cresciute. Un inedito rapporto della Banca Mondiale osservava anche: “L’ipotesi primaria da parte di quasi tutti i soggetti coinvolti, in particolare sul versante dei donatori, è che sarebbe molto difficile, se non impossibile, per l’operatore privato [City Water] avere una resa peggiore di quella di Dawasa. Ma questo è quello che è successo.
La Banca Mondiale, nel suo complesso, ha tuttavia approvato il programma come “molto soddisfacente“, e giustamente, perché stava facendo quello che intendevano fare: fornire profitti alle società private a spese della gente povera.

Entro il 2005, la società non aveva costruito nessuna nuova condotta, non aveva speso i magri investimenti che aveva promesso, e la qualità dell’acqua calò. Mentre il denaro inglese “d’aiuto” era riversato nella propaganda della privatizzazione, veniva prodotto un video ufficiale che comprendeva la frase: “Le nostre vecchie industrie sono asciutte come le colture e la privatizzazione porta la pioggia.
In realtà, la privatizzazione attribuì il cartellino del prezzo alla pioggia. Così, nel 2005, il governo della Tanzania chiuse il contratto con City Water, e arrestò tre dirigenti della compagnia, espellendoli in Inghilterra.
Come è tipico, la società britannica Biwater, ha poi cominciato a presentare una querela contro il governo della Tanzania per violazione del contratto, con l’intenzione di avere 20-25 milioni di dollari. Un comunicato stampa Biwater all’epoca recitava: “Non c’è rimasta altra scelta … Se un segnale viene fuori è che i governi sono liberi di espropriare gli investimenti stranieri nell’impunità“, gli investitori fuggirebbero, e questo, naturalmente, “assesterebbe un duro colpo agli obiettivi di sviluppo della Tanzania e di altri paesi in Africa“.

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Il sesto Forum Mondiale dell’Acqua a Marsiglia nel 2012 ha riunito circa 19.000 partecipanti, durante il quale il ministro francese per lo sviluppo, Henri de Raincourt propose “un progetto mondiale di gestione dell’acqua e dell’ambiente“, aggiungendo: “Il governo francese non è solo nella convinzione che un’agenzia globale dell’ambiente sia più che mai necessaria.
Si tenne una conferenza parallela – l’Alternative World Water Forum – alla quale parteciparono le voci critiche della privatizzazione dell’acqua.
Gustave Massiah, un rappresentante del gruppo anti-globalizzazione Attac, dichiarò: “Se ci fosse un fondo mondiale per l’acqua sotto controllo che desse concessioni a società multinazionali, allora ciò non sarebbe per noi una soluzione. Al contrario, aggiungerebbe solo problemi al sistema attuale.
Un altro membro di Attac, Jacques Cambon, era il capo del ramo africano di SAFEGE, una filiale del conglomerato dell’acqua Suez. Cambon ha criticato il concetto di un fondo globale per l’acqua, mettendo in guardia contro la centralizzazione, e ha inoltre spiegato che la Banca Mondiale “ha quasi sempre finanziato dei progetti su vasta scala che non erano in sintonia con le situazioni locali.
Maria Teresa Lauron, un’attivista filippina, ha condiviso la storia della privatizzazione dell’acqua nelle Filippine, dicendo: “Dal 1997, i prezzi sono aumentati del 450-800 per cento … Al tempo stesso, la qualità dell’acqua si è abbassata. Molte persone si ammalano a causa di acqua malsana, un anno fa, circa 600 persone sono morte a causa di batteri nell’acqua perché la società dell’acqua privata non faceva controlli adeguati.
Ma poi, perché mai la società dovrebbe fare cose simili? Non è che sia particolarmente vantaggioso essere interessati al benessere umano.

In Europa, la Commissione Europea spinse la privatizzazione dell’acqua come condizione per i fondi di sviluppo tra il 2002 e il 2010, specificamente in diversi paesi dell’Europa centrale e orientale che dipendevano dalle sovvenzioni europee. Dalla crisi del debito europeo, la Commissione Europea aveva fatto della privatizzazione dell’acqua una condizione per Grecia, Portogallo e Italia.
La Grecia sta privatizzando le sue aziende dell’acqua, il Portogallo è sotto pressione perchè venda la sua società idrica nazionale, Aguas do Portogallo, in Italia, la Banca centrale europea (BCE) e la Commissione hanno fatto pressione per privatizzare l’acqua, anche se un referendum nazionale, nel luglio del 2011 ha visto il popolo italiano rifiutare tale progetto con il 95% [di contrari ndt].

In questo contesto, tra istituzioni e corporation con potere e  influenza mondiale, forse è meno sorprendente immaginare il presidente della Nestlé che suggerisce che il “diritto” all’acqua degli esseri umani è piuttosto “estremista“.
E per una ragione “estremistica” molto semplice: che non sarebbe redditizio per la Nestlé, anche se potrebbe essere un bene per l’umanità e la terra. Si tratta di priorità, e nel nostro mondo, sono le priorità sono fissate da multinazionali, banche e oligarchi globali.
Poichè la Nestlé vorrebbe farci credere che gli interessi delle corporation e quelli sociali non confliggono, come [fanno ndt] le corporation – attraverso le loro ‘illuminate’ motivazioni di interesse personale e di ricerca del profitto – sarà quasi fortuito rendere il mondo un posto migliore.
Ora, mentre l’ortodossia neoliberista funziona sulla base di persone che accettano semplicemente questo presupposto senza indagini (come un qualsiasi credo religioso), forse varrebbe la pena guardare alla Nestlé come ad un esempio di beneficenza aziendale per il mondo e l’umanità.

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Responsabilità Sociale d’Impresa della Nestlé: Rendere il mondo sicuro secondo la Nestlé … e accidentalmente distruggerlo

Come grande società multinazionale, la Nestlé ha una comprovata esperienza di sfruttamento del lavoro, di distruzione dell’ambiente, d’impegno nelle violazioni dei diritti umani, ma naturalmente – e soprattutto – fa grandi profitti.
Nel 2012, la Nestlé ha ricevuto grandi introiti dai ‘mercati emergenti‘ in Asia, Africa e America Latina. Tuttavia, alcuni profitti dei mercati emergenti hanno cominciato a rallentare nel 2013. Questo è in parte il risultato dello scandalo della carne di cavallo che ha richiesto ad aziende come la Nestlé di intensificare il controllo dei propri prodotti alimentari.

Meno di un anno prima, la Nestlé lamentava che “l’eccesso di regolamentazione” del settore alimentare stava “minando la responsabilità personale,” che è un altro modo per dire che la responsabilità sui prodotti e la loro sicurezza deve passare dal produttore al consumatore. In altre parole, se sei così stupido da comprare i prodotti Nestlé, è colpa tua se ti viene il diabete o mangi carne di cavallo, e, quindi, è vostra la responsabilità, non di Nestlé. Mi sembra giusto! Noi siamo così stupidi da accettare che le corporation ci comandino, dunque, quale diritto abbiamo di lamentarci di tutti i crimini orrendi e della distruzione che provocano? Un cinico potrebbe forse sostenere un punto di vista del genere.

Uno dei più famosi problemi di pubbliche relazioni della Nestlé fu quello del marketing del latte artificiale per bambini, che balzò sui titoli dei giornali nel 1970, dopo la pubblicazione di “The Killer Baby”, che accusava la compagnia di tenere le mamme del terzo mondo legate al latte in polvere. Mentre la ricerca andava dimostrando come l’allattamento al seno fosse più sano, la Nestlè commercializzava il latte in polvere per bambini come un modo per le donne di ‘occidentalizzarsi’ e unirsi al mondo moderno, con la distribuzione di opuscoli e campioni promozionali, con aziende che assumevano “ragazze in divisa da infermiere per la vendita (a volte qualificate, a volte no)” allo scopo di girare per le case e vendere il latte in polvere. Le donne cercavano di risparmiare sul latte in polvere diluiendolo, molte volte con acqua contaminata. Mentre l’organizzazione War on Want con sede a Londra osservava: “I risultati possono essere visti nelle cliniche e negli ospedali, nei bassifondi e nei cimiteri del Terzo Mondo … bambini i cui corpi sono consumati fino a quando tutto ciò che rimane è una grande testa in cima ad un corpo avvizzito da vecchio.
Un funzionario dell’Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID) incolpava il latte in polvere per bambini di “un milione di morti infantili ogni anno per malnutrizione e dissenterie“.

Mike Muller, l’autore di “The Killer baby” nel 1974, scrisse un articolo per il Guardian nel 2013, nel quale disse di aver dato a Peter Brabeck a “regalo” al Forum Economico Mondiale, una copia firmata del suo rapporto. Il rapporto aveva scatenato un boicottaggio globale della Nestlé e la società rispose con azioni legali.

La Nestlé fu anche implicata nel sostegno alle piantagioni di palme da olio, che hanno portato ad un incremento della deforestazione e alla distruzione dell’habitat dell’orangutan in Indonesia. Una pubblicazione di Greenpeace osservava che, “almeno 1.500 oranghi sono morti nel 2006 a seguito di attacchi deliberati da parte dei lavoratori delle piantagioni e per la perdita dell’habitat a causa dell’espansione delle piantagioni di palma da olio.

Forest Action against Nestle UK

Sui social media è stata lanciata contro la Nestlé una campagna per il suo ruolo di sostegno alle piantagioni di palma da olio, alla deforestazione e alla distruzione dell’habitat nel quale l’orangutan vive. La campagna di pressione sulla Nestlé ha fatto diminuire il suo “ruolo nella deforestazione.

Mentre Nestlé andava ampliando la sua presenza in Africa, anche essa ha suscitato diverse polemiche sulle sue operazioni nel continente. La Nestlé acquista un decimo del cacao del mondo, la maggior parte del quale proviene dalla Costa d’Avorio, dove la società fu implicata nell’utilizzo di lavoro minorile.
Nel 2001, la legislazione degli Stati Uniti imponeva alle imprese di impegnarsi in un’”auto-regolamentazione“, che richiedeva l’etichettatura “esente da schiavi” su tutti i prodotti di cacao. Questa “autoregolamentazione“, tuttavia “ha fallito la consegna” – immaginate! – poichè uno studio prodotto dalla Tulane University, con finanziamenti del governo statunitense rivelò che circa 2 milioni di bambini lavoravano in attività legate al cacao sia in Ghana che in Costa d’Avorio. Fu anche effettuato un controllo interno da parte della società che ritenne colpevole la Nestlé di “numerose” violazioni delle leggi sul lavoro minorile.
Il responsabile delle operazioni della Nestlé dichiarò: “L’utilizzo del lavoro minorile nel nostro approvvigionamento di cacao va contro tutto ciò che rappresentiamo.
Così, naturalmente, continueranno ad utilizzare il lavoro minorile.

Peter Brabeck affermò che è “quasi impossibile” porre fine alla pratica, e la paragonò a quella del lavoro agricolo in Svizzera: “Se uno va in Svizzera … ancora oggi, nel mese di settembre, le scuole hanno una settimana di vacanza in modo che gli studenti possano aiutare nella raccolta del vino… anche in quei paesi in via di sviluppo, questo accade,” lo riferì al Consiglio per le Relazioni Estere.

Mentre l’ammissione che questo “è fondamentalmente lavoro minorile e schiavitù in alcuni mercati africani,” è “una sfida che non è molto facile da affrontare“, rilevando che vi è “una linea molto sottile” in ciò che è accettabile per quanto riguarda “il lavoro minorile nell’ambiente agricolo.
Aggiunse: “è quasi normale.” Così, Brabeck spiegò, “che bisogna guardare in modo diverso“, e che non era compito della Nestlé dire ai genitori che i loro figli non potevano lavorare nelle piantagioni/fattorie di cacao, “la cosa è ridicola,” e suggerì: “Ma quello che diciamo è che noi vi aiuteremo affinchè il bambino abbia accesso alla scuola.
Quindi, chiaramente non ci sono problemi con l’utilizzo di schiavitù infantile, solo il tempo necessario affinchè i bambini ottengano qualche scuola … presumibilmente, al di ‘fuori dell’orario’ della schiavitù. Problema risolto!

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Mentre Brabeck e Nestlé hanno fatto un grande problema della scarsità d’acqua, che ancora una volta, è una questione incredibilmente importante, le loro soluzioni ruotano attorno al “dare un prezzo” all’acqua secondo un valore di mercato, e in questo modo incoraggiando la privatizzazione. In effetti, la conquista globale dell’acqua è stata una caratteristica distintiva di questi ultimi anni (accoppiata ad una grande conquista mondiale di territorio), nella quale investitori, paesi, banche e società vanno comprando vaste estensioni di territori (soprattutto nell’Africa sub-sahariana) praticamente per un nulla, allontanando le popolazioni che vivono dei frutti della terra, prendendo tutte le risorse, l’acqua e la terra, facendo piazza pulita di centri e villaggi, per convertirli in piantagioni agricole industriali e altre colture per l’esportazione, mentre le popolazioni nazionali sono spinte sempre più verso la povertà, la fame, e sono prive dell’accesso all’acqua.
Peter Brabeck ha fatto riferimento alla conquista della terra come fosse in realtà quella dell’acqua: “Con la terra viene il diritto di prelevare l’acqua ad essa collegata, nella maggior parte dei paesi essenzialmente un omaggio che potrebbe essere visto come la parte più preziosa dell’accordo.” Questa, ha osservato Brabeck, è “la grande conquista dell’acqua.

E, naturalmente, la Nestlé dovrebbe sapere qualcosa sulle conquiste dell’acqua, poiché è diventata molto brava ad incrementarle.
Negli ultimi anni, l’azienda si è mossa sempre più ad acquistare terreni da cui prendere le risorse di acqua dolce, metterle in bottiglie di plastica e venderle al pubblico a prezzi esorbitanti.
Nel 2008, mentre la Nestlé progettava di costruire un impianto di imbottigliamento di acqua a McCloud, California, il procuratore generale si è opposto al progetto, rilevando: “Ci vogliono enormi quantità di petrolio per la produzione di bottiglie di plastica e per trasportarle su camion diesel attraverso gli Stati Uniti… Nestlè andrà incontro ad una repentina sfida legale se non valuterà pienamente – l’impatto ambientale del dirottare milioni di galloni di acqua di sorgente del fiume McCloud in miliardi di bottiglie di plastica.
La Nestlé ha già operato in circa 50 sorgenti di tutto il paese, e ne sta acquisendo di ulteriori: come ad esempio un piano per spillare circa 65 milioni di litri di acqua da una sorgente in Colorado, nonostante la forte opposizione all’accordo.
Anni di opposizione ai piani della Nestlé a McCloud hanno alla fine conseguito l’abbandono degli sforzi dell’azienda laggiù. Tuttavia, la compagnia è rapidamente passata a trovare nuovi luoghi dove prendere l’acqua e realizzare un profitto, distruggendo pure l’ambiente (solo un bonus aggiuntivo, ovviamente).

La società controlla un terzo del mercato statunitense dell’acqua in bottiglia, che vende sotto 70 nomi di marche diverse, compresa Perrier, Arrowhead, Deer Park e Polonia Spring. Le altre due grandi aziende di acqua in bottiglia sono la Coca-Cola e la PepsiCo, sebbene la Nestlé si sia guadagnata una reputazione “nel prendere di mira le comunità rurali per l’acqua di sorgente, una mossa che gli è valsa una fiera opposizione delle città attraverso gli Stati Uniti preoccupate di perdere le loro preziose risorse idriche.
E la conquista dell’acqua da parte della Nestlé oltre che l’opposizione continua a fagocitare centri, stati e città in tutto il paese, con un caso più recente, in Oregon.

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La Nestlé ha suscitato polemiche per le sue connessioni con agricoltori che sfruttano il lavoro, con l’inquinamento, e con le violazioni dei diritti umani, e molte altre cose. La Nestlé è stata implicata nel sequestro e nell’omicidio di un attivista sindacale e dipendente di una filiale della società in Colombia, con un giudice che chiedeva al pubblico ministero di “indagare i manager alla guida della Nestlè-Cicolac per far luce sul loro probabile coinvolgimento e/o la pianificazione dell’assassinio del leader sindacale Luciano Enrique Romero Molina“.
Nel 2012, un gruppo colombiano sindacale e di difesa dei diritti umani ha presentato una denuncia contro la Nestlé per negligenza sull’assassinio del loro ex dipendente Romero.

Più di recente, la Nestlé è stata trovata responsabile di spiare ONG, con l’assunzione da parte della compagnia di una società di sicurezza privata per infiltrare un gruppo anti-globalizzazione, e mentre un giudice ordinava alla società di pagare un risarcimento, un portavoce della Nestlè dichiarava che “l’incitamento alle infiltrazioni è contro i principi di business aziendale della Nestlé.
Proprio come la schiavitù infantile, presumibilmente. Ma non preoccupatevi, il portavoce ha detto, “prenderemo appropriate misure.

Peter Brabeck che, va notato, siede anche nei consigli di amministrazione di Exxon, L’Oréal e del colosso bancario Credit Suisse, ha avvertito nel 2009 che la crisi economica globale sarebbe stata “molto profonda” e che, “durerà per un lungo periodo.” Per di più, la crisi alimentare, sarebbe “divenuta sempre più grave” nel corso del tempo, colpendo i più poveri. Tuttavia, puntellare il settore finanziario attraverso salvataggi massicci era, a suo avviso, “assolutamente essenziale.
Ma non c’è da preoccuparsi, mentre le banche vengono salvate dai governi, chi aiuta popolazione, che paga la crisi, attraverso standard ridotti di vita e attraverso lo sfruttamento (che noi chiamiamo “misure di riforma strutturale” e di “austerità“), la Nestlé è stata in grado di adattarsi a un nuovo mercato di persone impoverite, vendendo prodotti più economici a più persone che ora hanno meno soldi. E meglio ancora, sta facendo enormi profitti. E ricordate, secondo Brabeck, non è tutto ciò che conta veramente?

Questo è il mondo secondo le corporation. Purtroppo, mentre si crea una ricchezza enorme, è inevitabile che si giunga anche all’estinzione della nostra specie, e forse di tutta la vita sulla terra. Ma non è un problema delle corporation, così come non  riguarda quelli che guidano le corporation, quelli che prendono le decisioni importanti, e quelli che fanno pressione e comprano i nostri politici.

Mi chiedo … cosa sarebbe il mondo se le persone fossero in grado di prendere decisioni?

C’è solo un modo per saperlo.

Andrew Gavin Marshall è un ricercatore indipendente e scrittore con vive a Montreal, in Canada, che ha una particolare attenzione per lo studio di idee, istituzioni e individui di potere e della resistenza attraverso un ampio spettro di ambiti sociali, politici, economici e storici. Ha pubblicato su Dandelion Salad, AlterNet, Counterpunch, Occupy.com, Verity-Out, RoarMag, e una serie di altri gruppi di media alternativi, e regolarmente fa trasmissioni radio, Internet, e interviste TV con  agenzie di stampa alternative e tradizionali. Lui è Project Manager del People’s Book Project e tiene uno show settimanale Podcast con BoilingFrogsPost.

https://dandelionsalad.wordpress.com/2013/04/23/nestle-ceo-peter-brabeck-letmathe-human-beings-have-no-right-to-water-by-andrew-gavin-marshall/

Kitkat links to Rainforest destruction and Orangutan Extinction

http://gilguysparks.wordpress.com/2013/04/26/nestle-gli-esseri-umani-non-hanno-diritto-allacqua/

Fonte

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