Il nuovo alleato della scienza alimentare si chiama Khorasan

Il Khorasan (in lingua persiana antica “dove origina il sole”) è un parente stretto del grano duro e trae le sue antichissime origini dalla zona geografica che comprende l’Anatolia, l’Egitto e l’Iran, la cosiddetta “Mezza luna Fertile”. Questa varietà di frumento, detta anche “Grano del faraone”, come ci informa Massimo Angelini (colui che ha dato vita al Consorzio ligure della patata Quarantina), è stata registrata negli Stati Uniti d’America con la sigla QK-77 dopo che, negli anni ’50 del secolo scorso, alcuni semi di Khorasan vennero rinvenuti in una tomba egizia e alcuni ricercatori del Montana li risvegliarono e provarono a coltivarli.

Da allora il “Frumento orientale” o “Grano grosso” viene coltivato su larga scala solo nell’America del nord e, in Italia, può essere acquistato nei negozi specializzati in alimentazione biologica e nelle erboristerie. Fin qui la storia ufficiale, anche se Angelini, un anno fa circa, ha ridimensionato l’intera faccenda (http://www.cornale.it/blog/marchio/kamut-meglio-khorasan) affermando che le coltivazioni di grano Khorasan non sono mai venute meno e si sono mantenute in alcune zone del Mediterraneo orientale, il che indurrebbe a supporre che quello messo in atto negli Stati Uniti sia solo un grande affare commerciale, sfruttato per rilanciare sui mercati mondiali un tipo di grano le notizie della cui esistenza si erano perse per strada (per non parlare del fatto che la cosiddetta “germinabilità” – come la chiama Angelini – di un seme decade dopo pochi decenni).

Il “Triticum turgidum”, questo il suo nome scientifico, si presenta alla vista come una pianta che può anche superare il metro e mezzo d’altezza i cui chicchi, che la scienza chiama cariossidi, sono assai allungati e di un colore nocciola lieve, caratteristica che distingue il Khorasan da qualsiasi altro tipo di frumento. Di esso esiste pure una varietà italiana, la “Saragolla”, che viene coltivata in Lucania, negli Abruzzi e nella zona del Sannio. Quali sono le proprietà del frumento del Faraone? Innanzitutto un altissimo valore proteico (superiore del 40% rispetto a quello del frumento), quindi la presenza al suo interno di elevate quantità di selenio, minerale dal grande potere antiossidante, magnesio e zinco, per non parlare del beta-carotene e delle vitamine E, A e C. Contiene poi un’alta concentrazione di lipidi, il che lo rende un alimento adatto a coloro che necessitano di assumere grandi quantità di alimenti energetici, come le persone sportive oppure coloro che, subito dopo una malattia o a seguito di un inverno rigido hanno bisogno di rimettersi in sesto grazie alle sue proprietà ricostituenti naturali.

Si tratta di un grano di tipo “rustico” nel senso che non ha ancora subìto una selezione esagerata e questa caratteristica lo rende un alimento assai digeribile anche da parte di persone che hanno una minima intolleranza ai frumenti tradizionali. Malgrado ciò, chi afferma che il Khorasan è un alimento che può essere assunto anche da chi soffre di celiachìa (l’intolleranza permanente al glutine) erra di molto dal vero, dal momento che il glutine vi è presente come in tutti gli altri tipi di frumento. Il sapore è dolce e ricorda quello delle nocciole e del burro, il che consente di preparare non solo zuppe dal gusto assai delicato, ma anche prodotti da forno molto gradevoli al palato e un tipo di pasta da condire a piacimento.

Nonostante le indubbie qualità di questo cereale vecchio di seimila anni e più, vi sono alcune considerazioni da fare, in merito al monopolio imposto dagli Stati Uniti su un bene della terra che dovrebbe appartenere a tutte le persone, sul costo eccessivo del prodotto finito, del tutto ingiustificato e dovuto proprio alla presenza del marchio registrato, nonché sull’alto costo in termini ecologici di un preparato alimentare che giunge sui banchi dei negozi a seguito di una filiera tanto lunga da portarsi dietro conseguenze negative importanti per la salute del pianeta (per esempio l’inquinamento conseguente all’uso dei carburanti fossili di cui necessitano le aziende incaricate del trasporto del prodotto finito dal produttore alle zone di importazione). E allora, perché non preferire al grano Khorasan prodotto a migliaia di chilometri di distanza dalle tavole delle famiglie italiane la nostrana “Saragolla”? Di certo non seconda al grano del Faraone per valori nutritivi, risponde all’esigenza di accorciare il più possibile la filiera alimentare e di raggiungere lo scopo oggi precipuo della maggior parte delle aziende coltivatrici, quello di incrementare il consumo di produzioni locali e di attuare la politica del consumo responsabile “a chilometri zero” dei prodotti nostrani, agricoli o da pascolo che siano. Per un consumo responsabile e per sviluppare una coscienza ecologista vera, attenta al rispetto dell’ambiente. Una doverosa forma di riguardo nei confronti della Terra.

Lidia Borghi

Fonte http://lidiaborghi.blogspot.it/2010/04/il-nuovo-alleato-della-scienza.html#more

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