DALLE ALPI AL MEDITERRANEO CI SONO MELANZANE ,PEPERONI, CAVOLFIORI E MELONI che stanno reagendo a modo loro alla crisi. E non sono frutti e ortaggi qualsiasi, ma antiche varietà locali che i loro agricoltori-custodi di orti stanno cercando di salvare.Per quale motivo?
Uno in particolare: preservare la biodiversità che arricchisce i territori e i consumatori. “Si tratta di specie autoctone, di grande qualità, selezionate nel corso dei decenni e ben adattatesi al clima delle loro zone”, spiegano Vianney Le Pichon e Massimo Pinna, sviluppatori del progetto europeo Una rete per le biodiversità transfrontaliere.Un rete che ha aggregato decine di coltivatori e li ha messi in contatto. Tanto che oggi i loro saperi sono condivisi, e i semi dei rispettivi ortaggi – italiani e francesi – fanno parte di una sorta di “banca” e sono a disposizione di chiunque voglia impegnarsi a propagarli, seminandoli nel proprio orto. In barba ai diktat sempre più invadenti che favoriscono la grande distribuzione a vantaggio delle varietà industriali, e che puntano tutto sulla resa a scapito della qualità.“Filiere corte, chilometri zero, economia locale dei territori. Volendo, sovranità alimentare. E riconversione ecologica del sistema produttivo. Decrescita virtuosa: se ad essere tagliati sono gli sprechi (trasporti, carburante, energia) ci guadagnano tutti”, scrive il blog Libre. Il *video “Seminare futuro”, che documenta il ciclo vitale del progetto, offre un piccolo affresco di umanità resistente, pienamente consapevole del difficile momento mondiale. “Noi teniamo duro – afferma Alberto Lombardo, dalla valle di Susa – perché la salvaguardia del territorio non ha prezzo, e la piccola agricoltura locale resta un baluardo.
Eh sì, anche questa è Europa. Alla faccia degli Ogm così cari a molti in quel di Bruxelles.
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