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Le origini del ciclo Mestruale

Il ciclo mestruale

Il ciclo mestruale dalla donna è passato da espressione del sacro
nella Preistoria a tabù sociale ai giorni d’oggi.

Le origini

Ormai è evidente che fino a 5 mila anni fa, prima dell’avvento del
patriarcato, erano diffuse in tutto il mondo delle civiltà in cui
erano le donne a trovarsi al centro della società e della cultura.
Recenti ricerche archeologiche e nuove interpretazioni sui
ritrovamenti, condotte soprattutto da studiose, hanno evidenziato
come il ciclo mestruale e il corpo femminile fossero infatti
considerati sacri e il sangue mestruale ritenuto generatore e
rigeneratore di vita.
Si può dire che proprio dal mestruo, sangue naturale non dovuto a
malattia o a ferita, caratteristica esclusivamente femminile, la
civiltà prese avvio.
Dalla ciclicità del mestruo femminile affiorò la coscienza dello
scorrere del tempo: di mese in mese le mestruazioni ricomparivano,
accompagnate dalle fasi lunari, collegamento che fu chiaramente
stabilito fin dalle epoche più remote.
Il primo calendario fu quindi lunare anziché solare: un anno era
composto da 13 mesi invece che dai nostri 12, così come le donne
avevano 13 cicli mestruali all’anno.
A testimonianza di questa concezione del tempo, i più antichi
calendari ritrovati sono oggetti a forma di bastone con 13 tacche
che rappresentavano i mesi lunari di 28 giorni.
Inoltre era chiaro anche il legame che ha la Luna con le gravidanze
e i parti, con la semina e la crescita delle piante, con la vita
animale e con le maree.
Questa stretta associazione delle donne con i cicli della natura era
evidente ed era oggetto di venerazione. Per i popoli dell’Età della
Pietra il mistero della nascita dei bambini era attribuito tutto
alla donna, al pari delle mestruazioni, ignorando completamente il
contributo degli uomini alla nascita. Si riteneva dunque che le
donne fossero dotate di poteri mistici, che permettevano loro di far
nascere i bambini.


La nascita dal corpo della donna della concezione dello scorrere del
tempo trova riscontro anche dal punto di vista linguistico: nel
termine latino mens e in quello greco men, menos che significano
luna, mese e misura.
Da questi termini derivano la parola italiana mente, mind in
inglese, Metis, dea greca dell’intelligenza, e Maat, dea egiziana
della saggezza.
Dal termine greco metra, che significa utero, deriva la parola
metro, a indicare l’unità di misura, in origine temporale,
identificata con il mese lunare corrispondente appunto al ciclo
mestruale.
Dallo stesso termine inoltre deriva la parola madre, assieme a tutte
traduzioni simili nelle altre lingue (mother, mutter, mère, mãe…).
Allo stesso modo troviamo conferme etimologiche anche per quanto
riguarda la nascita del senso del sacro dal corpo femminile, capace
di creare vita e di essere in collegamento con l’energia cosmica.
La stessa radice me o ma si ritrova nella parola polinesiana mana,
che indica la forza elementare non corporea immanente all’universo,
o in quella latina Mani, che indicava presso i Romani gli spiriti
dei defunti, o ancora in Manito, il grande spirito dei Pellerossa.


Le donne erano in contatto con queste energie sacre e ad esse si
allineavano in vari modi: secondo il ciclo della Luna Nera,
mestruando durante il Novilunio, o secondo il ciclo della Luna
Rossa, mestruando in Luna crescente e ovulando in Novilunio, o
ancora seguendo la Sorellanza Ovarica, allineandosi cioè alle altre
donne del gruppo.
Durante le mestruazioni il contatto con l’ energia era ancora più
profondo e la sensibilità femminile si acuiva a tal punto da
renderle capaci di profezie.
Originariamente il significato della parola tabù era sacro e le
donne nel periodo mestruale erano considerate tali.
I loro sogni e le loro visioni era usati per guidare la tribù, e
nelle culture indigene l’intera tribù festeggiava le giovani donne
con riti di passaggio.
Il sangue sacro era celebrato con riti religiosi che sopravvissero
anche in epoca patriarcale, come ad esempio i Misteri Eleusini della
Grecia classica, il cui nome greco mhysterios contiene il termine
hysterion che significa utero.
Le celebrazioni di tutti momenti salienti della vita femminile
avevano grande importanza: il menarca, la gravidanza, il parto, la
menopausa.
Durante questi riti spesso un gruppo di donne inscenava racconti
mitici il cui preciso intento e significato restavano un segreto
gelosamente custodito.

Le aborigene Priljari Tjara dei deserto occidentale dell’Australia
eseguono una rappresentazione rituale in sette episodi, le cui prime
due scene descrivono la scoperta del cibo, dell’acqua e di un
rifugio. Il terzo episodio riguarda la prima mestruazione
dell’iniziata, che riceve consigli sul sesso dalla sorella maggiore.
Negli ultimi quattro episodi l’adolescente, riconosciuta
l’attrazione sessuale, va alla ricerca di un uomo e infine lo
sceglie; questi è interpretato da una donna in menopausa. Una
variante del rituale prevede che una delle giovani venga rapita e
stuprata, dopo di che le donne catturano e mutilano il violentatore.
In entrambe le versioni il finale del rito è fonte di gran
divertimento per tutti coloro che vi partecipano e prevede canti e
danze celebrative.

Queste civiltà erano società matrilineari, in quanto la discendenza
era di madre in figlia, e matrilocali, poiché le donne rimanevano
negli stessi luoghi ed erano i maschi ad andare a vivere con loro.
Bambine e bambini erano allevate comunitariamente nel clan materno
ed era impensabile che un maschio avesse su di loro potere di vita e
di morte.
Mentre il termine matriarcato sottintende una dominazione delle
donne sugli uomini (come accadde poi al contrario con il
patriarcato), in queste società l’elemento femminile era investito
naturalmente di autorità e considerazione senza bisogno di
predominio coercitivo, proprio perché la visione della vita, i culti
e i simboli erano femminili.
Infatti alle donne era affidato il ruolo più importante
nell’approvvigionamento del cibo per la loro conoscenza delle
piante, nell’organizzazione ordinata della società e della vita
quotidiana, nonché nella spiritualità e nel culto.
Da tali premesse si sviluppò il modello ciclico di vita-morte-
rinascita, che troviamo diffuso dappertutto già nella remotissima
era Paleolitica, quando le caverne, sacre perché ritenute uteri
della terra, venivano intonacate con ocra rossa e i morti vi
venivano sepolti dipinti di rosso e in posizione fetale per
propiziarne la rinascita.