Tre concetti che aprono tanti sentieri, ma che si ricongiungono in vista di un unico grande obiettivo: ritrovare l’equilibrio. Con se stessi, con gli altri e con il Tutto.
Per questo, la “crisi” odierna, prima di essere un fattore puramente economico, appartiene all’ambito culturale e sociale. È solamente attraverso la riscoperta di se stessi che si può pensare di uscire da questo buio, dove le banche contano più delle comunità e i mercati più delle persone. Ma questa rivalutazione non può prescindere dal legame che il singolo ha con gli altri (in quanto animale sociale) e con ciò che lo circonda (visto che ogni cosa è in connessione all’altra). Queste non vogliono essere parole dal retrogusto new age, pescate da chissà quale santone asiatico: esse si rifanno a tradizioni europee, da Aristotele a Sant’Agostino (solo per citare due esempi), che non potevano concepire l’uno scisso dalla Totalità, la parte senza il Tutto. La formula un orto, una comunità, una fede indica il percorso da seguire per tendere verso questo obiettivo.
Lavorare il proprio orto è una delle esperienze più gratificanti che un essere umano possa fare. Come osserva Pallante nel suo saggio: «L’agricoltura, nel significato etimologico di venerazione della terra, è l’attività che consente agli esseri umani di partecipare alla riproduzione della vita». Un’attività (che rimanda a concetti quali autoproduzione e consumo critico) pura, originaria, perfino Sacra, soprattutto se portata avanti in un contesto comunitario, dove la reciprocità e la solidarietà costituiscano le basi di relazioni sociali autentiche. Una comunità fondata sulla forza della tradizione, ma anche sulla spinta dell’innovazione, necessaria per proiettarsi nel futuro, senza dimenticare il passato. In questo contesto, la tecnologia ridiventerebbe un mezzo, tornando a svolgere il ruolo che più le compete e lasciando posto a fini più grandi. Del resto, come osserva Pallante: «La dimensione spirituale degli esseri umani si può valorizzare solo dedicando il meglio di sé, delle proprie energie e delle proprie capacità, la propria intelligenza e la propria sensibilità a un’idea forte, capace di dare un senso alla vita. Solo una fede può evitare di essere risucchiati nell’appiattimento materialistico in cui l’economia della crescita trascina gli esseri umani». Queste tre idee, se prese complessivamente, formano un circolo virtuoso, consapevole, solidale e spirituale. Illustrano un percorso da intraprendere nel corso del tempo, con ritmi e scelte che variano da persona in persona: «L’importante è coglierne il valore universale e capire quali indicazioni se ne possano trarre oggi per superare la crisi economica, ambientale, ma soprattutto di senso, generata dall’economica della crescita» (Pallante). Nella speranza che l’uomo possa ritrovare se stesso e riscoprire ciò che di bello vive sulla Terra.
di Lorenzo Pennacchi
Fonte: L’intellettuale dissidente