Sale e sodio. . Sorprese tra i cibi a rischio: eliminarli, ridurli o modificarli?

saleCIBI SALATI: IL PRIMO “JUNK FOOD” DA ELIMINARE. Mangiamo troppo salato. Soprattutto in Italia (10 g al giorno), seconda in Europa dopo l’Ungheria, ma un po’ in tutto il Mondo. Da uno studio presentato ad un congresso scientifico della American Heart Association a New Orleans, il 65% delle persone ingerisce ogni giorno circa il doppio del massimo del sodio ammesso (1.5 g AHA; 2 g WHO, Organizzazione mondiale della Sanità). Solo il 20% viene dal condimento, mentre l’80% lo troviamo già negli alimenti che consumiamo. E il troppo sale uccide. Ogni anno muoiono nel Mondo a causa del sale ben 2.300.000 persone.

Ecco la nostra tabella di alimenti e acque col loro sorprendente altissimo (molti alimenti comuni) e bassissimo (acque e verdure) contenuto in sodio (Na), di cui il “sale” per antonomasia o cloruro di sodio (NaCl) è il principale e più diffuso ma non certo l’unico composto. Ebbene, vedrete che ai primi posti, cioè tra i cibi più salati, ci sono i cibi artificiali, industriali, o comunque trasformati, come le conserve. In Italia il 54% del sale che ingeriamo ogni giorno è contenuto nei cibi consumati fuori casa, in gran parte precotti e di produzione industriale (bar, pizzerie, rosticcerie, mense, ristoranti), secondo l’Istituto Superiore di Sanità.

Tutti questi alimenti o condimenti, molto saporiti solo grazie al sale, alcuni dei quali tradizionali ma oggi resi inutili dalle moderne e – una volta tanto – più sane tecnologie, sono considerati negativamente non solo dai naturisti rigorosi, ma anche da nutrizionisti e medici specialisti. La raccomandazione è che il sale, i dadi per brodo, le salamoie, le conserve salate (di vegetali, carni e pesci), i salumi e i formaggi più salati, gli antipasti, le salse di soia,  i nuovi “cibi” tecnologici a base di sale (sticks, snacks, patatine, noccioline salate), e in alcune zone del Sud perfino il pane, salatissimo, insomma tutto ciò che è troppo salato, vanno ridotti drasticamente se non addirittura eliminati dalla dieta.

Anzi, paradossalmente, sodio e sale sono “utili” come indicatori infallibili, veri e propri markers, dei cibi più artificiali, industriali, conservati, e dunque meno sani, che abbiamo. E’ il sale (e subito dopo viene lo zucchero) il primo indicatore del “junk food” o cibo spazzatura. E, sia ben chiaro, nonostante che un’ingannevole pubblicità abbia lanciato la speculazione dell’acqua minerale “povera di sodio”, tutte le acque da bere, sia in bottiglia sia di acquedotto, sono naturalmente quasi prive di sodio! Hanno sodio solo in pochi milligrammi (e quindi è ininfluente che ne abbiano 4,9 o 2,87 o 8,7 o 0,5 mg/100 ml), mentre molti cibi che mangiamo ogni giorno hanno sodio in grammi, cioè migliaia di volte di più. E anche per questo dobbiamo bere molta acqua.

Sodio in alimenti e acque (NV 2013)_thumb[5]

I PERICOLI DEL SALE E DEI CIBI SALATI PER LA SALUTE. Un consumo eccessivo di sale può favorire l’ipertensione arteriosa, soprattutto nelle persone predisposte.  Il meccanismo che regola l’eliminazione del sodio quando è in eccesso rispetto alle esigenze del corpo, o il riassorbimento tramite l’ormone aldosterone quando è insufficiente, potrebbe non funzionare bene. Fatto sta che l’epidemiologia e la clinica medica hanno appurato che alti livelli di sodio aumentano il rischio di malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l’aumento della pressione arteriosa, sia per altre vie. Un’eccessiva quantità di sodio nella dieta è collegata anche a un rischio più alto di infezioni di Helicobacter pylori, gastriti e tumori dello stomaco, maggiori perdite urinarie di calcio dalle ossa e perciò a maggior rischio di osteoporosi. In conseguenza, per molte persone, sane o malate, ridurre di molto e in alcune pietanze eliminare del tutto il sale può essere un’importante misura, sia preventiva, sia curativa (Inran).

BENEFICI EFFETTI CARDIOVASCOLARI DALLA LIMITAZIONE DEL SALE. Un recente studio su New England Journal of Medicine calcola che negli Stati Uniti una riduzione di 3 g al giorno di sale rispetto al consumo di oggi permetterebbe una diminuzione di ben 44.000-92.000 morti, una riduzione di 32.000-66.000 casi di ictus, e una riduzione di 54.000-99.000 casi di infarto miocardico. In Italia, se si dimezzasse il consumo medio di sale (dagli attuali 10,8 g a 5,4 g di sodio), avremmo il 23% in meno degli ictus e il 17 % in meno delle malattie cardiovascolari (Cappuccio, Strazzullo e Pavan: v. più avanti). Impossibile? Nient’affatto: una riduzione del genere è stata ottenuta in Finlandia. Ed ora vediamo qualche studio in particolare:

EFFETTI A LUNGO TERMINE DELLA RIDUZIONE DI SODIO SULLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI. Long term effects of dietary sodium reduction on cardiovascular disease outcomes: observational follow-up of the trials of hypertension prevention (TOHP).  Cook NR, Cutler JA, Obarzanek E, Buring JE, Rexrode KM, Kumanyika SK, Appel LJ, Whelton PK – BMJ. 2007 Apr 28;334 (7599):885

CONSEGUENZE DELL’ECCESSO DI SODIO

1. Facilita la comparsa (e l’aggrava se è presente) dell’ipertensione arteriosa, con conseguenti danni cardiocircolatori.
2. Favorisce gli edemi (ritenzioni idriche).
3. Favorisce e aggrava i danni renali.
4. Negli ipertesi riduce l’effetto dei farmaci ipotensivi provocando resistenza a questi farmaci.
5. Favorisce l’ictus.
6. Favorisce l’ipertrofia cardiaca.
7. Favorisce l’osteoporosi.
8. Favorisce la calcolosi renale.
9. Favorisce sovrappeso e obesità. Infatti il cibo salato mette sete, e questo spinge molti giovani a bere bevande dolci.
10. Aumenta il rischio di cancro allo stomaco.

(Fonte: G.Piccoli, nefrologo)

È ormai assodato che la riduzione del consumo di sale aiuta ad abbassare la pressione sanguigna e a prevenire lo sviluppo di ipertensione. Secondo la ricerca una dieta a basso contenuto di sodio sarebbe utile anche nella prevenzione cardiovascolare.

L’indagine ha preso in esame i dati derivanti da due trial di intervento relativi ad interventi comportamentali per la prevenzione dell’ipertensione. In totale, sono stati analizzati i dati di 744 soggetti del trial I e 2382 del trial II; tutti partecipanti avevano un’età compresa tra i 30 e i 54 anni e presentavano valori pressori poco più alti della norma (pre-ipertensione) ed erano stati randomizzati a seguire una dieta a restrizione di sodio (riduzione dell’introito del 25-30%) oppure erano stati inclusi nel gruppo di controllo.

Al termine dei follow-up, di 10-15 anni, è stata evidenziata una riduzione del 25% del rischio di eventi cardiovascolari (infarto del miocardio, ictus, morte cardiovascolare) nei soggetti nei gruppi d’intervento. Ma ad una seconda analisi dei dati, tenendo conto di altri possibili fattori confondenti (peso corporeo, escrezione del sodio, età, sesso), l’incidenza delle patologie coronariche è ulteriormente diminuita (-30%). Anche la mortalità è diminuita del 20% nei soggetti che assumevano meno sodio è tuttavia da sottolineare che i decessi per cause cardiovascolari sono stati in tutto “solo” 25: 10 nei gruppi di intervento e 15 in quelli di controllo. Se è vero che il consumo di sodio – conclude lo studio – non dovrebbe mai superare i 6 g al giorno, il consumo ideale di sodio totale per gli adulti è di circa 2,5 g/die. Bisogna comunque tenere in considerazione che tale quantità non comprende solo il sale aggiunto per insaporire i cibi, ma anche quello già presente negli alimenti.

RIDURRE IL SODIO A 2 G AL GIORNO RIDUCE ICTUS, MALATTIE CARDIACHE E IPERTENSIONE. Un altro recente studio (“Salt intake, stroke, and cardiovascular disease: meta-analysis of prospective studies”) di P.Strazzullo, L.D’Elia, N.B Kandala e FP.Cappuccio, ha confermato che un consumo medio di sale fino a 5 g al giorno, corrispondente a 2 grammi di sodio Na, esattamente 1.97 g, e comunque sotto i 6 g (circa 2,4 g di sodio), è un buon compromesso tra il gusto e la prevenzione dei rischi legati al sodio. Si tratta d’una meta-analisi di ricercatori italiani (Pezzullo et al) su numerosi studi che hanno coinvolto più di 170 mila persone in tutto il mondo, dagli Usa al Giappone, per conto della OMS e del Centro di eccellenza della European Society of Hypertension, pubblicato sul British Medical Journal. Ebbene, si è provato che chi assume non più di 5-6 g di sale al giorno riduce il rischio di ictus del 27%, e delle malattie cardiovascolari in generale del 17%. E, al contrario di quanto sostiene una recente tesi revisionista, anche l’ipertensione sarebbe minore.

Rapporto tra Potassio e Sodio negli alimenti Tabella (NV 2010)_thumb[4]

I CINQUE MODI CON CUI IL SALE FAVORISCE IL TUMORE ALLO STOMACO. Il sale nella dieta è associato al rischio di cancro dello stomaco, come provano numerosi studi. I salumi, cioè carni salate, conservate o affumicate, soprattutto i prosciutti e salumi fatti in casa o artigianali che arrivano anche al 15% di NaCl, il pesce salato (acciughe, aringhe, baccalà, salmone ecc.) e le salse di soia, sono ad alto rischio, specialmente in alcune zone e in individui in cui la dieta è carente di sostanze protettive*.

Il sale favorisce, di per sé e anche in sinergia con i nitrati naturali o aggiunti come conservanti, la reazione di nitrosazione all’interno del cibo stesso durante la stagionatura, la conservazione e il trasporto, e poi in sinergia con l’azione dei batteri del cavo orale la riduzione dei nitrati presenti nella saliva in nitriti cancerogeni, per azione della reduttasi. Questo darebbe luogo nello stomaco alle altamente cancerogene nitrosamine. In laboratorio l’assorbimento da parte della mucosa gastrica dei roditori delle nitrosamine, come pure degli idrocarburi policiclici (cancerogeni) di carni e pesci che sono anche affumicati, risulta aumentato in presenza di alte concentrazioni di sale. Inoltre, nello stomaco il sale favorisce la formazione e lo sviluppo dell’Helicobacter pylori, associato a gastrite, ulcera e tumore gastrico. Infine, l’eccessiva concentrazione di cloruro di sodio nella dieta induce una iperosmolarità del succo gastrico, con conseguente rallentamento del tempo di svuotamento e più lunghi tempi di contatto tra la mucosa dello stomaco e le sostanze cancerogene, che così svolgono un’attività di promozione del tumore*.

QUANTO SODIO SERVE AL CORPO, QUANTO SE NE ELIMINA CON I RENI. Il sodio è fondamentale per la vita umana, interviene nelle principali attività biochimiche dell’organismo; partecipa alla regolazione dell’equilibrio acido-basico; regola la permeabilità delle membrane cellulari e, insieme al potassio, l’equilibrio idrico (ritenzione o eliminazione dei liquidi); è coinvolto nella contrazione muscolare e nella conduzione nervosa. Infatti è un potente elettrolita: una soluzione di acqua e sale conduce benissimo i segnali elettrici, vitali per la trasmissione degli impulsi nel corpo umano. In condizioni normali il nostro organismo elimina giornalmente da 0,1 a 0,6 g di sodio. Questa quantità va reintegrata con la dieta, cosa che avviene automaticamente senza che ce ne accorgiamo: gli alimenti naturali per l’uomo contengono già il pochissimo sodio necessario.

E invece, ogni giorno l’adulto italiano medio, mangiando cibi conservati o industriali trattati col sale, oppure aggiungendo sale in cucina e a tavola, ingerisce in media 10,8 g di sale (cioè più di 4 g di sodio), gli uomini più delle donne (12 g). Quindi 10 volte di più di quello fisiologicamente necessario, che è solo 1 grammo. Ma molti giovani divoratori di patatine e snacks ne assumono anche 20 g al giorno, ovvero 20.000 mg! (e dire che l’acqua più “ricca” di sodio ne ha appena 8 mg!). Ricordiamo che 1g di cloruro di sodio (NaCl) contiene circa 400 mg di sodio (Na), esattamente 393 mg. In Oriente, riporta Pezzullo (v. studio più avanti), si arriva a 12 grammi di consumo medio per persona al giorno, che è davvero eccessivo. Alti livelli di consumo anche nel Nord America e in Europa dell’Est.

Una norma fondamentale è non aggiungere sale a tavola, ma solo a fine cottura, se indispensabile. Le paste da cuocere, se si aggiunge sale a metà cottura anziché all’inizio – ha scoperto un chimico italiano – assorbono molto meno cloruro di sodio. Piccole quantità di sale sono ammissibili per rendere più appetibili cibi che tenderebbero altrimenti ad avere un gusto dolciastro (soprattutto cereali e legumi secchi). Invece, insalate crude e verdure cotte – al contrario di quanto credono tutti – richiedono invece pochissimo sale solo in superficie (le prime), e niente sale le seconde. Provare per credere. Carote affettate e cavolo rosso tagliuzzato, cotti insieme per pochi minuti con un filo d’acqua e col coperchio, si versano in una zuppiera dove sono cosparsi di olio e aceto, con un pizzico di zenzero in polvere o timo, per esempio. Perfetti. Nessuno sentirebbe la mancanza di sale. Il sale spesso è solo un gesto meccanico, un’abitudine passiva.
E dato che dobbiamo consumare ogni giorno 3 o 4 porzioni di verdure, ecco perché ci bastano realisticamente solo 1-5 grammi al giorno di sale per persona. Purché si stia attenti a non assumere o ad assumere il meno possibile il “sale nascosto” in salumi, formaggi e i più diversi e insospettabili cibi industriali o conservati.

INTEGRATORI SALINI. SPORT INTENSO, CLIMA CALDO E SUDORE PROLUNGATO. Molto di rado serve integrare col sale: solo quando si fa attività fisica dura (sport o lavoro) in clima caldo, con sudore abbondante e prolungato, e perdita di peso da sudore di almeno 3kg (p.es. sport professionistico, lavoro sotto il sole estivo in edilizia o nelle ferrovie, escursionismo in montagna). In questi casi eliminando cloruro di sodio ed altri sali, si perde tono e ci si indebolisce, e se si fa sport sopravvengono crampi muscolari. In casi estremi si potrebbe arrivare allo svenimento. E’ importante in questi casi reintegrare immediatamente con qualche grammo di sale (sodio), meglio se integrale (tracce di altri sali) e acqua, più qualche frutto fresco succoso (potassio, zuccheri) o miele. Ma per persone e situazioni normali, cioè nel 99 % dei casi, ogni integrazione di sale e minerali è inutile o dannosa.

E’ il caso delle bevande industriali cosiddette “isotoniche” di moda – tipo Gatorade o Isostad – che in remoti villaggi della Grecia abbiamo visto bere a vecchiette immobili sulla sedia. Sono da evitare: del tutto prive di succhi di frutta, piene di coloranti e sostanze chimiche, di cattivo sapore, e dopotutto con pochi sali in ogni singola bottiglietta, perché la loro pubblicità tende a far bere numerose bottigliette durante l’esercizio fisico. Eppure i tanti sedentari “sportivi della domenica” ci cascano. Ma al di fuori dei casi limite già detti – conferma il nutrizionista prof. Del Toma – basta bere normalissima acqua. I sali e tutto il resto si recupereranno abbondantemente col pasto. Per di più, nelle bevande industriali il potassio aggiunto potrebbe dare aritmie, cioè alterazioni del ritmo cardiaco [come nelle bustine della farmacia, con la differenza che nella frutta il potassio è del tutto innocuo, perché bilanciato, NdR]. E queste bevande artificiali con troppi zuccheri e sali hanno anche il difetto di “fermarsi” nello stomaco, rallentando l’assorbimento dell’acqua da parte dell’organismo (E. Del Toma, Gli integratori salini, ed. Ariete Salute).

LE SORPRESE DELLA NUOVA TABELLA SUL CONTENUTO DI SODIO. Un recente studio (nell’ambito del progetto DASH) ha mostrato come il massimo contenuto di sale sia presente proprio nei cibi industriali che nell’immaginario collettivo dei consumatori non vengono considerati salati, come si può riscontrare anche nella nostra prima tabella.

La tabella del sodio, che per la prima volta riporta insieme 88 tra alimenti e acque da bere, fa vedere quanto i consumatori, distratti dalla pubblicità mistificatoria dell’acqua “senza sodio”, ignorino i veri valori e la vera scala delle quantità di sodio nell’alimentazione di oggi.

E’ duro apprendere che un etto di prosciutto, che non toglie per nulla la fame, ha ben 2578 volte più sodio, per esempio, di un etto di grano saraceno (pizzoccheri, polenta bigia ecc), che ha anche il vantaggio di sfamare immediatamente. La ragazza che in treno o in autobus mangiucchia al posto del pranzo quello che a lei sembra un carboidrato dietetico (“non fritte”, strilla l’etichetta) e che magari, penserà lei sbagliando, “non fa ingrassare come la pastasciutta”, non sa che il pacchetto da 250 g di patatine contiene oltre la metà di tutto il sodio consentito nella giornata. Senza considerare i pessimi grassi industriali cotti e l’assenza di fibre, e per tacere della mancanza assoluta di accompagnamento con cibo crudo (verdura e frutta).

LE MAMME CHE…: “AL MIO BAMBINO SOLO ACQUA OLIGOMINERALE!”. Meraviglia che per avere l’equivalente in sodio di un panino al prosciutto (ben 2 g, cioè 2000 mg di sodio) bisognerebbe bere fino a morire ben 23 litri di un’acqua minerale ritenuta ingiustamente “molto sodica” come la Uliveto, e addirittura 128 litri della oligominerale Levissima.

E infatti siamo sicuri che nessuna giovane “mamma media”APPD (“ansiosa e pediatra-pubblicità-dipendente”) darebbe mai da bere al suo bambino un’acqua che la pubblicità le fa credere che sia “salata”, praticamente di mare, come p.es. la Uliveto (in realtà ottima, ricca di calcio assimilabile, e con soli 8,7 mg, cioè millesimi di grammo, si badi, non grammi, di sodio per bicchiere), ma gli darebbe la Levissima (0,18 mg) o un’altra ancora più “leggera” super-oligo-minerale, più insipida e inutile (o dannosa) della neve sciolta. Differenze di milligrammi di cui il corpo umano neanche si accorge, in una dieta quotidiana di varie centinaia di migliaia di milligrammi (etti) per un bambino, o addirittura di un milione (un chilo) e più di milligrammi per un adulto! Ma il pediatra, anch’egli suggestionato dalla pubblicità, siamo sicuri che approverebbe. Però poi la buona mammina lascia che il bimbo metta sale sui cibi prima di assaggiarli e poi divori patatine o pop corn (e solo 100 g, poi?), il cui sodio – se il pargolo si limita a un etto, bontà sua – equivale a ben 123 bicchieri della ingiustamente temuta Uliveto.

ALTRO CHE SODIO, E’ IL POTASSIO CHE DEVE SEMPRE PREVALERE. In un’alimentazione sana e naturale, calcolando l’intera dieta giornaliera, il potassio deve prevalere di gran lunga sul sodio, vista la composizione degli alimenti, molto più ricca di potassio che di sodio. I peperoni, p.es., hanno 210 mg di potassio e solo 2 di sodio, i fagioli secchi hanno ben 1445 mg di potassio e 4 mg di sodio, le lenticchie rispettivamente 980 e 8, le mele renette 105 mg di potassio e solo tracce di sodio, le arance 200 mg e 3 mg.
Ma è importante anche, come mostra la seconda tabella, prestare attenzione ai singoli cibi che hanno di per sé, come composizione allo stato naturale, il più alto rapporto tra potassio e sodio, minerali che nell’organismo sono antitetici. Sempre nella dieta, nel singolo pasto, se possibile nella singola pietanza, dovrebbe prevalere il potassio.

E se ci si accorge di aver ecceduto per un piatto o un panino con troppo sodio? Basta compensare nello stesso pasto con grandi quantità di potassio: insalate crude, contorno di verdure e ortaggi cotti, legumi non salati, frutta fresca e secca. Tutti alimenti quasi privi di sodio. E ovviamente insalate e verdure cotte devono essere pochissimo o per niente salate, se no si annullano i loro vantaggi.
Attenzione alla cosiddetta “frutta secca” (non si capisce perché solo in Italia tra uvetta, albicocche e fichi secchi si inseriscono – addirittura nelle tabelle nutrizionali – anche i semi oleosi, che non c’entrano nulla, straricchi come sono di grassi. Con la conseguenza psicologica che la gente, a causa del rassicurante nome di “frutta” potrebbe non far caso che i semi oleosi sono spesso ricoperti di sale (arachidi, pistacchi, mandorle, nocciole, anacardi, semi di zucca).

DISSALARE LA MACROBIOTICA, SE NON LA SI VUOLE PROPRIO ABBANDONARE. La dieta macrobiotica, tradizionalmente molto salata, ricca com’è di salse di soia e miso (v. sopra, tabella del sodio), gomasio (sale e sesamo), umeboshi (prugne salate), conserve di verdure (salatini) e altri condimenti e pietanze salate, vede largamente prevalere il minerale sodio (considerato Yang) sul potassio (Yin), tutto il contrario di una buona dieta sana e naturale. Si vedano in un esauriente saggio monografico quello che hanno provato vari studi scientifici su questa dieta molto salata. Se non la si vuole del tutto abbandonare, va almeno notevolmente moderata, riducendo e quasi eliminando il sale di cottura e condimento in cereali e legumi, di per sé ricchi di potassio e poverissimi di sodio, riducendo a poche gocce le salse di soia, diluendo molto il miso, e riequilibrando l’intera dieta con almeno 5 o 6 porzioni al giorno di verdura cruda e cotta senza sale, condita solo con olio, erbe e spezie, più abbondante frutta fresca.

LA CIVILTA’ DEL SALE. Per gli Antichi il sale era spesso raro e costoso. Però era uno dei pochi mezzi a disposizione per conservare e insaporire il cibo. Nella preistoria e nelle valli più isolate, per insaporire alimenti spesso ingrati e tentare di conservarli, si era arrivati a usare il salnitro delle pareti delle caverne umide e perfino a bruciare arbusti per ricavarne potassa da usare al posto del sale. Le popolazioni dell’interno, lontane dal mare, mangiavano quasi senza sale. Gli antropologi dicono che è davvero accaduto storicamente, i fisiologi e i patologi dicono che è possibile, anzi benefico. Una prova? In Amazzonia, gli indigeni della tribù Yanamano vivevano benissimo con un introito giornaliero di appena 0,1 g di sale.

Diverso il caso dei popoli marinari. Etruschi e Romani, Egizi e Greci, avranno certamente abusato prima di conserve salate e poi di salse (dal lat. sal = sale, condimenti a base di sale), come tuttora i popoli costieri d’Oriente e come noi moderni fino alla prima metà del Novecento, in alcuni Paesi fino ad oggi.
Sulle selle dell’Appennino ci sono ancora tracce delle mulattiere dove i muli che salivano dal mare, carichi di sale, baccalà, acciughe sottosale, capperi sottosale, conserve di verdure e salse incrociavano i muli che scendevano dalla montagna carichi di formaggi salati, lardo salato, talvolta cosci di cinghiale salati, butirro (grossa scamorza contenente una palla di burro salato, spesso irrancidito). Era l’illusoria convinzione che il sale potesse conservare qualsiasi cosa. Era la civiltà del sale.

Nei villaggi, fino a 50 anni fa, tutte queste conserve si comperavano alla fiera settimanale o sui carretti ambulanti, nei paesi più grandi nell’unico “spaccio” esistente, mentre in città c’erano appositi negozi dedicati, spesso di lusso, chiamati “salsamenterie”. Non per caso trasformati oggi in salumerie.
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INVENZIONE D’UN SAPORE E STATUS SYMBOL. Una volta scoperto questo sapore forte, insolito perché nessun cibo naturale dell’uomo è salato, gli Antichi ne saranno stati sedotti, come da una droga di cui non è più possibile fare a meno. Ed erano tempi in cui c’era penuria di sapori forti, le pietanze erano insulse, i condimenti assenti o parchi perché le spezie erano rarissime e costosissime, alcune come l’oro.

Perfino nelle insalate, dove all’inizio mancò certamente l’olio, ma mai l’aceto (si chiamavano infatti acetaria), poteva mancare il sale. Il sale, perciò, era spesso desiderato, costoso perché doveva essere trasportato dal lontano mare a dorso di mulo o su carri di buoi per giorni e giorni. Divenne anche una merce di scambio per comperare altre merci nei traffici mercantili. Solo i ricchi o gli abitanti delle coste, perciò, avranno aggiunto molto, troppo, sale alle pietanze.
Il prezioso liquamen o garum degli ultimi secoli di Roma era una salsa ricavata dalla lunga salamoia aromatica di pesce, salatissima come la salsa di soia. Un garum rozzo e semplificato, senza aromi e con molta chimica, esiste ancor oggi in estremo Oriente (nuocmàm), e infatti è dall’Oriente che lo presero i Greci e i Romani. La polpa che ne restava, l’allec, analoga ad una pasta di acciughe o al miso, ma più aromatica, era una leccornia di poco prezzo che si contendevano operai e contadini, e anche i cittadini poveri nelle taverne, che la spalmavano sul pane nero. Per molti di loro era l’unica proteina animale della giornata.

Ed erano salatori raffinati gli Antichi. Nelle ricche cucine di Roma, oltre al sale grigio e umido (oggi lo definiremmo “sale integrale”, perché aveva cospicue tracce di altri sali oltre al cloruro di sodio puro che è il nostro sale bianco raffinato), c’erano anche anfore piene d’acqua di mare e di salamoie con varie concentrazioni, per poter con più precisione e rapidamente salare con sale già diluito. E in Grecia il famoso vino di Chios si faceva pigiando l’uva nell’acqua di mare che lo conservava meglio.

LORO NON LO SAPEVANO, MA C’ERA IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA. Ieri e l’altroieri, dunque, era giustificato il sale. Eppure, c’era, doveva esserci, già allora, il rovescio della medaglia. La stretta analogia con la moderna epidemiologia dell’Oriente e dei Paesi meno sviluppati suggerisce che soprattutto Greci ed Egizi, e in minor misura Etruschi e Romani che erano straricchi d’acqua e verdure crude, con tanto sale a disposizione, tante salse salate, tante conserve, sia pure salate, mantenute a temperatura ambiente più o meno bene (nitriti, muffe ecc), e con lunghi periodi dell’anno senza poter mangiare frutta fresca e ortaggi crudi durante i pasti (la vitamina C protegge lo stomaco dalle nitrosamine e riduce le infezioni di Helicobacter pylori), dovevano morire molto più di noi moderni Occidentali di cancro allo stomaco e all’esofago. Tipi di cancro che infatti sono ancor oggi i primi in Oriente e nel Sud del Mondo, in Cina, Corea, Indonesia, Colombia, anche Giappone, dove proprio come nei tempi antichi si mangia molto salato e molte conserve salate, dove si usa poco o nulla il frigorifero, dove si consumano pochi vegetali crudi durante i pasti. Il frigorifero, perciò, ci ha salvato due volte: conservando e diffondendo ovunque il consumo di verdura e frutta fresca, e rendendo teoricamente “inutili” le conserve sottosale.

MA L’UOMO MODERNO AMA ANCORA IL SALE. Il gusto dell’uomo si è ormai abituato al sale. Quelle che erano solo conserve di contadini, pastori e pescatori, “cibi del bisogno” perché li aiutavano a vivere una volta venduti in città, continuano in realtà ad essere consumate, anzi oggi sono golosità o cibi costosi: prosciutti, salami, salsicce, ventresca, guanciale e lardo pregiato, bresaola, bottarga, sottaceti, salmone, aringa, taramàs, caviale ecc. Tutti cibi che senza il sale non potrebbero esistere. E’ ancora ricercato perfino il puzzolente umile baccalà, ieri unico “pesce dei montanari” insieme con acciughe e aringhe, oggi con tanto pesce fresco a disposizione, potrebbe sembrare assurdo, quasi ridicolo. In fondo anche i formaggi, pur con le profonde trasformazioni biochimiche che li differenziano dal latte, che altro sono se non “conserve di latte” sottosale? E l’industria, come il pastore o il contadino antico, mette sale dappertutto, stavolta però, prendendo la gente non per bisogno ma per la gola. Altro che “conservante”, aggiunge sale come puro sapore, perché sa che l’uomo moderno è ormai drogato, è sale-dipendente.
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NON SOLO A BARI: VIVIAMO IN UNA SOCIETA’ “ALOFILA”. I bambini, lo sanno tutti, sono attratti da patatine salate, noccioline salate, salatini, pop-corn, snacks, merendine, barrette, finti muesli pronti in scatola, facili da mangiare. Se mamme e maestre sono così poco sveglie da non impedirglielo. E in ogni Paese del mondo hanno la cattiva abitudine di salare le pietanze a tavola prima ancora di averle assaggiate. E le mamme non intervengono mai. Anzi, sono le prime a salare in cucina, anche loro senza assaggiare. E al piccolo che dovrebbero educare chiedono: “Amore, che cosa vuoi per cena?” Più che mamma, cameriera di ristorante: il cliente ha sempre ragione.

E gli adulti sono come i bambini in fatto di gusto per il sale. Ovunque si vada, dal Nord al Sud, ormai si mangia male, cioè salato-dolce-grasso dappertutto, anche in casa. Altro che “Dieta Mediterranea”, che del resto è un’invenzione americana per fare business. Già il pane italiano, uno dei peggiori al mondo, è salato in modo intollerabile, tranne che nelle zone “etrusche” (Toscana, Alto Lazio e Umbria) dove però per lodare il pane “sciocco” o “sciapo” si dice che “è perfetto col prosciutto salato”. Ma per fortuna il pane integrale dei negozi bio è poco salato. E pensare che in 20 minuti chiunque in casa potrebbe impastare da sé un ottimo pane integrale, aggiungendo ad un chilo di farina al massimo un cucchiaino di sale, anziché un cucchiaio colmo.

Non parliamo dei ristoranti all’italiana. Memorabile un’intera cena, salatissima, in un ristorante tipico del centro di Bari: antipasti, spaghetti, pizza, mozzarella in treccia, contorni, insalata, pane, tutto era immangiabile: aveva un solo sapore, quello del sale. Il pane pugliese, in particolare, è salatissimo. Cardiologi e nefrologi baresi saranno contenti. Un amico mi confermò che in tutta la Puglia la gente ama il cibo “saporito”, per usare un eufemismo. E tutto il Sud Italia, tutti i Paesi del Mediterraneo, mangiano salato. Anche quando non fa caldo, anche quando non si suda minimamente. Ormai è un gusto acquisito. Lo stesso in Oriente e nel Sud del Mondo, dove il sale serve ancora per la conservazione.
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A TAVOLA LE COMPOSIZIONI DEGLI ALIMENTI CAMBIANO. Al contrario, il troppo sale copre quel po’ che resta del sapore di alimenti ormai quasi privi di caratteri organolettici, devitalizzati da raffinazione, stracottura, soffrittura e frittura. Tutto è appiattito e reso simile, intercambiabile, dall’ottusa salatura. Si neutralizzano perfino le proprietà degli alimenti, senza contare lo scompenso dell’equilibrio elettrolitico.

Uno mangia un bel piatto di cicoria a scopo diuretico? Macché, non urina, perché la cicoria è scandalosamente satura di sale. Mentre le verdure cotte e in parte quelle crude dovrebbero essere assolutamente senza sale (provare per credere): solo olio, erbe aromatiche, aceto, aglio o cipolla. Insomma, è come se la cicoria avesse cambiato composizione.

A che servono le tabelle nutrizionali? A tavola tutto cambia. Una zuppa di verze, un contorno di spinaci, un piatto di broccoletti di rape, che dovrebbero in teoria dare molto potassio, sia al ristorante che nelle famiglie vengono serviti salati. Il potassio è sopraffatto ed eliminato dal sodio. Il gusto distrutto. Una vera violenza alla natura dei cibi, stupida come tutte le violenze.
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LA DOTTORESSA LOGICA, MA NON BIOLOGICA: “POCO POTASSIO? MANGI BANANE”. Come meravigliarsi se poi le analisi di molti pazienti danno una strana “carenza di potassio”, in teoria inspiegabile con gli alimenti come li fa la Natura, cioè non trasformati, visto che tutti, dalla albicocca alla zucca, dalla carne al pesce, sono ricchi di potassio? Ma la dottoressa della Asl non sa nulla di nutrizione, però ha comperato il cd di dietologia per medici. Legge il referto e non batte ciglio: c’è scritto “K sotto la norma”? Non si pone il problema che è proprio l’intero equilibrio elettrolitico che si è rotto. Inserisce il cd nel computer con la lista in ordine alfabetico dei frutti contenenti potassio. “E allora, signora mia, mangi banane. altrimenti, prenda le bustine di potassio in farmacia”.

Logica, forse, ma non biologica. Non passa mai per la testa che oltre agli scompensi causati da qualche malattia, per limitarsi agli alimenti, è il sodio in eccesso ad annullare il potassio, visto che Na e K sono in antitesi. Ma anche chi lo sa non lo dice, perché vietare o ridurre di molto il sale in Italia significherebbe essere impopolari, antipatici, forse anche perdere qualche paziente.
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L’INUTILE “GIARDINO D’EUROPA”: MA PERCHE’ NON SOSTITUIRE IL SALE CON LE ERBE? Anche gastronomicamente il sale dà problemi: modifica tutti i sapori delle pietanze e appiattisce il gusto. E’ usato a sproposito, guarda caso, proprio da quei cuochi che ignorano le erbe e le spezie, tranne il solito peperoncino e tutt’al più un’ombra di origano. E mentre nessuno protesta per il sale, c’è sempre qualcuno che protesta per quest’erba o quella spezia che sostituiscono egregiamente il sale (origano, timo, santoreggia, maggiorana, menta, mentuccia, anice, finocchio, salvia, aneto, zenzero, curcuma, pepe, peperoncino ecc). E abbiamo erbe a profusione, ricche di potenti principi attivi, dal forte potere antiossidante e anti-cancro. L’Italia è davvero il giardino d’Europa con le sue 6000 specie botaniche sulle 11000 europee. Niente da fare: l’Homo italicus non ama le sue stesse buone erbe che il mondo ci invidia, come certi batteri si è trasformato in una mostruosa specie “alofila”, cioè amante (philos) del sale (alos). Solo la paura di morire (v. più avanti), forse, potrà fermarlo.

SOSTITUTI DEL SALE

Numerosi condimenti e anche alcuni cibi possono essere usati in sostituzione parziale o totale del sale. Innanzitutto, i contorni nello stesso piatto (rucola, pomodorini, funghi o melanzane a fettine cotte al forno o in padella ecc.), le erbe aromatiche, i loro semi, e gli ortaggi piccanti (aglio, cipolla, erba cipollina, timo, santoreggia, origano, basilico, prezzemolo, maggiorana, menta, mentuccia, salvia, rosmarino, finocchiella, anice ecc.), le spezie (zenzero, curcuma, pepe, peperoncino, noce moscata, chiodo di garofano, cannella ecc.), gli aceti (aceto di vino, aceto di mele ecc.), lo yogurt, i semi oleosi (noci, mandorle, nocciole o pinoli tritati al momento), le salse (maionese con uova e limone ecc.), passati o purea di ortaggi vari (passato di pomodoro, crema di funghi, carote, melanzane ecc). E così via.

.k.
NON SI PUO’ DIRE, MA E’ IL VERO CIBO-SPAZZATURA. Il sale è la prima delle tre droghe che impediscono un’alimentazione sana e naturale, e che costituiscono la base per moltissimi cibi “fast food” di oggi e di ieri. Infatti, a ben vedere, è fast food anche l’antico pane e prosciutto, in lat. panisperna (a Roma c’è una via dell’antica Suburra con questo nome), precursore del panino di McDonald. Infatti già nell’antica Roma, Catone tuonava contro la moda dei panini da mangiare fuori casa, che soppiantava minestre, zuppe e polente.

Fatto sta che sale, zucchero e grassi sono alla base del “cibo spazzatura” o junk food, che dà – variano le forme ma la sostanza nutrizionale è la medesima – solo amidi raffinati intrisi di olio cotto e sale, oppure amidi raffinati impregnati di zucchero e grassi. Il simbolo è la patatina salata, fritta o no: nessuna sostanza protettiva, calorie vuote, molti radicali liberi. E questo accade in tutto il mondo, ormai.

Insomma, fateci caso, il cibo-spazzatura più insidioso è oggi quello salato, perché spesso considerato tradizionale, addirittura “sano”, “genuino”, insomma il “cibo della nonna”, come gli ortaggi, le carni, i grassi e i pesci conservati. E talvolta, nel cibo industriale tecnologico, è contemporaneamente dolce e salato (merendine, torte pronte, cereali pronti da colazione, alcune caramelle). Perfino nella pasta sfoglia del supermercato c’è molto sale, mentre in quella fatta in casa ovviamente non c’è.

Va ribadito che il problema del troppo sale non tocca solo il cibo moderno, pronto e industriale, come tutti pensano, ma anche i cibi trasformati tradizionali. Entrambi andrebbero modificati negli ingredienti: è facile e possibile.
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PUBBLICITA’ E DISINFORMAZIONE: DUE SCUSE PER L’IGNORANZA. Ma nel Sud Europa, p.es, in Italia, non c’è neanche quel minimo di maturazione scolastica, civile e intellettuale del cittadino che lo porta all’informazione, all’aggiornamento sulla nutrizione. Anche nel mondo anglosassone e nordico la massa è mediocre, ma là almeno gli esperti sono esperti, cioè non dicono cose banali (“Mangiate un po’ di tutto”) ma invitano a fare scelte precise, coraggiose, portando le prove di quello che dicono. Anche per questo la scienza da quelle parti ha prestigio, e le campagne salutistiche vengono seguiti dalla gente comune. In Finlandia. Regno Unito e Stati Uniti la gente ha imparato in soli 20 anni a ridurre il sale, i grassi animali, a usare l’olio, a mangiare molte verdure e frutta.

SLOW FOOD TALVOLTA MENO SANO DEL FAST FOOD. Da noi invece la gente oppone una sorda resistenza alle ultime verità scientifiche, che oltretutto concordano con la nostra più antica e vera Tradizione, quella etrusco-romana che creò l’alimentazione italiana a cominciare dai singoli ortaggi. E allora, si mangiava pochissimo salato. Ci si rifugia, invece, per reazione (è il caso emblematico di Slow Food) in una presunta “tradizione” recente piccolo-borghese o pseudo-contadina “del giorno di festa”, che era già sbagliata nel Novecento: con troppo sale, troppi cereali raffinati, troppo cotta, troppo grassa, troppo pesante da digerire, poco salutare. Insomma, l’esatto uguale-e-contrario del fast food.

Anzi, uno sfatto stracotto (3-4 ore) di manzo col sugo salatissimo e denso come strutto, una porchetta bruciata al girarrosto con 2 centimetri di lardo sotto la pelle e patate impregnate di grasso animale, un dessert di grassi formaggi pieni di sale dopo un pranzo di più portate, certi sformati e pasticci grondanti carni grasse, riso raffinato, uova e altro, in un tutt’uno che fa ribrezzo solo a leggerne la ricetta, sono sicuramente peggio per la salute di un panino integrale al formaggio con contorno di insalata mista che si condisce a piacimento. Del resto, la povera cena degli Antichi era sicuramente fast food, altro che slow food. E prima di fondare associazioni fintamente “tradizionaliste”, in realtà snob, bisognerebbe aver studiato non la cronaca, ma la Storia, cioè non le recentissime straricche “ricette della nonna” tra fine Ottocento e Novecento, ma almeno i concetti di base della millenaria nutrizione umana, se non ci si vuole coprire di ridicolo.
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SALUMI E FORMAGGI DAPPERTUTTO. E IL CIBO FRESCO? Se Catone vivesse oggi direbbe scandalizzato che pur stando comodamente seduti davanti alla tv, l’uomo moderno mangia come gli operai e i contadini nell’intervallo del lavoro all’aperto, sotto il sole: un po’ di salame (salatissimo), una fetta di formaggio (salato), una manciata di olive (salatissime), un pacchetto di crackers (ricoperti di sale), una busta di sticks o salatini, una busta di patatine fritte (salate), un piatto di formaggi, due barattoli di sottaceti e sottolio (salati). Ecco come si alimentano milioni di ragazzi e adulti che non amano cucinare e radunano un po’ di cibo pronto davanti allo schermo per passare insieme una serata. Tutti i loro alimenti sono a base di sale. Prima o poi si pentiranno di aver mangiato così per anni. I salumi in particolare pongono problemi gravi per i loro nitriti cancerogeni (v. studi più avanti). Ma lo stesso sale è coinvolto nelle malattie cardiovascolari, renali e tumorali.
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MA PERCHE’ CERTI FORMAGGI DEVONO ESSERE COSI’ SALATI? I consumatori sono sempre alla ricerca di improbabili “formaggi magri”, ma nessuno cerca i rari formaggi freschi senza sale. Eppure ci sono, anche se ovviamente di consumo locale e di scarsa conservabilità. Ma anche alcune mozzarelle ad ampia diffusione, trasportate ovunque da camion frigorifero verso i frigoriferi dei supermercati, possono avere pochissimo sale. La confezione perfetta, l’acido lattico presente nel latticello di governo e il poco sale le aiuta a mantenersi in buona forma igienica per poche ore o pochissimi giorni.

Non si capisce perché alcuni formaggi mediamente stagionati siano così inutilmente salati. Se si conserva il pannerone o l’Asiago, perché non dovrebbero conservarsi con molto meno sale il pecorino semi-stagionato sardo-laziale il cacioricotta pugliese, la ricotta salata sarda? Tra gli stagionati, sembra che il pecorino sardo-laziale, quello con la caratteristica scorza nera, sia il formaggio più salato del mondo.

Formaggi del genere scompensano l’intera dieta quotidiana e sono perciò assolutamente immangiabili, se non in minime quantità e bilanciati da enormi porzioni di insalata senza sale. A che serve mangiare tante porzioni di verdura e frutta, se poi un solo etto di formaggio salato neutralizza tutto il potassio dei vegetali freschi?
Quindi anche i formulari di preparazione di alcuni formaggi dovrebbero cambiare. I ricettari della tradizione vanno conservate solo se sani alla luce della scienza moderna, altrimenti vanno cancellati o modificati: ecco quello che i finti tradizionalisti che fanno affari e soldi su una “tradizione” troppo recente e già poco sana non possono capire.

Ma a proposito del pecorino, il Ballarini anni fa faceva notare come curiosità scientifica i rischi teorici del gitante tipico del Lazio, magari di mezz’età, sovrappeso e con la pressione alta, che all’inizio di maggio è solito consumare sui prati “fuori porta” grandi quantità di fave fresche (ipertensive per tracce di L-dopa) insieme con pecorino stagionato (ipertensivo per abbondante tiramina e-o altre ammine biogene). In letteratura i vecchi cardiologi riferiscono addirittura di “ictus da formaggio”, in individui a rischio e predisposti. Che direbbe il Ballarini se considerasse anche l’altissimo tenore di sale del pecorino? Una bomba cardiovascolare. I latticini meno salati sono: panna (34 mg di sodio), yogurt (48 mg), ricotta di vacca (78 mg), ricotta di pecora (85 mg), mozzarella di vacca o bufala (200 mg), caciottina fresca (299 mg).
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DAL SALE NEL PIATTO SI CAPISCE SE LA GENTE HA POCO SALE IN ZUCCA. Un imbarbarimento dovuto anche alla generale ignoranza e mancanza di senso critico. E’ una tendenza che tocca tutti i Paesi, ma che in Italia, che parte da livelli più bassi di lettura e scolarizzazione, è più grave. La gente ormai non legge, non sa, non studia, odia le scienze, non accetta né capisce le “prove” scientifiche, non si rende conto delle grandezze (p.es, non fa differenza tra unità, millesimi e milionesimi, cioè tra grammo, g, milligrammo, mg, e microgrammo, mcg o meglio mg), non sa distinguere un testo serio da un dépliant pubblicitario o da una sciocchezza di internet. L’uomo-massa è frastornato dal dibattito critico e dalle “eccezioni” alle “regolette generali” che vorrebbe. Le varie voci di una realtà sfaccettata come la scienza gli sembrano sempre “in contrasto” tra loro. E allora segue la “sicurezza” semplificatoria della pubblicità. Ma così abbandona il suo ruolo di consumatore attivo e critico per regredire a oggetto passivo dei disegni dei produttori.
Gli anziani probabilmente hanno razionalizzato le privazioni dei nonni contadini e le prediche dei preti, per i quali aromi e spezie erano un’aggiunta “artificiale” e inutile, un “piacere” illecito, una specie di “eccitante” sessuale, comunque un “lusso”. Fatto sta che il gusto si è diseducato al punto che troppi in Italia, giovani e vecchi, condiscono solo col sale il loro junk food pieno di grassi cotti e amido raffinato. Naturale che nessuno protesti per il cibo salato. Anche la lingua hanno modificato: lo chiamano “saporito”. Sì, un sapore solo, quello del cloruro di sodio. “Esaltatore di sapidità”. Ma anche di stupidità.

Bisognerebbe, perciò, informare, informare e informare, profittando anche della televisione. Che invece fa programmi superficiali, che confondono le idee, in cui tante idee balzane vengono messe a confronto per stupire, non educare il consumatore. Così si potrebbe modificare la psicologia del consumatore italiano medio tele-dipendente, stupidamente sensibile, per colpa anche di “esperti” nutrizionisti da tv, e alcuni dietologi di base, ai pochi milligrammi di sodio nell’acqua minerale, tanto da preferire l’oligominerale insipida e pericolosamente scarsa di calcio, mentre ingerisce sodio migliaia di volte in più con salumi, formaggi, patatine, pop corn, olive, conserve, snack da bar, pane, crackers, pizze, pastasciutta. Se l’alimentazione è un test d’intelligenza, gli Italiani non lo superano.
Neanche il medico medio sa che non c’è alcun bisogno biologico di sale e di sodio, oltre a quello contenuto nei cibi naturali, non trasformati dall’industria o dal cuoco. Non è necessario, perciò, aggiungere sale ai cibi – conferma l’Istituto di nutrizione di Stato, Inran, nelle sue “Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana”. Infatti, il sodio contenuto in natura negli alimenti è sufficiente a coprire le necessità dell’organismo. Il fabbisogno di sodio può aumentare in condizioni di sudorazione estrema e prolungata, come negli sport condotti a livello professionistico, oppure nel protratto esercizio fisico d’estate, quando è normale dopo aver molto sudato desiderare qualcosa di salato.
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LE TRE RISPOSTE EFFICACI PER STAR BENE E MANGIARE MEGLIO. Un’azione plurima, abbiamo visto sopra, quella del sale e dei cibi salati sull’organismo umano. Un quadro davvero allarmante, a cui si risponde solo con tre azioni contemporanee precise ma efficaci:

DIETA ANTI-SALE: L’ABC
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. Drastica riduzione o eliminazione delle conserve salate, sottosale, dei salumi, degli antipasti e dei cibi in scatola o industriali (dalle acciughe ai capperi, dalle olive al prosciutto, dal baccalà ai pomodori secchi, ai crackers). Sostituirli con i corrispondenti alimenti freschi. Eliminare anche il pane troppo salato (Sud Italia, Puglia in particolare) e i formaggi troppo salati (es. pecorino sardo-romano), sostituendoli con pane sciapo o poco salato, e latticini poco o nulla salati.
2. Notevole riduzione del sale come condimento aggiunto a tavola, oltre che durante la cucina, insaporendo le pietanze con erbe aromatiche, ortaggi (p.es. cipolla, aglio, pomodoro ecc.), spezie e altri condimenti non salati (limone, aceto ecc). E’ buona norma non disporre la saliera a tavola.
3. Verdure, soprattutto crude, e frutta fresca ad ogni pasto in notevole quantità. Utili anche per bilanciare il sale e i nitrati, grazie al potere fortemente anti-nitroso degli alimenti ricchi di acido ascorbico (vitamina, però, labile al cottura e alla conservazione a temperatura ambiente). Le 5 o 6 porzioni di verdura e frutta raccomandate dai Consensus internazionali vanno consumate, ovviamente dando molto più spazio alle insalate crude, miste e colorate (dato che 1 pz valida è di soli 100g, è facile raddoppiare e perfino triplicare le porzioni), piuttosto che alle verdure cotte. E, a proposito, attenzione a non neutralizzare le virtù delle verdure con troppo sale o olio cotto o fritto, come fanno quasi tutti nella peggiore “dieta mediterranea”, dalla normale insalata (forse è il nome che trae in inganno la casalinga?) ai famigerati “contorni” di verdure (melanzane, broccoletti, carciofi ecc) spesso immangiabili e dannosi per il sale e l’olio stracotto.

QUATTRO CONSIDERAZIONI. A margine di questo ABC di una “dieta anti-sale”, quattro considerazioni. 1. Anche uno studente delle scuole elementari capirebbe a questo punto che è davvero insensato continuare a consigliare “la frutta lontano dai pasti”, visto che la frutta fresca è un potente riequilibratore salino anti-sodio, e per di più non abbisogna di condimento… 2. E’ ottuso anche continuare nella cattiva abitudine italiana degli “antipasti” di salumi e contorni vegetali e animali conservati. 3. E’ sbagliato e dannoso pranzare senza l’accompagnamento di abbondanti verdure crude. 4. Attenti anche ai salatissimi e anti-igienici “contorni” da ristorante – alcuni dei quali già contenenti nitrati e nitriti, naturali o aggiunti dai produttori – che stazionano per ore o giorni sui carrelli di ristorante alla critica temperatura ambiente di 25-30°C e più, cioè alla mercé di ogni tipo di batteri, compresi quelli che riducono i residui nitrati in nitriti.
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LEGGERE SULLE ETICHETTE GLI INGREDIENTI IN ORDINE DECRESCENTE. Non si dimentichi, infine, di leggere bene la lista decrescente per quantità degli ingredienti sulle etichette degli alimenti. Scartare subito le preparazioni che hanno troppo sodio, sale, glutammato di sodio, bicarbonato di sodio, e altri sali di sodio, soprattutto nelle primissime posizioni. Ma attenzione, questo vale per condimenti, salse e dadi per brodo. Quando invece tra gli ingredienti ci sono sostanze voluminose o pesanti come l’amido (patatine, snacks ecc) è chiaro che in prima posizione ci saranno gli “innocui” carboidrati (mais, patate, riso, frumento ecc) e il sodio sarà riportato in fondo, spesso come ultimo componente. Questo non deve ingannare: se osservate bene i grammi, molto spesso per 100 g di patatine o snacks il sodio riportato è pari a 1000-2000 mg o più. Il che equivale a gran parte, da un quarto a metà, della quota di sodio consentita ogni giorno.
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LE ALTERNATIVE AL SALE? CENTO SAPORI E AROMI, SANI E SAPORITISSIMI. Sono infiniti i modi per eliminare o ridurre di molto il sale e i cibi salati nella nostra dieta. Da soli o insieme tra loro nelle combinazioni più diverse, ecco alcuni esempi di condimenti, sapori, aromi e alimenti adatti a risparmiare o sostituire del tutto sale o salse salate nelle pietanze, ed anche ad offrirvi suggerimenti per modificare del tutto una ricetta salata: aceto, aceto aromatico, aceto di mele, aglio, anice seme, arancia scorza, arancia succo, basilico, chiodi di garofano, cipolla, coriandolo fresco, coriandolo seme, cumino seme, curcuma, erba cipollina, finocchio seme, limone scorza, limone succo, macis, maggiorana, menta piperita, menta, noce moscata, origano, ortaggi vari, paprica, pepe bianco, pepe nero, peperoncino, pomodoro, porro, prezzemolo, rosmarino, salsa di pomodoro non salata, salvia, santoreggia, scalogno, sedano, sidro o aceto di mele, timo, vincotto, yogurt, zafferano, zenzero, ecc. Dopo, soltanto dopo, aver condito così la pietanza, ed aver assaggiato, cospargete di poco sale in polvere la superfice. Ma vedrete che in molti casi inventerete una ricetta del tutto nuova, e sicuramente più buona. Perché un piatto di cereali, p.es, deve essere così salato? Già una salsa cruda di pomodoro fresco fatta al frullatore, con l’aggiunta sul piatto di olio extravergine, basilico, aglietto ed erbe, vi fa risparmiare tantissimo sale. Ma alle volte basta condire con qualche cucchiaio di yogurt ed erbe, panna ed erbe, o anche solo ottimo olio ed erbe. Una minestra di grano integrale o di riso integrale, con contorno nello stesso piatto di legumi o verdure cotte, vuole olio e aromi, ma poco sale. Ma può anche diventare dolce. La pasta integrale e i pizzoccheri, p.es, sono squisiti non solo salati ma anche dolci, conditi con miele grezzo o zucchero nero, noci tritate, noce moscata, cannella e cacao. Ecco, perciò, altri condimenti che possono ridurre e sostituire il sale: cacao amaro, crema di latte, melassa, miele, panna di latte, pomodoro a pezzetti, pomodoro frullato (fatto in casa al mixer), uvetta, yogurt, zucchero nero Muscovado ecc.

ALTRI RIFERIMENTI NON CITATI NEL TESTO
– IARC Sci. Publ. 105, 22-32, Lyon, 1991. In particolare: FORMAN D: The etiology of gastric cancer, in O’NEILL IK, CHEN J & BARTSCH H, Relevance to human cancer of N-nitroso Compounds etc.
– BALLARINI G., Rischi e virtù degli alimenti, Calderini 1989.
– SANTORO E & GAROFALO A. Il cancro dello stomaco negli ospedali italiani, N. Ed. Sci. Rom., 1996.

Di Nico Valerio

Alimentazione naturale

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