L’ossessione degli Americani per la carne di pollo

Uno studio della University of Alberta Meat Control evidenzia i cambiamenti preoccupanti nelle dimensioni e nel peso dei polli negli ultimi 60 anni. Mentre in tutto il mondo aumenta il consumo della carne bianca a scapito di quella di manzo e di maiale.

Il pollame è destinato a diventare la carne più consumata al mondo nel corso dei prossimi 5 anni, secondo un rapporto pubblicato dall’Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD). Questo vale principalmente per gli Stati Uniti d’America, dove il consumo della carne di pollo supera di gran lunga quello di manzo e maiale. E, a causa delle continue raccomandazioni dietetiche nel mangiare meno carne rossa, l’ossessione degli Americani nei confronti della carne bianca di pollo non conosce sosta da 30 anni a questa parte. Le conseguenze di questi comportamenti alimentari però stanno raggiungendo limiti biologici e umani incredibili. Per avere un’idea di quanti polli finiscono sulle tavole degli Americani, basta comparare i dati del grafico sottostante: l’americano medio mangia pollo quattro volte in più rispetto a quanto faceva in passato, esattamente ai primi anni del 1900, secondo i dati dello United States Department of Agriculture (USDA). Al momento, si stimano circa 80 punti, pari a 9 galline l’anno pro capite.


Oltre al danno, la beffa. Più gli americani mangiano pollo, più cresce la domanda, in un circolo vizioso senza freni dalle conseguenze allucinanti: il codice genetico delle galline viene forzato per soddisfare la fame degli Americani. «Se la gente continuerà a mangiare pollo in abbondanza – afferma Michael Lilburn, professore presso l’Ohio State University’s Poultry Research Center – i polli dovranno diventare ancora più grandi. Probabilmente dovremo aumentare la quantità di carne nel petto delle galline». Delle dichiarazioni e delle stime che non lasciano dubbi: gonfiare le galline per soddisfare la fame degli Americani. L’industria del pollame ha dovuto adeguarsi e tenere così il passo di questa ossessione. Le nuove tecnologie degli anni ’40 del 1900 hanno permesso una migliore nutrizione dei volatili e un più efficace controllo delle malattie, oltre ad una proficua gestione della produzione. Più tardi, i progressi nell’imballaggio e nel trasporto hanno facilitato la crescita delle aziende avicole commerciali. Ma i passi da gigante l’industria li ha fatti selezionando i tratti genetici delle galline maggiormente commerciali, in particolare quelli dei volatili più grandi. Uno studio della University of Alberta Meat Control, pubblicato lo scorso autunno, evidenzia i cambiamenti preoccupanti nelle dimensioni e nel peso dei polli negli ultimi 60 anni. Gli uccelli, che un tempo pesavano poco più di 900 grammi in piena crescita, ora pesano più di 4 chilogrammi. Il grafico sottostante mostra il peso relativo a tre razze in tre diversi periodi: 1950, 1970 e 2005. E le galline “oversize” sono ora diventate uno standard industriale. Tutto è a base di carne bianca. E questo ha costretto l’industria a trattare uccelli di più grandi dimensioni.

 
Ma come si è arrivati a tutto ciò? La carne bianca è quella più economica e accessibile. I bovini e i suini costano di più rispetto ai polli e questo facilita il consumo di essa anche tra le classi meno abbienti. Il pollo dunque è a buon mercato, ed è la fonte principale di proteine tra le carni. Per questo motivo, la Tyson Foods, il più grande produttore di carne, ha previsto una crescita costante della domanda di pollo. Se tutto va secondo i piani della multinazionale, le dimensioni del pollame cresceranno. «Ancora non si è raggiunto il limite massimo di peso – chiude Michael Lilburn – Probabilmente si raggiungerà il limite solo quando ci sarà una perdita di qualità del prodotto, quando gli effetti collaterali saranno troppo onerosi. Ma ancora siamo lontani da quel punto».

di Massimo Nardi

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