L’igienismo tra nonne, caciotte, bagordi e baccanali

Ciao dottore, sono Marco di Roma, 27 anni, e la ringrazio per le tesine interessanti che mi invia periodicamente. Ho passato tre notti insonni a spulciare su internet per capire chi ha torto e chi ha ragione.

Alla fine ho ricevuto la conferma sicura ed inequivocabile che lei ha ragione. Le fonti attendibili sono tutte a favore di un’alimentazione assai simile a quella che lei propone. Ma c’è una parte di me che non ne vuole proprio sapere. Sono in vera crisi.

Ho eliminato il latte, che tra l’altro mi ha sempre dato problemi di digestione. Ho incrementato frutta e verdura in pieno stile vegano, includendo frutta secca e tutto quanto da lei consigliato. Mi sono pure ripromesso che quando deciderò liberamente cosa mangiare, sarà sempre per una dieta scrupolosamente vegana. Ma per il momento, mi chiami pure vigliacco, sarò costretto nelle occasioni mondane (feste, compleanni, matrimoni, battesimi, party) ad ingerire modeste quantità di carne, pesce, uova e latticini.

Rispettare la dieta vegana crudista è proprio difficile. Non tanto per quello che si deve mangiare. A me piace poi molto la frutta ed anche la verdura cruda. Il problema è piuttosto il mondo in cui viviamo. Innanzitutto la famiglia. Da quando ho cominciato a parlare di veganismo e di crudismo, mi guardano tutti come fossi un fanatico da strapazzo, e stia certo che non è affatto una cosa piacevole. “Ma dove hai sentito queste cose? Chi ti ha mai messo in testa queste stupidaggini?” Per non parlare della nonna, che fino a poco tempo fa consideravo la depositaria di ogni sapere culinario e mangereccio. Sembra che tutti vedano la dieta salubre, naturale ed innocua, come un pericoloso nemico, come qualcosa di inopportuno e deleterio.

Capita almeno due volte a settimana di ritrovarsi a cena con gli amici. Inutile dire che il menù è tutto fuorché vegano, essendo a base di amatriciane, carbonare, caciotte primo-sale dello zio pastore in montagna e vini di tutti i tipi. A frutta e verdura viene riservato un posto infimo e marginale. Devo pure aggiungere che tutti questi cibi hanno a parer mio un sapore strepitoso e sono per me irresistibili.

E’ curioso che proprio quando vorrei cercare di modificare la mia dieta in modo abbastanza drastico, le occasioni per fare festa, per mangiare e bere in buona compagnia siano aumentate a dismisura. Ultimamente ci sono state due lauree, tre compleanni e due battesimi. Per fortuna che una coppia ha cambiato idea all’ultimo istante, sennò ci sarebbe stato pure un ennesimo pasticcio matrimoniale. E ad aggravare la situazione c’è, ironia della sorte, il fatto che io sono grassottello, mentre i miei amici sono campioni di magrezza.

Fino a poco tempo fa ero la mejo forchetta, come si dice a Roma. Quindi le mie richieste di mangiare cose diverse dal menù approvato all’unanimità appaiono abbastanza ridicole ed inappropriate. Se chiedo delle fragole al posto del prosciutto, parte il boato e scateno l’ilarità dei convenuti. Vede, per me l’aspetto sociale è molto importante, soprattutto in questo periodo delicato della mia vita. Rispetto a qualche anno fa riesco a tessere rapporti con diverse persone, senza rinchiudermi nel mio solito guscio fatto di solitudine e di tristezza. La mia paura è che la faccenda dell’alimentazione diventi un motivo per ritrovarmi come prima, malinconico e abbandonato.

Riuscire a gestire il tutto non è per niente facile quando si è circondati da persone che vedono questo modo di alimentarsi come fanatico e snob. Finché siamo a casa o al lavoro, tutto risulta semplice poiché ci si può organizzare. Ma quando si esce dal guscio, come la mettiamo? Come si fa a superare questi intoppi iniziali? Ci vuole una fermezza che io non credo di possedere. La dieta vegana crudista tutto sommato è facile da realizzare. Ma con l’aspetto culturale e sociale, come si fa? Bisogna forse precludersi ogni occasione mondana? Lei come ci è riuscito?

Vorrei anche chiederle come mai molte persone, amici e parenti, nonostante mangino ogni cosa ed in ogni quantità non ingrassano? E le assicuro fanno esattamente quello che faccio io, cioè modestissima attività fisica. Questo è per me un fitto mistero scientifico che non riesco a risolvere. E ci sono quelli come me (ne conosco molti) che penano per mandar via dei chili di troppo. Questa ingiustizia non favorisce certo le mie considerazioni e i miei tentativi virtuosi quando sono in mezzo a persone pigre, magre e mangione. E’ un rospo che proprio non riesco ad ingoiare. Non sarà che le cose funzionano alla rovescia? Per carità, ho le mie responsabilità nell’essere sovrappeso e indolente. Ma quando si è in compagnia a tavola, odio sentire certe frecciate tipo “Come mai oggi mangi così poco?”, quasi ad alludere che noi corposi quando siamo a casa ci sfondiamo di cibo. Vedo le loro bocche che ingurgitano chili di pasta sia a pranzo che a cena, mentre io mi limito ad un etto soltanto. E tutte le certezze del caso se ne vanno a farsi fottere. Il mangiare tanto riferito agli obesi, e il mangiar poco riferito agli stecchini, sembrano essere regole sballate. Il che mi manda a pezzi.

Il padre di mio cognato, tanto per fare un esempio, ha 70 anni ed è un bevitore accanito. Si attesta sul litro e mezzo di vino rosso giornaliero. Mangia moltissima carne e altrettanto formaggio. Ha una dispensa, tipo grotta, stracolma di ogni cosa. Salsicce, prosciutti, caciotte. Tutte cose che mangia ad ogni pasto. E questo lo fa dagli anni di gioventù. Non ha mai avuto problemi seri con la salute. Un giorno andava sbandierando le sue analisi del sangue soddisfatto come un bambino, prendendosi gioco di tutti noi femminucce salutiste. Il colesterolo rientrava nei limiti e così pure i trigliceridi. Ho visto le sue analisi coi miei occhi. L’unico problema è il suo stato di sovrappeso serale, quando è ubriaco fradicio, pieno di vino fino ai capelli. Che si sia forse messo d’accordo con un laboratorio d’analisi per fare uno scherzo a tutti?

Questi episodi mi mettono in crisi. Mi scusi se posso sembrare lamentoso o infantile, ma devo assolutamente placare il conflitto che ho dentro di me. Lei cosa ne pensa? Se vuole le mando dell’ottimo olio extravergine prodotto dalle mie olive, spremuto a freddo con metodi assolutamente naturali. Mi lasci un recapito. Con affetto. Marco

Carissimo Marco, ti faccio i miei complimenti per il tuo messaggio che è una piccola opera d’arte. Un quadro a tinte vivaci della situazione reale, raccontato in modo spassionato e sicuramente umoristico al punto da farmi scoppiare in fragorose risate solitarie. Sei in possesso di notevoli doti psicologiche ed hai pure la stoffa del romanziere sintetico che sa andare in modo brillante ai punti chiave.

Comprendo benissimo la tua situazione. Ho vissuto tutta la vita le stesse esperienze. Quando da ragazzi si facevano le scorribande nelle osterie del Friuli, nelle zone vinicole-doc di Faedis, Nimis, Savorgnano e Attimis, era obbligatorio il bicchiere di vino. Eravamo in quattro o cinque ragazzi, a volte anche più. Le partite di calcio non bastavano a soddisfare la nostra voglia di evadere dal tran-tran quotidiano. In una serata si potevano fare anche 10 puntate, per cui una dozzina di bicchieri a cranio erano nella norma.

C’era lo stop obbligatorio al bar delle Tettone, c’era l’osteria del paesino successivo con la moretta ammiccante, o la frasca di campagna con la contadinotta scherzosa. La regola folle numero uno era quella di buttar dentro il vino e di saperlo tenere, senza ubriacarsi e senza lamentarsi, magari con la testa che ti batteva maledettamente e il sorriso sulle labbra che non poteva mancare. Ero già allora igienista e misurato in queste cose, ma avevo troppi amici e non potevo sempre rifiutare. Vuoi sapere come facevo per salvarmi? Sceglievo l’angolo del bar dotato di un vaso, e con la massima abilità da prestigiatore ubriacavo il fiore o la pianta di turno. Un tradimento d’accordo, una piccola vigliaccata anche, ma non c’era altro modo per salvarsi. E in ogni caso una ramanzina igienistica avrebbe significato una scomunica da parte degli amici.

Tra le mie esperienze successive devo citare due mesi trascorsi a Londra per le vacanze estive. Il primo di essi andando a zonzo, divertendomi ed esaurendo i risparmi che avevo a disposizione. Il secondo lavorando in un celebre ristorante di Soho, il Leoni’s Quo Vadis, che a quel tempo (anni 60) era meta dei più famosi VIP del cinema, della televisione, dello sport, della politica e dello spettacolo. La cucina si trovava nel seminterrato ed era nelle mani di una ganga di cuochi improvvisati indiani, pakistani e del Bangladesh.

Nel salone operavano i camerieri professionisti multilingua in smoking, più intrattenitori che servitori. Erano loro che con stile e maestria portavano le pietanze ai tavoli. Le pareti del locale erano tappezzate da foto degli illustri ospiti, che andavano dalla Elizabeth Taylor giovane e Richard Burton, dalla Lollo alla Loren, dai Kennedy agli Onassis. Io svolgevo con altri tre ragazzi l’umile ruolo di comis, quelli che trasportano la guantiera con le vivande pronte. Il tragitto era dalla cucina in basso a un’apposita saletta del piano di sopra, dove i camerieri disponevano il tutto lussuosamente e a regola d’arte sul vassoio dorato di servizio. La cucina era umida, puzzolente e fumosa all’inverosimile, con quindici sottoproletari sudati, malpagati e incazzati del terzo mondo, e faceva da stridente contrasto con la sala da pranzo lussuosa e vellutata dove gli artisti, le dive, i campioni e i politici di rango si deliziavano a consumare con stile ed eleganza i loro preziosi pasti. Una situazione davvero paradossale.

“Prendi questa bistecca per Alain Delon” diceva uno lanciandola con la mano sozza al collega a distanza di diversi metri. L’altro, mani altrettanto sporche, a volte la prendeva e altre no, così la fiorentina si arricchiva delle delizie di quel pavimento pieno di sputi e di insulti. Questi sguazzeri-cuochi maledetti da Dio trovavano autentica soddisfazione, e si prendevano una specie di rivincita sulla crema del mondo del piano di sopra sporcando di proposito ogni pietanza ad essa destinata. Il dolce alla crema, messo pomposamente nella buccia intera di un pompelmo svuotato, veniva utilizzata più volte dagli ignari superclienti del piano di sopra. I minestroni ricevevano gli ultimi ritocchi di pepe e di spezie, non senza una rituale mescola fatta col dito lercio dei disgraziati. In un angolo buio e stomachevole del sottoscala giacevano i resti sezionati di un povero vitello massacrato e di due maiali decapitati e squartati che davano il loro forte contributo di puzza cadaverica. Scene da inferno dantesco che mi sorbivo giornalmente con una smorfia di disgusto ad ogni nuova discesa operativa nel tenebroso mondo di quella cucina satanica. Ne vedevo e ne provavo davvero di tutti i colori.

Avevo diritto a pranzare e cenare gratis in ristorante, ma non lo avrei fatto nemmeno se mi avessero pagato. Preferivo andar fuori e spendere le mie sterline comprandomi un sacchetto di fragole e di uva spina, due sandwich di pane e banana e una confezione di pop-corn. Da quel giorno giurai a me stesso che in vita mia non sarei mai andato oltre una pizza, un piatto di pasta o un panino vegetariano, lasciando le cremine, le minestre e i piatti ricamati ed elaborati agli amanti delle cosiddette delizie culinarie.

Con questo non voglio disonorare la stragrande maggioranza di ottimi e pulitissimi ristoranti vegetariani e non vegetariani che esistono in Italia e nel mondo intero e che vanno rispettati senza riserve. Non so nemmeno se tale ristorante esiste ancora. Se c’è, lo avranno di sicuro rinnovato. Non intendo danneggiare nessuno.

Voglio solo dirti, caro Marco, che il mio già labile amore per il cibo cotto, per il cibo saporito e per il cibo preparato e mescolato dagli altri senza poter verificare di cosa si tratta e quali ingredienti contiene, subì un’autentica batosta. Quindi nessun sacrificio per me rinunciare oggi sistematicamente alla cosiddetta buona tavola e puntare alle cose semplici e riconoscibili. Quanto alla vita mondana non ho mai avuto difficoltà in nessun paese del mondo e in nessuna circostanza. Dove ci sono dei buffet c’è la possibilità di scegliere i cibi che ti interessano. Nelle altre occasioni si fa un discorso chiaro ed educato al cuoco o al cameriere e si trova un compromesso.

Mi è capitato di andare a pranzo con una decina di persone, tutte ad antipasto, primo e secondo tradizionale, e di ordinare in drammatica alternativa a quel menù una semplice terrina di fragole e ciliegie (intesa come antipasto, primo e secondo) suscitando l’ilarità e i commenti che ti puoi solo immaginare. A volte è il caso di essere tosti.

In molte occasioni, quando mi trovo a Singapore e dintorni, preferisco spesso un buon pasto di durian (frutto tropicale) presso le bancarelle all’aperto, rispetto a un pranzo tradizionale di alto livello. Ti garantisco che nessuno si offende. Anzi, l’idea viene giudicata divertente ed originale anche da personaggi di alto livello.

Veniamo però alle tue domande specifiche e ai tuoi problemi. Trovo spropositato intanto che tu passi delle notti insonni a tormentarti. Cerca di essere coerente. Ti interessa di fare ufficialmente e coerentemente il mangione che si abbuffa cogli amici? E allora buttati e non porti altri problemi esistenziali. Se vuoi invece diventare vegano, non puoi farlo nascondendoti o vergognandoti di te stesso. Comprendo la seccatura delle battute sagaci degli amici quando chiedi fragole al posto del prosciutto o il succo di mirtillo al posto del vino. Ci vuole anche un po’ di carattere, sono d’accordo con te. I lazzi degli amici, i rimproveri familiari, il disaccordo con la nonna, la tentazione della caciotta e del pecorino, i vini dei castelli, la vita mondana, sono tutte cose che ti impediscono di ragionare e di prendere le cose dal punto giusto. In pratica, ti stai rendendo conto che in questo mondo degenerato, chi cerca di saltarne fuori o di cambiare l’andazzo generale si vede costretto a fare una dura battaglia contro sé stesso, contro tutto e contro tutti.

Quanto al mistero degli amici che si abbuffano e non fanno ginnastica e che ciononostante rimangono magri, non c’è nulla di trascendentale. Il vino che ingurgitano con regolarità e costanza non li fa certamente digerire meglio, ma manda giù tutti i nutrienti direttamente in toeletta, per cui mettono dentro molto cibo e non assimilano un bel niente, mantenendo le loro cellule in stato di penuria continua. Le loro amatriciane e le loro caciotte finiscono allegramente al cesso. Trattasi forse di formula vincente o dell’uovo di Colombo? Niente affatto. I nodi verranno al pettine. Si ritroveranno ben presto col fegato sbucherellato e la moria anticipata di cellule li invecchierà precocemente. Saranno ben presto costretti a diventare clienti fissi di qualche specialista. Non è un augurio. Non auguro mai male a nessuno, nemmeno ai peggiori nemici. Trattasi piuttosto di una ineluttabile legge della natura.

Quanto al simpatico padre di tuo cognato che trova gioia e vitalità nel vino e in tutte le altre cose che riempiono la sua cantina, può benissimo essere che si tratti di uno dalla scorza particolarmente dura. Ma ricordati che lui sta tuttora bene non per merito del vino che beve e dei salumi che addenta, ma nonostante essi. E si tratta comunque di rare eccezioni alla regola. Va a fare un giretto tra le cliniche di recupero-alcolizzati e capirai cosa intendo dire. La vita è lunga almeno 120-150 anni teorici, anche se poi la maggioranza si affloscia e si sclerotizza diversi decenni in anticipo sui tempi. Lui è solo a metà percorso. Uno così, senza quel vino e quegli stravizi, supererebbe sicuramente i 100 con disinvoltura ed in piena forma. Trattasi delle eccezioni che pure esistono. A proposito dei suoi esami clinici, vorrei che qualcuno gli analizzasse lo stato del fegato e la qualità generale del sangue (viscosità e tossiemia) dato che tali caratteristiche essenziali non sono incluse nei test.

Per il tuo sovrappeso, non puoi prendere il cattivo esempio dagli altri e usarlo come alibi per non impegnarti seriamente a combatterlo. Non puoi privilegiare la tua fama di mangiatore (la mejo forchetta), bisogna essere disposti a mettersi in discussione e a cambiare registro, quando serve. Hai bisogno di 2-3 giorni di digiuno iniziale, altro che battesimi e cresime. Dopodiché parti in quarta col veganismo e metti dentro tanta frutta lontano dai pasti.

Se ci tieni alle serate mondane, nessuno ti dice di non andarci. Liberati da ogni imbarazzo e dichiarati apertamente vegano. Finiranno per accettarti. Pretendi sempre un piatto di verdura come antipasto e opta per una pasta al dente al pomodoro o per una pizza vegetariana o per delle patate. E al posto del vino, beviti centellinando quella ottima sostanza che si chiama acqua, scegliendo quella senza bollicine. Qualcuno magari rimarrà deluso. Un Ciccio Bombo fa sempre comodo agli amici per scaricarci i lazzi e le frecciate. Dovranno trovare un sostituto. Quando però si accorgeranno che stai facendo sul serio, impareranno a rispettarti. In questo momento di sicuro non lo fanno. Li capisco pure. Tu non fai niente per essere credibile. Chi, se non te, giudica tuttora le amatriciane e le carbonare come cibi dal sapore strepitoso?

Non so se le mie risposte valgano il tuo ottimo olio di oliva. Ti segnalo a parte il mio indirizzo. Non sentirti obbligato a mandarmelo. Ti sei già sdebitato ampiamente col tuo simpaticissimo contributo.

Valdo Vaccaro

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