Irradiazione Alimentare: la conoscete?

L’irraggiamento o irradiazione alimentare è una tecnica usata per prolungare la conservazione dei cibi, ad esempio impedendo la germogliazione come nel caso delle patate o dello zenzero e il profilo igienico e consiste nell’irradiare gli alimenti con dosi controllate di radiazioni ionizzanti quali: raggi gamma, raggi X, fasci di elettroni.

Questa tecnica nacque negli Stati Uniti nel 1943 dove, inizialmente, era usata per esigenze militari di conservazione e sterilizzazione dei cibi, prevalentemente della carne  (l’industria della carne ha sempre appoggiato questa tecnica perché si inseriva bene nelle dinamiche di produzione intensiva), ma poi si diffuse a livello industriale ed ebbe il suo boom intorno agli anni ’70, durante i quali furono irradiate grandi quantità di grano destinato alla produzione di farine alimentari ed ancora oggi negli Stati Uniti è legale irradiare la grande maggioranza degli alimenti, mentre in Italia è consentita solo l’irradiazione di: patate, cipolla, aglio.

Il processo di irraggiamento elimina i microrganismi presenti sull’alimento( alterando il loro DNA) che potrebbero favorire la crescita di funghi e quant’altro danneggiando l’alimento e favorendo il naturale processo di deterioramento e aumenta così i tempi di conservazione dell’alimento stesso, riducendo anche l’uso di pesticidi chimici, il prezzo da pagare, però, può essere davvero alto.

Un po’ di tempo fa la rivista internazionale Nexsus, Ed. italiana n. 35, pubblicò un interessante studio riguardo a quelli che potrebbero essere definiti gli effetti collaterali di questa tecnica, ne riporto un piccolo abstract: ”L’irradiazione del cibo è una tecnologia che utilizza isotopi radioattivi (scorie nucleari) per creare una quantità di radiazioni equivalente a qualcosa oscillante fra i 10 milioni ed i 70 milioni di raggi-X al torace.Quando l’alimento viene colpito, le radiazioni iniziano una complessa sequenza di reazioni che fanno letteralmente a pezzi la struttura molecolare dell’alimento, le vitamine e gli enzimi vengono distrutti ed il cibo fresco diventa cibo morto. Il cibo irradiato è stato descritto come ‘il cibo che durerà per sempre’, poiché il processo viene utilizzato per prolungare la data di scadenza nei supermarket o per uccidere batteri ed insetti.  Nel processo di irradiazione vengono usate due fra le più letali e tossiche sostanze note all’umanità.  Esse sono il cobalto-60 (quella maggiormente utilizzata) ed il cesio-137 […]“.

Questa tecnica favorisce le produzioni agro-alimentari intensive nei paesi in via di sviluppo e permette di conservare i cibi per un tempo confacente alle esigenze dei grandi supermercati a costo, ovviamente, della salute del consumatore e a vantaggio di quella catena lugubre che è la grande industria alimentare. il processo di irradiazione, dunque, renderebbe non salutari anche alimenti che, non trattati, potrebbero essere preziosi per la nostra salute. I rischi sono stati valutati anche dall’Istituto Nazionale di Sanità che infine ha autorizzato, in Italia, l’irradiazione dei soli tre alimenti di cui sopra: cipolla, aglio e patate (per ulteriori approfondimenti: Istituto Superiore di Sanità. Il trattamento degli alimenti con radiazioni ionizzanti.  A cura di Concetta Boniglia, Sandro Onori e Orazio Sapora, 2004, 112 p. Rapporti ISTISAN 04/21)

Ogni volta che mi trovo a parlare di queste cose ho il timore che la prima reazione, giustificata, di chi legge sia quella di pensare che non c’è praticamente modo per scampare ai danni della grande produzione alimentare, ma credo che il punto sia proprio qui, se il consumatore cede alla stanchezza fa il gioco delle lobby dell’agro-alimentare, se invece continuiamo nella nostra continua ricerca verso ciò che riteniamo sia giusto e sano per noi allora rivendichiamo il nostro potere di consumatori e i risultati, inevitabilmente, arriveranno. I cibi irradiati devono essere dichiarati con la dicitura di alimento irradiato o trattato con irradiazioni ionizzanti ed il simbolo che vedete nell’immagine di apertura (Decreto Legislativo 30 gennaio 2001, n. 94, che all’art. 13) e questo ci faciliterà nella scelta del prodotto.

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