Ipotiroidismo: l’epidemia silenziosa

Il dottor Raul Vergini ci spiega che cos’è l’ipotiroidismo, come riconoscerlo, come lo cura la medicina tradizionale e cosa possono fare le medicine alternative.

Raul Vergini –

Ipotiroidismo: l'epidemia silenziosa

La tiroide è una ghiandola endocrina, cioè produce sostanze (gli ormoni) che vengono immessi direttamente nel sangue. I principali ormoni che la tiroide produce sono il T4 e il T3. Il T4, pur essendo presente in quantità maggiore, è solo un precursore mentre l’ormone attivo (cioè quello che ha un effetto sulle nostre cellule) è il T3.
L’ipotiroidismo (cioè la ridotta funzionalità tiroidea) è la più frequente fra le patologie che interessano questa ghiandola. Esso colpisce più frequentemente le donne rispetto agli uomini e ai nostri giorni la sua causa più comune è una infiammazione su base autoimmune, la cosiddetta “tiroidite di Hashimoto”.
La fequenza dell’ipotiroidismo pare essere molto maggiore di quanto abitualmente si riconosca (oltre il 50-60% della popolazione contro il 5% ufficialmente riconosciuto) e potrebbe interessare in grado maggiore o minore una buona parte della popolazione, oltre ad essere in costante aumento di generazione in generazione.
I sintomi dell’ipotiroidismo sono moltissimi e possono spesso simulare quelli di altre patologie e questo rischia di portare il medico fuori strada specie nei casi in cui una corretta diagnosi non è agevole. Di seguito indichiamo solo alcuni dei sintomi e segni più comuni:

o    Temperatura corporea bassa,
o    Marcata intolleranza al freddo, estremità spresso fredde
o    Stanchezza cronica
o    Gonfiore soprattutto agli occhi, al viso e alle estremità (mixedema)
o    Stitichezza e disturbi digestivi
o    Depressione, umore malinconico, irritabilità
o    Stanchezza mentale, concentrazione difficile, mente poco lucida, calo della memoria
o    Aumento di peso o difficoltà a perderne
o    Pelle pallida e secca, scarsa sudorazione, dermatiti
o    Unghie fragili, diradamento dei capelli, dei peli e delle sopracciglia,
o    Labbra inspessite, lingua ingrossata, voce roca
o    Movimenti lenti, eloquio lento, sonnolenza
o    Riflessi diminuiti (specialmente tendine di Achille)
o    Riduzione o scomparsa del desiderio sessuale, infertilità, tendenza agli aborti
o    Dolori muscolari e articolari, crampi
o    Pressione arteriosa bassa, polso lento
o    Cefalea ed emicrania
o    Colesterolo aumentato
o    Facilità alle infezioni ricorrenti, debolezza immunitaria

L’ipotiroidismo non provoca solo sintomi più o meno fastidiosi come quelli che abbiamo appena elencato, ma può accorciare drasticamente la nostra prospettiva di vita oltre a peggiorarne decisamente la qualità.

Come diagnosticare l’ipotiroidismo
E questa patologia è ancora più insidiosa perchè non sempre viene correttamente diagnosticata.
Infatti, l’unico esame di laboratorio che oggi viene richiesto è il TSH (che in realtà testa l’ipofisi e non la tiroide) a cui si aggiunge l’FT4 solo nel caso che il risultato del TSH non rientri nei valori normali (mentre l’FT3 non viene quasi più richiesto). Il problema è che questi esami non sono sempre in grado di rilevare un ipotiroidismo, sia perché la loro attendibilità e precisione non è così elevata, sia perché ci sono molti casi in cui la quantità di ormoni nel sangue è effettivamente “normale” (cioè rientra nei limiti) ma questi non riescono comunque a svolgere la loro funzione. Questo può accadere per vari motivi, ad esempio perché il problema può essere non direttamente tiroideo ma dell’ipofisi o dell’ipotalamo (ipotiroidismo secondario o terziario), oppure per una diminuita conversione da T4 a T3, o per una ridotta sensibilità dei recettori cellulari oppure per anomalie nel trasporto degli ormoni verso e dentro le cellule. Le principali cause di questi “blocchi” sono: carenze di nutrienti essenziali per la sintesi e il metabolismo degli ormoni tiroidei (iodio, selenio, zinco, cromo, ferro, vitamine A,B,C,D,E…), presenza di sostanze tossiche (fluoro, bromo, cloro, mercurio, piombo, fumo, alcool…), invecchiamento, stress eccessivo, alcune malattie croniche (soprattutto di fegato e  reni, diabete…) diversi farmaci (cortisonici, beta-bloccanti, estrogeni nella pillola o in menopausa, antidepressivi, chemioterapici…), ecc.
Da tutto questo deriva il fatto che è perfettamente possibile avere sintomi conclamati di ipotiroidismo anche con gli esami perfettamente entro i limiti. In questi casi dove c’è un conflitto fra clinica e laboratorio, si dovrebbe dare più importanza a ciò che il medico e il paziente sentono e vedono, a costo di mettere per un attimo da parte l’esito del laboratorio che, per quanto utile, non deve essere considerato un oracolo infallibile. La diagnosi dovrà quindi essere soprattutto clinica, cioè fatta osservando e ascoltando il paziente ed utilizzando anche metodi empirici come la temperatura basale (temperatura ascellare misurata al mattino appena svegli) che il Dr.Barnes già negli anni ’40 rilevò essere uno strumento assai utile per confermare una diagnosi di ipotiroidismo.

 

Un approccio olistico al problema ipotiroidismo
Una terapia “olistica” dell’ipotiroidismo può essere abbastanza complessa. Per prima cosa si dovrebbero correggere, quando possibile, i “blocchi” dell’attività degli ormoni tiroidei che abbiamo visto più sopra, soprattutto cercando di evitare le sostanze tossiche e garantendo una adeguata supplementazione dei nutrienti necessari. Poi si possono utilizzare prodotti naturali (soprattutto fitoterapici) che hanno dimostrato di poter incrementare la sintesi degli ormoni e il loro metabolismo. Infine, quando questi interventi non sono sufficienti, si dovrà aggiungere una terapia ormonale. Fino a poco più di 30 anni fa la terapia di scelta era la tiroide secca, cioè ghiandola tiroide di maiale essiccata in compresse che conteneva tutti gli ormoni prodotti dalla ghiandola stessa (sia T4 che T3) e che aveva dimostrato in quasi un secolo d’uso di essere in grado di compensare perfettamente una tiroide ipofunzionante. Negli anni ’70 del 900 questa venne sostituita dalla tiroxina sintetica che l’industria farmaceutica ritenne sufficiente per trattare l’ipotiroidismo e superiore alla tiroide secca che da allora venne giudicata obsoleta ed inaffidabile, quando non addirittura pericolosa.

 

I limiti della terapia tradizionale
Oggi quindi il trattamento “corrente” dell’ipotiroidismo è relativamente semplice: si somministra solo tiroxina sintetica (T4) basandosi sul presupposto che questa all’interno dell’organismo venga adeguatamente convertita in T3. Il dosaggio viene regolato basandosi sugli stessi esami usati per la diagnosi (TSH e a volte FT4) e quando questi valori rientrano nei limiti di normalità il paziente è considerato adeguatamente trattato, per cui se dovesse lamentare ancora dei sintomi, questi saranno attribuiti all’ansia, allo stress, all’età o a qualsiasi altra patologia ma sicuramente non più all’ipotiroidismo. Purtroppo, come già abbiamo accennato, non sempre il T4 viene convertito in T3 ed il risultato è che questa terapia lascia molti pazienti in una situazione di trattamento sub-ottimale che non riesce a compensare adeguatamente l’ipotiroidismo i cui sintomi sono quindi ancora presenti in modo più o meno marcato. Ma dall’altra parte la tiroxina migliora comunque i valori di laboratorio di TSH e FT4 per cui se ci si affida solo a questi per valutare il trattamento il problema non viene riconosciuto, e viene così negata al paziente la possibilità di una terapia più efficace che, come l’esperienza ha dimostrato, potrebbe essere ancora costituita dalla vecchia (e sempre più difficile da reperire) tiroide secca o, come seconda scelta, almeno da una combinazione sintetica di T4 e T3.

Per approfondimenti visitare il sito www.drvergini.it

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