Rapportandolo alla cupa situazione in cui versa la società di inizio millennio potremmo integrarlo aggiungendo che uno dei mezzi per contrastare la dittatura globale sia iniziare a ragionare e agire in modo del tutto opposto rispetto al passato. In ogni ambito, sfruttare la memoria dei nostri vecchi comportamenti per fare (pacificamente) ciò che il sistema non è più preparato a gestire.
E’ stata infatti proprio la somma dei nostri pensieri e comportamenti, unita a quella dei nostri genitori e dei nostri nonni, moltiplicata per miliardi di nostri consimili – che ha consentito al sistema di nascere, crescere e prosperare sino a diventare una concreta minaccia per la libertà e la salute della collettività.
Forse è giunto il momento di passare oltre, spezzare i vecchi schemi e assumerci le nostre responsabilità. Smettere di delegare ad altri il compito di pensare, contrattare, governare, vigilare, dissentire al posto nostro, e tornare a interessarci anche di ciò che non ci tocca da vicino.
Tornare a partecipare attivamente ai problemi del nostro prossimo, così che nessuno debba più sentirsi piccolo e isolato di fronte ai tromboni plutocrati. Proprio come sta meravigliosamente accadendo in questi giorni, con manifestazioni di solidarietà ai valsusini tenutesi in molte città dello Stivale.
Tornare ad essere centri di interessi eterogenei piuttosto che aderire alle poche etichette con cui il sistema per sua comodità gradisce catalogarci. Diventare leader di noi stessi, diffidando da chi vorrebbe affibbiarci nuove etichette, motivi di divisione, verità assolute, distrazioni; nuovi salvatori della patria, nuovi capri espiatori disposti ad accollarsi la responsabilità di un mondo sull’orlo dell’abisso.
Vi sembra terribilmente faticoso e responsabilizzante? Lo è. Ma delle due una: o ci si rimbocca le maniche o si fa la fine dei polli da batteria.