I messaggi dell’acqua

acquagiapponeseMasaru Emoto ha lasciato questo mondo il 17 Ottobre 2014, questo articolo è dedicato alla sua memoria ….

L’acqua copre i due terzi del pianeta Terra e, allo stesso modo, costituisce anche i due terzi di un essere umano adulto, che passa dal 99% d’acqua posseduta come embrione al 50% di acqua come anziano. Sotto questa soglia, muore.

Ma l’acqua non è speciale solo per questo: essa è anche l’unico liquido presente sulla Terra che, quando ghiaccia, invece di contrarsi si espande.

Cristallo di acqua di sorgente

L’acqua, insomma, risponde a leggi particolari che ne fanno un elemento del tutto singolare sul quale molti studiosi hanno scritto, indagato e ipotizzato.

Uno di essi è Masaru Emoto, uno scienziato e ricercatore giapponese, ormai noto in tutto il mondo per le splendide fotografie realizzate sui cristalli dell’acqua ghiacciata.

Nato nel 1943 in Giappone, Masaru Emoto ha cominciato a studiare l’acqua intorno al 1984, dopo aver incontrato in Usa il biochimico Lee H. Lorenzen, inventore dell’analizzatore di risonanza magnetica dell’acqua a “microcluster water” (un’acqua energetizzata con effetti terapeutici).

Alla fine degli anni Ottanta, lo scienziato giapponese è riuscito a mettere a punto una tecnica per esaminare al microscopio e fotografare i cristalli che si formano durante il congelamento di diversi tipi d’acqua: l’acqua di rubinetto che scorre nelle tubature di tutto il mondo; l’acqua delle sorgenti; i laghi; le paludi; i ghiacciai; l’acqua sbarrata dalle dighe; l’acqua inquinata e via dicendo.

Partiva da un principio molto semplice noto alle culture di tutti i tempi, ma ribadito proprio in quegli anni: l’acqua è portatrice di energia e questa conoscenza è anche utilizzata per curare le malattie, come dimostra l’omeopatia, un metodo terapeutico di cui ci si avvale oggi sempre più frequentemente.

La memoria dell’acqua

L’omeopatia si sviluppa alla fine dell’Ottocento, grazie al medico tedesco Samuel Hahnemann, ma la sua origine è ben più antica, visto che di questo metodo terapeutico già ne scrive Ippocrate, intorno al IV secolo a.C.

Il metodo consiste nel ‘curare il simile con il simile’, da cui ‘omeopatia’, appunto. Per esempio, si può curare una persona con sintomi di avvelenamento da piombo, dandole da bere acqua in cui si trova piombo in una diluizione tale che non c’è più alcuna traccia del piombo stesso. A questo punto, essa è pronta per essere l’antidoto che cura i sintomi da avvelenamento. In pratica, l’omeopatia cura il problema con il simile, mentre l’allopatia lo fa con l’opposto.

Ma come è possibile tutto questo? Lo è, se ammettiamo il postulato che l’acqua ha ‘memoria’ e conserva l’informazione ricevuta venendo a contatto con altre sostanze.

Una scoperta affascinante che tentò, nel 1987, anche un biologo francese di nome Jacques Benveniste, direttore del Digital Biology Laboratory di Clamart.

Egli, infatti, cercò di provare a quegli studiosi che affermavano che l’omeopatia si basa solo su “acqua fresca” che l’acqua, in realtà, è provvista di memoria.

Lo scienziato francese diluì con acqua un medicamento a tal punto che, secondo calcoli matematici, non potevano più essere presenti molecole di quella sostanza. E quando ne verificò l’efficacia, scoprì che nulla era cambiato rispetto alla soluzione originale dimostrando, come succede nell’omeopatia, che l’acqua manteneva una traccia informativa delle molecole presenti all’inizio delle diluizioni.

Fatto questo, inviò i risultati alla rivista scientifica inglese ‘Nature’ che, dopo averlo fatto a lungo attendere, pubblicò l’articolo con questo commento: “Ciò è incredibile ed è privo di ogni base scientifica”.

Subito si gridò allo scandalo e alla mistificazione e le ricerche di Benveniste vennero accantonate in un angolo buio. Almeno fino a quando, uno scienziato del Sol Levante, Masaru Emoto, non ha deciso che i tempi erano maturi per riprenderle. Le istantanee dei cristalli ottenute sono così incredibili che egli ha deciso di renderle disponibili a quanti vogliono approfondire questa scoperta, attraverso la pubblicazione di numerosi libri e conferenze che tiene in tutto il mondo.

Dal 2004, inoltre, esiste un centro europeo di ricerca sull’acqua a Lussemburgo, “Hado Life Europe” (www.hado-life-europe.com) che la analizza anche sulla base delle scoperte di Emoto e ha il compito di individuare l’acqua più buona che è possibile trovare oggi in Europa.

Non esistono cristalli di neve uguali

“Un giorno, mentre senza alcuna intenzione particolare sfogliavo un libro, mi saltò agli occhi un sottotitolo: non esistono due cristalli di neve uguali. Questa era una cosa che avevo imparato sin da bambino: i fiocchi di neve che da milioni di anni cadono sulla terra sono diversi uno dall’altro. Ma solo allora quella frase assunse per me un significato nuovo: ecco allora! mi dissi, se si congela l’acqua e poi si studiano i cristalli, l’acqua mostrerà un aspetto tutto diverso”.

Cristallo di acqua di diga

Masaru Emoto racconta così come ebbero inizio le ricerche che lo hanno reso celebre in tutto il mondo. Dapprima, prese a nolo un microscopio di grande precisione e congelò l’acqua in un frigorifero qualunque, ma quando si provò a fotografare l’acqua ghiacciata mettendola a temperatura ambiente, i cristalli si sciolsero subito. Emoto e i suoi collaboratori, allora, acquistarono un grande frigorifero per gli esperimenti che consentì loro di osservare i cristalli d’acqua a una temperatura costante di – 5° C.

L’esperimento viene condotto in questo modo: una goccia di ogni tipo di acqua da analizzare viene riposta in cinquanta coppe e poi congelata per circa tre ore a una temperatura di – 20° C. In ogni coppa si forma così un blocchetto di ghiaccio che la tensione superficiale rende perfettamente sferico. Poi, i singoli blocchetti vengono illuminati dall’alto e osservati al microscopio. A quel punto, è possibile vedere il cristallo. C’è acqua con cristalli simili tra loro, acqua che non ne ha affatto e acqua formata da cristalli danneggiati.

C’è acqua e acqua

Dapprima, il dottor Emoto cominciò ad analizzare le acque delle tubature cittadine di Tokyo, le acque di sorgente, quelle di falda freatica, i ghiacciai, le acque dei fiumi a monte e quelle dei fiumi a valle. Le studiò, le mise a confronto e le fotografò.

Quel che scoprì, ancor oggi, affascina quanti hanno la fortuna di poter vedere le sue fotografie e che, in piccolissima parte, sono pubblicate insieme a questo servizio per i nostri lettori e installatori: l’intenzione è quella di dar loro modo di riflettere sulla bellezza del lavoro che compiono, a contatto con un elemento naturale così incredibile, l’acqua.

Il cristallo dell’acqua di fronte alla parola ‘sciocco’

Emoto, dunque, scoprì che le acque che scorrevano nelle tubature cittadine dove veniva rilasciato cloro per disinfettarle e le acque dei fiumi a valle dove venivano convogliate gli scarichi riuscivano a produrre solo cristalli danneggiati, mentre l’acqua che veniva trattata secondo principi naturali, l’acqua di sorgenti, laghi e ghiacciai ne aveva di bellissimi.

Lo scienziato nipponico, un giorno, volle mettere a confronto queste due realtà, fotografando prima l’acqua di fonte del lago Chuzenji e poi l’acqua utilizzata da un hotel che si trova sulle rive del lago stesso ma che, su indicazione dell’amministrazione cittadina, l’aveva disinfettata con il cloro. Acqua dunque, apparentemente uguale, produceva nel primo caso un cristallo completo, mentre nel secondo caso uno sfaldato e decomposto. “Sarebbe importante – spiega Emoto nelle sue ricerche – confrontare i metodi di purificazione dell’acqua e imparare qualcosa dai risultati”.

Tranne in Svizzera – definita per altro la riserva d’acqua dell’Europa – e per l’esattezza a Berna dove sono stati fotografati cristalli bellissimi, nell’acqua di Parigi, di Londra e di Tokyo, ma anche di Roma e di Venezia i cristalli sono abbozzati malamente. Lo stesso dicasi per l’Asia dove Bangkok, Hongkong e Macau presentano acque che, dopo il tipo di purificazione da loro utilizzato, sono prive di bei cristalli. In Australia, l’acqua di Sidney non è meno degradata, il che porta davvero a pensare che spesso la qualità dell’acqua distribuita nella rete idrica di molte città sia ‘spenta’, quasi senza vita. Grandi sorprese arrivano, invece, dall’America: l’acqua di Vancouver, forse per il fatto che proviene dritta dalle Montagne Rocciose, presenta bei cristalli, così come anche a Washington e a New York. Del resto, a Manhattan gli acquedotti sono stati modificati utilizzando contenitori di legno di cedro. Cristalli molto belli, infine, si trovano anche nelle acque dell’America Latina, a Buenos Aires e a Manaus, in Amazzonia.

Non solo: seguendo anche l’acqua lungo corsi di fiumi poi sbarrati da dighe costruite dall’uomo, Emoto e la sua équipe hanno scoperto che i cristalli, prima bellissimi, si spezzano, si confondono e si perdono quando vengono bloccati in un lago artificiale da dove non hanno scampo.

Lo stesso accade dove vi è inquinamento ambientale: la città di Tokorozawa, per esempio, vicino a Tokyo, era nota per l’incenerimento dei rifiuti e la fotografia della pioggia caduta nel 1999 appare come un groviglio informe e indefinibile che non ha nulla a che fare con l’acqua. La crescente presa di coscienza dei suoi abitanti e le varie iniziative intraprese per migliorare l’ambiente hanno cambiato a tal punto l’acqua che, ora, i cristalli appaiono belli e complessi.

Lo scienziato giapponese, inoltre, ha anche scoperto che gli Em, microrganismi utilizzati per purificare l’ambiente e diverse essenze floreali, se sciolti in acqua non impediscono la formazione di un bel cristallo completo.

La risposta dell’acqua

La svolta nei suoi studi giunse, però, quando un suo collaboratore ebbe un’idea che a prima vista ha dell’incredibile, ma che contribuì a far avanzare gli studi nel settore: perché non suonare musica all’acqua e poi studiarne i cristalli formati? In fin dei conti, l’efficacia della musicoterapica è risaputa: perché non verificare se la musica poteva in qualche modo influire anche sulla formazione di cristalli diversi tra loro?

Il cristallo d’acqua di fronte alla parola ‘grazie’

Del resto, studi che risalgono al secolo scorso, hanno da tempo dimostrato per esempio che anche le piante sono sensibili alla musica e reagiscono ai pensieri umani. E’ famoso il caso di Clee Backster (1966), ma grandi contributi sono giunti anche da Marcel Vogel, un chimico della California che un giorno chiese a un amico scienziato di pensare con intensità al philodendron poco distante. La pianta di colpo diventò ‘come morta’. Quando Vogel chiese a cosa l’amico avesse pensato, l’uomo gli rispose che aveva mentalmente paragonato la pianta al philodendron di casa sua, giudicando quest’ultimo molto più bello. La pianta di Vogel reagì ‘dimostrandosi offesa’ e rifiutandosi per tutto il giorno di dare segni di vita alle macchine. Poi ‘tenne il broncio’ per oltre quindici giorni.

Ma l’acqua?

Come avrebbe potuto reagire in qualche modo l’acqua che da sempre scorre tra noi, ma non è ‘come noi’. Oppure no?

Emoto e il suo staff, spinti da questa nuova sfida, decisero di riempire delle bottiglie d’acqua – questa volta distillata – e di porle tra due altoparlanti.

I risultati furono fantastici: la Pastorale di Beethoven, la Sinfonia n. 40 di Mozart, Les adieux di Chopin, solo per citarne alcuni, hanno prodotto dei cristalli meravigliosi che variano a seconda della musica e sembrano rappresentarne anche le caratteristiche foniche. Al contrario, musiche moderne come quella degli Heavy Metal hanno prodotto cristalli spaccati in pezzi infiniti.

Ma le sorprese non erano ancora terminate: a un certo punto, lo scienziato giapponese ebbe l’idea di ‘far leggere’ le parole all’acqua.

In quale modo? Dopo aver riempito le solite bottiglie, incollò dei foglietti con la parte scritta rivolta verso l’acqua. La differenza tra i cristalli che si formavano nella bottiglia con la parola ‘grazie’ e quelli con la parola ‘sciocco’ è ben chiara: cristalli perfetti a sei angoli nel primo caso, cristalli scissi in mille pezzi nel secondo. E così pure con frasi di incitamento quali “Forza”, “Sei bravo e ce la puoi fare” e parole come ‘Amore’ che andavano a formare cristalli completi, mentre frasi come ‘Stupido’, ‘Non vali nulla’, ‘Ti odio’ o ‘Ti ucciderò’ producevano solo una massa informe di molecole. In pratica, l’acqua trattata con parole “positive” produceva cristalli incantevoli, simili a quelli della neve mentre quella trattata con parole “cattive” reagiva in modo “negativo”, creando forme schizzate.

Un mutamento di struttura quello dell’acqua che diventa un messaggio vero e proprio inviato all’uomo, che ha così la possibilità di esplorare orizzonti sconfinati che lo riconducono a un Tutto cui appartiene e al quale deve rispetto, perché tutto gli ritorna indietro.

In Giappone, si crede che le parole abbiano un’anima e che solo pronunciandole si attivi il potere di trasformare il mondo. Ciò che si pensa e ciò che si dice, dunque, non cade invano, sia nel bene che nel male.

Le ricerche di Masaru Emoto, come da sua stessa ammissione, portano a una riflessione di estrema importanza: se l’essere umano è formato per il 70% dall’acqua, significa che quanto egli pensa, dice e fa non cade invano ma modifica l’acqua del suo corpo, producendo in essa cristalli che corrispondono ai suoi sentimenti.

Un concetto apparentemente nuovo, che gli antichi però avevano già scoperto e che si riassume in poche parole, note in tutto il mondo: mens sana in corpore sano.

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di Paola Fantin

Bibliografia:

Per approfondimenti e foto:

Masaru Emoto, La risposta dell’acqua, Edizioni Mediterranee

Masaru Emoto & Jurgen Fliege, L’acqua che guarisce, Edizioni Mediterranee

Masaru Emoto, L’insegnamento dell’acqua, Edizioni Mediterranee

www.viveremeglio.org ; www.hado-life-europe.com

Fonte

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