Economia Shock E se Naomi Klein avesse ragione?

banconota1D“Solo uno shock può trasformare il “politicamente impossibile”, dal “politicamente inevitabile”.” Queste parole, attribuite al premio Nobel Milton Friedman, caratterizzano l’essenza profonda dell’imposizione delle politiche neoliberiste nel mondo e all’interno del capitalismo stesso, secondo l’autrice del libro “Shock Economy”, Naomi Klein.

Chi ha letto il libro, o chi segue con occhio attento e critico i fatti di cronaca economico-politica, avrà sicuramente trovato delle similitudini con l’attualità che ci circonda. Al di là delle cause, che più o meno oramai conosciamo tutti, la crisi economica vigente sta portando delle profonde conseguenze nei vari Paesi che ha investito. In particolare, lo possiamo facilmente notare in Europa.the $ 16 for web--621x414

Dal dopoguerra alla fine del secolo l’Europa si è caratterizzata, a differenza degli USA, per una forma di social-democrazia ben strutturata, con delle politiche di welfare invidiate in tutto il mondo, con delle battaglie che hanno portato alla miglior difesa dei diritti dei cittadini e dei lavoratori. Ma la crisi economica e le miopi risposte d’austerità imposte dalla Germania e dalla Troika ai Paesi in difficoltà, stanno cambiando lo scenario. Sotto l’ombrello delle “riforme necessarie” troviamo anche delle politiche che in nome dell’emergenza economica stanno infierendo dei duri colpi alla struttura democratica di molti Paesi europei.

In molti si sono accorti di questo nesso, da ultimo Paul Krugman. Il premio Nobel per l’economia,  commentando con un post sul suo blog  il Report Smith/Klein/Kalecki favorevole all’austerità, è arrivato a spiegarsi come mai le elite difendano l’austerità: “Le elites, egli (Noah Smith, n.d.r.) sostiene, vedono le difficoltà economiche come un’opportunità per costringere a delle “riforme” – cioè in sostanza i cambiamenti da loro desiderati, che possano servire o meno a promuovere la crescita economica – e si oppongono a tutte le politiche che potrebbero attenuare la crisi senza rendere necessari questi cambiamenti: “Penso che gli “austerians” siano preoccupati che delle politiche macro anti-recessione consentirebbero a un paese di “cavarsela” nella crisi senza migliorare le sue istituzioni. In altre parole, temono che uno stimolo di successo potrebbe sprecare le possibilità offerte da una buona crisi.”

Continuando il suo post, Krugman sottolinea come questo punto di vista sia incredibilmente somigliante alla tesi di fondo del testo della Klein: “Ciò che Smith non ha osservato, in modo alquanto sorprendente, è che la sua tesi è molto vicino alla Shock Doctrine di Naomi Klein, la quale sostiene che le élite sistematicamente sfruttano i disastri per far passare politiche neoliberiste, anche se tali politiche sono sostanzialmente irrilevanti sulle cause dei disastri. Devo ammettere che al tempo della sua pubblicazione non ero tanto ben disposto verso il libro di Klein, probabilmente perché fuori dal campo della professionalità e cose simili – ma la sua tesi aiuta davvero a spiegare molto di quello che sta succedendo, in particolare in Europa.”

Anche se forse il più autorevole, o il più noto, Krugman non è l’unico ad aver colto le similitudini  tra le conseguenze descritte in Shock Economy e quelle dovute alle misure d’austerità adottate in Europa. Il generale ed esperto di strategia militare e geopolitica, Carlo Jean, ha recentemente scritto un articolo, dove attacca chiaramente le scelte della Cancelliera Merkel paragonandola, in negativo, al Macchiavelli: La Cancelliera, con una tattica veramente fine, che avrebbe suscitato l’applauso del segretario fiorentino, dilaziona e riduce al minimo indispensabile il sostegno agli Stati in crisi, per evitarne il crollo, tanto dannoso per il suo Paese. Non intende cedere il timone, cioè la sua capacità di ricatto. Sa che è il solo modo per imporre ai Paesi dell’eurozona riforme strutturali coerenti con gli interessi e la logica tedesca. Potrebbe allentare la sua rigidità solo se confrontata con il concreto rischio che qualcuno faccia “saltare il banco”, cioè l’euro, da cui trae tanti vantaggi. Per ora non è così. Un “atterraggio morbido” dall’euro sarebbe molto difficile. Ma se non fosse concordato, provocherebbe la tempesta finanziaria perfetta”.”

Infine, in: “Cosa salverà l’Europa. Critiche e proposte per un’economia diversa”, pubblicato nel gennaio del 2013, gli autori, gli economisti Benjamin Coriat, Thomas Coutrot, Dany Lang e Henri Sterdyniak, in un capitolo del libro, non usano mezzi termini per criticare non solo le scelte di politica economica fatte finora, ma anche le legislazioni, concentrandosi in particolare sul Fiscal Compact descrivendolo come:Quest’articolo non è nient’altro che un’arma ulteriore per imporre alla popolazione europea riforme liberiste. Oggi, la quasi totalità dei paesi dell’Unione Europea (23 su 27) è soggetta a una Pde (Procedura per deficit eccessivi, n.d.r.). Oltre ai piani di riforma delle pensioni (aumento dell’età pensionabile), si vogliono imporre un abbassamento del salario minimo, minori prestazioni sociali (Irlanda, Grecia, Portogallo), la riduzione delle protezioni contro il licenziamento (Grecia, Spagna, Portogallo), la sospensione della contrattazione collettiva a favore della contrattazione d’impresa, più favorevole ai datori di lavoro (Italia, Spagna, etc.), la deregolamentazione delle professioni chiuse (tassisti, notai, architetti, etc.).

L’atto di fede dei neoliberisti è la convinzione che queste «riforme strutturali» creeranno un nuovo potenziale di crescita economica nel lungo periodo. Niente assicura che sarà così. Ciò che è certo invece è che nella situazione attuale queste riforme determineranno un aumento delle disuguaglianze, della precarietà e della disoccupazione. In nessun passaggio, purtroppo, l’espressione «riforma strutturale» riguarda l’adozione di misure volte a rompere il dominio dei mercati finanziari, ad aumentare l’imposizione fiscale sui più ricchi e sulle grandi imprese, a organizzare e finanziare la transizione ecologica. L’obiettivo del trattato è piuttosto quello di realizzare il sogno di sempre dei neoliberisti: paralizzare completamente le politiche fiscali, privare le politiche economiche di qualsiasi potere discrezionale.”

Inutile stare qui a sottolineare come una tesi del genere verrebbe facilmente bollata di cospirazionismo o populismo. Forse, più semplicemente, non verrebbe citata, verrebbe sottaciuta, censurata, in modo tale che siano e rimangano poche voci, isolate, sparse nell’oceano del silenzio dell’informazione istituzionale.

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