La carne fa sangue

I miei nonni, contadini inconsapevoli vivevano la vita condotta al ritmo delle abitudini, sveglia all’alba, colazione con grappa e gallette, lavoro nei campi, pausa pranzo alle dodici quando il sole era alto, con formaggio, carne secca, pane e vino, ripresa del lavoro fino al tramonto, ritorno a casa per la cena già pronta, minestra con lardo e fagioli e un pezzo di formaggio e due fette di salame e vino.

la frutta fa sangue

Erano gli anni ’50, facevo le elementari e durante l’estate i miei mi portavano dai nonni, a ben 11 (undici!) chilometri di distanza, in campagna, come se dove abitavo io non fosse altrettanta campagna, anche se ormai aggredita da grandi fabbriche metalmeccaniche.

Dopo cena si andava nella stalla dove arrivavano ad uno a uno i vicini e si discorreva mentre mio nonno versava generosamente bicchieri di vino agli amici. Le donne ridevano arrossendo per i velati apprezzamenti, equivoche allusioni sulla prolificità di mio nonno o altre facezie per me allora bambino incomprensibili.

Nella stalla mi addormentavo su una balla di fieno e mi svegliavo leggermente per rendermi conto che una zia mi stava portando in braccio salendo le scale per poi mettermi a letto. Al mattino appena sveglio, dopo una sciacquata alla faccia, facevo la colazione con caffellatte e crostini di pane e, sempre disubbidiendo a nonni e zie, mi recavo alla roggia per molestare con un rametto le salamandre adagiate sul fondo. Il pomeriggio lo passavo  sempre da solo nel bosco cercando i nidi di topolini rossi, i rat musqué, e quando li trovavo addormentati infilavo la mano nel nido, costruito fra due rami di robinia, e li prendevo per accarezzare la loro calda e morbida pelliccia, percependo il battito spaventato del cuore che si rifletteva sul palmo della mia mano.

Alla domenica il pranzo era speciale, una volta alla settimana c’era la carne, e mia nonna sorridendo me ne metteva una quantità esagerata nel piatto, dicendomi in dialetto lombardo: “Lascia stare il pane, mangia la carne che fa sangue e diventi bello!”

Adoravo la merenda con anguria o melone, alle quattro del pomeriggio, appuntamento che non mancavo mai, se tardavo la nonna ritirava tutto nella ghiacciaia e, cascasse il mondo, non se ne sarebbe riparlato che il giorno dopo.

Vent’anni dopo, negli anni ’70, mi capitò di donare il sangue, trovandomi in una situazione di emergenza in cui occorreva il mio gruppo sanguigno, vero o falso che sia, e dopo aver donato una bella sacca di sangue, mi accompagnarono in una saletta attigua con al centro una tavola apparecchiata per i donatori, e mi diedero una grossa bistecca al sangue, come ricompensa e aiuto per “rifarmi il sangue” appena donato, così mi disse la cuoca dopo averla fatta scivolare dalla padella fumante nel mio piatto.

Anche adesso, poco è cambiato nella cultura del mainstream, ancora si consiglia di mangiare carne per fare sangue.

La verità è che la carne fa sangue. Ne fa davvero tanto, se vai in un macello ne vedrai scorrere a fiumi sul pavimento.

E’ l’unico modo in cui la carne fa sangue.

Per il resto ci sono molti onnivori, che mangiano molta carne e sono anemici. Al contrario l’anemia è raramente riscontrata in chi non ne mangia, se non per ragioni che esulano dall’alimentazione.

La BSE, è il risultato della stupidità degli scienziati che hanno pensato che dare mangimi carnei ai bovini, animali erbivori, avrebbe aumentato la massa muscolare, secondo l’assurdo assunto che la “carne fa carne”.

La malattia di Creutzfeldt-Jacob è la versione umana della BSE, causata dal consumo di carne, inadatta per l’alimentazione dell’essere umano, che non è assolutamente onnivoro, ma prevalentemente frugivoro e vegetaliano.

Etica e Consapevolezza.

Non c’è Etica senza Consapevolezza.

Ci sono alcune persone che dicono di non mangiare carne per “ragioni etiche”. Poi scopri che odiano gli altri esseri umani che mangiano carne, e si sentono però elevati per il fatto di non nutrirsi di prodotti animali. L’etica non può essere applicata in compartimenti stagni, e dove c’è odio o risentimento e tentativo di mettere nel torto, non può esserci etica, ma solo una pantomima di essa, e chi ha questi sentimenti nel suo animo verso gli onnivori non è diverso dal carnivoro che schernisce il vegetariano.

Alcune persone si definiscono animaliste e dichiarano la loro sofferenza per il destino crudele degli animali uccisi per ricavarne cibo, vestiario o altro, ma spesso il loro sdegno verso le persone ritenute insensibili diventa motivo di sfogare la loro rabbia e odio repressi nel profondo del loro essere che sceglie tali manifestazioni per esprimersi, alla stessa stregua di chi partecipa a “marce per la pace” distruggendo vetrine, auto e cassonetti della spazzatura.

L’Etica non può coesistere con sentimenti ed emozioni negative. Per questo è necessaria una conoscenza della natura umana e del perché molte persone commettono o concordano con il commettere azioni deprecabili come l’uccisione di animali e il consumo di prodotti ricavati dai loro cadaveri considerando tutto questo normale.

Una volta compreso questo ─ l’aumentata consapevolezza deriva dalla comprensione delle ragioni che sottendono i comportamenti delle persone ─ i sentimenti e le emozioni negative lasciano il posto al desiderio di aiutare le persone a comprendere i corretti fondamenti dell’alimentazione e il giusto rapporto con gli animali, o co-creature come li definiva Arnold Ehret.

Arnold Ehret era animalista prima ancora che ne venisse coniato il termine, già alla fine dell’800, quando i “negri” erano considerati animali secondo teorie ad hoc per giustificare lo schiavismo, considerazione a cui molti fermamente credevano al di là dell’opportunismo dei trafficanti di schiavi e proprietari di piantagioni. E in un’era in cui le donne in alcuni paesi del mondo erano considerate una proprietà al pari di animali, nel senso dispregiativo del termine.

La maggior parte delle persone mangia la carne degli animali non perché sia malvagia, ma perché vittima della cultura del mainstream, della consuetudine a cui è soggetta fin dalla nascita. Non è in grado nemmeno di rendersi conto con la totalità della sua essenza che sta uccidendo o che delega l’uccisione a terzi di esseri animati, senzienti e che soffrono al pari degli esseri umani se venissero uccisi. E’ come se un involucro impedisse di percepire il peso oggettivo dell’azione. Questo involucro è costituito da radicate credenze insite da millenni nella cultura della società in cui viviamo. E’ tutto questo che sta perpetuando l’allevamento e l’uccisione di animali ai fini alimentari.

Molte persone non sono in grado di vedere gli animali come compagni di avventura su questo pianeta, il loro livello di responsabilità non arriva oltre il limite della propria famiglia, figuriamoci al di là dei confini della razza umana.

Ho visto filmati di cinesi che scuoiano cani vivi per non rovinare la loro pelliccia, con un volto inespressivo tipico di chi è morto dentro, incapace di provare la benché minima emozione, al pari di quelle coppie che gettano la neonata femmina in un fossato o sotto le ruote posteriori di un tir che percorre di corsa la strada nazionale che attraversa il villaggio, desiderando un figlio maschio ed essendo permesso solo un figlio per famiglia come imposto dal regime.

Queste persone hanno spento lo spettro delle frequenze delle emozioni, per non avvertire la responsabilità delle azioni deprecabili che commettono, perché diversamente il dolore e il rimorso sarebbe insopportabile.

Per questo la maggior parte delle persone quando va comprare un pollo al supermercato è assolutamente indifferente, mentre sarebbe inorridita nel comprare un vassoio con un quarto di gatto o di cane avvolto nella pellicola con sopra un’etichetta con il codice a barre, sebbene lascerebbe comunque indifferenti i cinesi, dati i differenti usi e costumi. I confini entro i quali le emozioni possono fluire non vanno oltre la razza umana, perché così le è stato insegnato ed è comunemente accettato dalla cultura della società in cui vive.

Ma l’uomo ha fatto ai propri simili anche molto peggio di quanto riserva agli animali.

Questa è la condizione inconsapevole in cui si trova la maggioranza delle persone, e questo è il motivo per cui vanno aiutate a comprendere e non attaccate.

L’atteggiamento ostile o risentito nei confronti di chi mangia carne non fa che rendere più difficile la possibilità di cambiamento. Opponendosi a qualcosa la si rende più resistente e solida, ognuno rimanendo fiero sulle proprie posizioni senza alcun vantaggio per nessuno.

E’ necessario riconoscere che molti di noi mangiavano carne e non erano per questo malvagi, né peggiori di adesso, ma solo inconsapevoli. Poi qualcuno ci ha aperto la mente e abbiamo agito di conseguenza. Altri hanno bisogno di più tempo, e l’unico modo è informare con gentilezza, non con astio come se fossero nemici o oppositori, ma amici che ancora devono comprendere e realizzare di essere su un percorso sbagliato convinti che sia giusto.

Questo è l’atteggiamento corretto per portare le persone alla comprensione del fatto che uccidere gli animali e nutrirsi di essi è innaturale e non degno di chi si ritiene superiore ad ogni altra razza che condivide la vita sul pianeta.

Ogni atteggiamento di opposizione o che mette nel torto chi mangia carne, gli slogan accusatori, gli striscioni con la scritta “Assassini!” e simili non otterranno mai l’effetto desiderato, se è quello di far smettere il consumo di carne. Ti possono far sentire di aver ragione, e faranno sentire di aver ragione anche chi mangia carne, il reciproco risentimento farà da barriera e ognuno rimarrà sulle proprie posizioni. E se il tuo scopo è quello di sentirti dalla parte giusta, avrai raggiunto il tuo obiettivo, al pari di chi si trova sul polo opposto, per il resto… nessun cambiamento.

La scelta etica di rispettare gli animali al pari di noi stessi non esclude il rispetto per gli esseri umani che ancora si nutrono dei loro cadaveri, come non smettiamo di rispettare un bambino che continua a fare tutto tranne ciò che vorremmo.

Leonardo da Vinci era molto avanti sui tempi e ci ha fatto una previsione:

Verrà un tempo in cui l’uomo non più ucciderà per mangiare, e considereremo l’uccisione di un animale con lo stesso biasimo con cui consideriamo oggi quella di un uomo.

Sta a noi a farla diventare una realtà, e possiamo farlo solo a mente serena e con l’animo libero da ogni sorta di ostile sentimento, ma solo con atteggiamento amichevole e mente libera dal pregiudizio.

I libri il Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco e La Tua Via Verso la Rigenerazione di Arnold Ehret sono strumenti utili per la transizione da un’alimentazione onnivora, responsabile fra l’altro delle condizioni di scarsa salute della società attuale, verso una priva di prodotti di origine animale, che promuove una salute ottimale e ripristina la capacità di auto-guarigione del corpo.

Il primo libro dà tutte le informazioni necessarie per comprendere cosa avviene nel corpo a seconda di cosa vi si introduce, l’altro fornisce il fondamento filosofico della scelta di un’alimentazione priva di qualsiasi prodotto di origine animale.

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