Vi racconto una storia

di Simone Peruzzi

Da qualche parte, sul web, abbiamo visto scritto: “pretendere il codice alfanumerico sulle divise dei poliziotti è come pretendere di curare il diabete con le pastiglie valda”.

Questa mattina ci troviamo davanti il solito pensiero di Roberto Saviano.

Che tu abbia detto cose sacrosante sulla camorra e che ne stia pagando le conseguenze, non soltanto nessuno lo nega, ma te ne riconosciamo tutto il merito.

Quello che ci molesta in modo assoluto, e che non abbiamo più voglia di sottacere, è che, ormai, tu ti si senta in dovere di dirci la tua su ogni questione, in modo saccente e apodittico.

Che sia chiaro: ognuno ha il diritto di dire quello che vuole e, soprattutto, se fa di mestiere il giornalista, ha tutti i motivi per farlo.

Il problema è un altro.

La prendiamo un po’ larga.

 

Nasci nel 1979 e nel 2006 esce Gomorra. Dal 13 ottobre 2006 vivi sotto scorta.

A 27 anni, ti trovi quindi in un “mondo a parte”, fatto di quotidiane frequentazioni di caserme, poliziotti, luoghi separati.

Sia chiaro, non te ne possiamo e non te ne facciamo una colpa.

Ma questo è quanto.

In compenso, da quasi subito, ti sei ritrovato sul proscenio del sistema mediatico che ti ha conferito il diritto di diventare il tuttologo più ambito dei salotti radical chic.

E questo diritto lo hai acquisito e interpretato nella maniera più estensiva possibile, passando dalla ribalta televisiva del tuo compagnuccio Fabio Fazio, alla collaborazione con “La Repubblica” e con diversi quotidiani internazionali.

Secondo noi, scrivi male e, se possibile, quando parli, parli peggio.

Ma anche questa non è una colpa.

Casomai sono le tue ambiguità che ci colpiscono e alcune delle tue dubbie frequentazioni filosofico-letterarie di cui non disdegni di vantarti.

Ma, anche di questo, non abbiamo intenzione di discutere, anche se, probabilmente, anche da questo, derivano molte delle tue infelici prese di posizione che, invece, intendiamo qui sottolineare.

Insomma, non vorremo che, a causa dei meriti acquisiti grazie a Gomorra e alla tua condizione di uomo nel mirino dei casalesi, ti venga concesso di poter dire tutto quello che ti pare, senza che a noi possa essere concesso di rilevare che, alcune delle tue affermazioni sono davvero pessime e che sono espresse con modi francamente insopportabili.

E vorremmo anche ricordarti che, probabilmente, per riuscire a “raccontare storie” (come ami stucchevolmente ripetere) e per esprimerti su tutto quello che accade, forse, la tua segregazione dal mondo reale non ti offre certo un punto di vista privilegiato.

Ancora una volta, non è una colpa, ma che un tretatrennne che vive da sei anni in regime di scorta, abbia tutta questa possibilità di raccontare storie, come se fosse un inviato in prima linea, francamente, ci pare un po’ azzardato e presuntuoso.

Non scendiamo nel dettaglio di tutte le tue uscite quantomeno criticabili, ma, a fronte degli eventi degli ultimi giorni, ci corre quasi l’obbligo di affrontarne un paio.

La prima, che è anche relativa alla situazione più drammatica, è la tua dichiarazione d’amore per Israele, considerato una sorta di paradiso per i diritti umani.

Vorremmo ricordarti che il tuo paradiso, ha violato 65 risoluzioni delle Nazioni Unite, senza peraltro averne alcuna conseguenza, quando all’IRAQ di Saddam Hussein, ne bastarono due per essere invaso e raso al suolo, con tanto di eliminazione fisica del dittatore dello “Stato canaglia”.

Vorremmo ricordare a te, commentatore eccelso, sempre dritto sulla tolda della tua barchetta mediatica, che lo Stato di Israele ha uno dei servizi segreti più violenti, pervasivi, invasivi e macellai della storia dell’uomo e che il massacro sistematico della popolazione palestinese non può consentirti di affermare, citando Grossman, che stai “con la pace”.

No, carissimo, la pace non può essere confusa con una generica disponibilità verso alcune minoranze, perché questa non occulta il muro costruito in Cisgiordania, il corso dei fiumi deviato, la pirateria navale per impedire la pesca, i droni mandati su Gaza, i bombardamenti della popolazione civile e le migliaia di vittime innocenti.

Non lo fa.

E non ti puoi permettere di accompagnarti con la sacerdotessa della propaganda sionista in Italia, Fiamma Nirenstein, nel nascondere tutto questo, senza che a noi venga un moto di profonda indignazione.

Non lo puoi fare.

Se lo fai, si chiama propaganda, della peggior specie, come quella di un tale di nome Goebbels.

E non ti scandalizzare del paragone: il tuo paradiso sta perpetuando da decenni lo sterminio sistematico di una popolazione, su base razziale e non può essere la doppia morale che utilizzi, certo in buona e folta compagnia, a metterti al riparo da questa nostra rilevazione.

D’altra parte abbiamo anche noi i nostri mentori altolocati.

Questo quanto affermava Josè Samarago, un nobel che, a scanso di equivoci, seppe mobilitarsi anche a favore della tua libertà: “Vivere nell’ombra dell’olocausto ed aspettarsi di essere perdonati di ogni cosa che fanno, a motivo della loro sofferenza passata, mi sembra un eccesso di pretese. Evidentemente non hanno imparato molto dalla sofferenza dei loro genitori e dei loro nonni.

 

E veniamo alle tue puntuali, quanto fuori luogo, affermazioni sulle manifestazioni di piazza di questi giorni.

Già dopo la manifestazione del 14 dicembre 2010, in occasione del voto di fiducia al governo Berlusconi, ti sei contraddistinto per il solito nauseante attacco indiscriminato verso chi si era mobilitato contro uno dei più disgustosi maneggi di potere della storia repubblicana. È vero, c’erano state violenze di rilievo e, per molti versi, da stigmatizzare.

Non scendiamo nel merito di quanto invece siano violente e inaccettabili le compravendite di voti in Parlamento e il disgustoso comportamento di buona parte della classe politica presente nelle due Camere.

Diciamo che questo non giustifica quelle. E questo dovrebbe bastare.

Ma la tua posizione era stata, un’altra volta, mistificante: una mezza verità è una totale menzogna. Riportare, di tutta quella mobilitazione, le sole vetrine rotte e i sanpietrini divelti in piazza San Giovanni da una parte marginale dei manifestanti è stata operazione giornalisticamente fasulla e inappropriata. Ma sappiamo che tu non potevi esserci e proviamo, con un atto di fiducia e di indulgenza, a scusarti per il pressappochismo con il quale hai riportato i fatti.

Ma tu sei un commentatore e, per giunta, puntuale; diciamo che non perdi l’occasione. E non sono stati i fatti di cronaca, che hanno caratterizzato il tuo intervento, ma l’aver preso questi come trampolino per il tuo sermone buonista contro i cattivi maestri e contro tutti quelli che quel giorno si sono mobilitati.

Avendo maldigerito Pasolini che, ci perdonerai, aveva un altro spessore e interveniva in altri contesti, hai preso la parte delle forze del disordine, senza porti alcun dubbio.

Non siamo amanti del politically correct, ma la tua fu una precisa scelta di campo.

 

Dopo i pestaggi dell’altro giorno, a nostro avviso, il disegno perverso si disvela.

Hai ancora una volta tirato fuori il tuo tono moralizzatore e, questa volta, di fronte alle manganellate gratuite sui manifestanti, hai estratto dal tuo cilindro questa pagliacciata dei numeri d’identificazione sulle divise.

Come se, i poliziotti, in simili situazioni, si muovessero in modo autonomo e come se non ci fossero degli ordini precisi dietro, come se i lacrimogeni in via Arenula, potessero essere entrati ed usciti per il semplice intento di un agente di polizia.

E ancora una volta, non hai perso l’occasione per dispensare, indice puntato, i tuoi saccenti riferimenti ad un pacifismo tanto improbabile, quanto ipocrita.

Ancora una doppia morale: se le manganellate arrivano dai poliziotti, tu non riesci a prendertela con la categoria ma, eventualmente, con qualche zelante manganellatore da individuare attraverso la marchiatura della divisa; se le intemperanze arrivano dai manifestanti, subito agiti retropensieri e paventi il rischio che tutti i partecipanti alla mobilitazione possano finire nella tua lista di proscrizione, richiamando tempi passati, cattivi maestri, presunte violenze.

Siamo ai limiti della diffamazione: cittadini vessati quotidianamente, appellati come schizzinosi, vittime di politiche sacrificali, deprivati di diritti elementari sanciti dalla Costituzione, per te diventano “l’ufficio stampa” che provoca “lo scontro” usa “il sanpietrino”, “spacca il casco” “ferisce il poliziotto”: violenti che “trascinano l’altra parte dei manifestanti per anestetizzare la protesta e svuotare da dentro la manifestazione”.

Per arrivare al compimento straordinario di questo delirio: “mai come in questo momento, siamo dalla stessa parte”. E in quel “siamo” ci sono i ragazzi presi a calci in faccia e sbeffeggiati dai nostri Ministri, ai quali viene estorto totalmente il futuro, e le forze dell’ordine, mandate in piazza a reprimere ogni dissenso e, possibilmente, a criminalizzarlo laddove di crimini non ce n’è.

Roberto Saviano, scendi dal pulpito, rivolgi altrove le tue mezze verità.

Per una volta risparmiaci la tua predica.

I morti di Gaza e i feriti delle piazze italiane chiedono rispetto.

Oggi non abbiamo bisogno delle tue storie.

 

Tratto da: Vi racconto una storia | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2012/11/22/vi-racconto-una-storia/#ixzz2D2HMsE62
– Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!

Visto su: oltrelacoltre.com

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