Vaccini a valanga: la rabbia degli italiani

Vaccini a valanga: la rabbia degli italianiVaccini a valanga, con furia, fretta e con la minaccia costante di sanzioni, rifiuti, provvedimenti, sospensione della patria potestà. È la strada che ha scelto il governo, ma una valanga di critiche e proteste lo sta travolgendo.

«Davanti ai mezzibusti che spiegano il decreto vaccini, quanti si sono straniti come me per questa improvvisa efficienza, multe salate, controlli serrati? Quanti hanno pensato: che strana questa risposta pronta dello stato, questo pugno di ferro che non si è mai visto, contro l’evasione fiscale, contro la mafia, gli abusi edilizi, la corruzione, l’inefficienza generale?».  Ci voleva Sabina Guzzanti per dare voce a ciò che molti si chiedono dopo la furia con cui è stato dato l’ok dal Consiglio dei ministri al decreto legge che porta a 12 le vaccinazioni obbligatorie per poter frequentare gli asili e le scuole materne. Per le elementari, le medie e i primi due anni di superiori (quindi fino all’assolvimento dell’obbligo scolastico dei 16 anni) invece andrà bene versare soldi cash allo Stato, sotto forma di multe dai 500 ai 7500 ogni anno. Inoltre i genitori che non faranno vaccinare i figli, anche se pagheranno le sanzioni, saranno segnalati al Tribunale dei minori che (molto teoricamente! Ricordiamoci le battaglie condotte vent’anni fa) potrebbero sospendere la patria potestà ai fini della somministrazione coatta delle vaccinazioni. E se succede qualcosa al bambino che viene vaccinato? Un effetto collaterale anche grave? Intanto, i presidi che si rifiuteranno di segnalare all’Ausl i bambini non vaccinati rischiano la denuncia per omissione. Un quadro che ha ben poco da invidiare al Ventennio e questo in una condizione di assoluta assenza di emergenze epidemiche tali da giustificare interventi di questa portata e una simile espropriazione di diritti.

«Non pensate anche voi che se avessero a cuore la salute dei bambini farebbero qualcosa per la terra dei fuochi, per l’ambiente, per tutti i veleni contenuti nel cibo?» ha aggiunto la Guzzanti.

In questi giorni non sono mancate nemmeno le voci critiche di medici e ricercatori.

Scrive sul suo blog Antonio Clavenna, Capo dell’Unità di Farmacoepidemiologia presso il Laboratorio per la Salute Materno Infantile dell’Istituto Mario Negri: «Ci sono due aspetti del provvedimento che mi lasciano particolarmente perplesso. Il primo è il ricorso al decreto legge: è pur vero che da anni c’è stata un’elasticità (forse eccessiva) nell’interpretare i criteri di necessità e urgenza che consentono di ricorrere a questo atto, ma su temi così delicati sarebbe stato meglio affidare direttamente al parlamento il compito di legiferare. Il secondo è l’ampio numero di vaccini a cui il provvedimento si riferisce. Il decreto Lorenzin pone l’Italia a essere tra le nazioni con il maggior numero di vaccinazioni obbligatorie e la prima in Europa (dove per altro nella maggior parte dei paesi non vige l’obbligo). Non solo, ma è un deciso cambio di rotta rispetto alle scelte della politica sanitaria degli ultimi 20 anni, che indirizzavano verso un percorso di superamento dell’obbligo vaccinale. Tra i 12 obbligatori, vi sono vaccini che hanno un beneficio che riguarda prevalentemente o esclusivamente il singolo bambino. Questo significa che sono inutili o meno importanti? No. Significa, però, che impedire a un bambino che non ha effettuato questi vaccini di frequentare il nido o la scuola dell’infanzia non è motivabile con la (comprensibile) necessità di tutelare la salute dei compagni, soprattutto dei più vulnerabili». (…) «La presenza dei  vaccini contro la meningite è, invece, davvero poco comprensibile – prosegue Clavenna – Il meningococco ha una contagiosità poco elevata: la maggior parte dei casi di contagio avviene da portatori sani del batterio, e la prevalenza di portatori sani è maggiore tra gli adolescenti e i giovani adulti. Questo significa che per ridurre la capacità del batterio di circolare  è importante vaccinare gli adolescenti e i giovani fino a 21-22 anni, mentre le vaccinazioni effettuate nell’infanzia servono soprattutto a proteggere il singolo bambino. Anche in questo caso, la probabilità che un bambino in età prescolare non vaccinato per il meningococco rappresenti un pericolo per i suoi compagni è molto bassa. Desta particolare stupore la scelta di rendere obbligatorio il vaccino contro il meningococco B: è un vaccino introdotto in commercio da pochi anni e inserito nel calendario vaccinale solo a gennaio con il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale. Molte nazioni europee hanno scelto di non inserirlo nei programmi di vaccinazione perché il costo economico è maggiore rispetto ai benefici prodotti (alcuni paesi lo raccomandano, ma il costo dell’acquisto è a carico delle famiglie). A oggi l’efficacia sul campo e nella pratica del vaccino contro il meningococco B necessita di essere approfondita: dai dati disponibili sembra, per esempio, che l’efficacia protettiva si riduca dopo 2 anni e che il vaccino potrebbe non essere in grado di ridurre i portatori sani. Inoltre, i casi di meningococco B si concentrano nei bambini minori di 4 anni e in particolare nel primo anno di vita. L’esclusione dalle scuole dell’infanzia dei non vaccinati contro il B ha davvero poco senso (tra l’altro, un bambino vaccinato nel primo anno di età potrebbe anche non essere più coperto dal vaccino)».

E sempre Clavenna scriveva poco tempo fa: «Rispetto alle misure coercitive per le vaccinazioni (di cui l’obbligo per l’iscrizione al nido è un esempio) non si tratta di avere differenti visioni sui vaccini, ma sul modo di intendere la società in cui viviamo e il ruolo che la medicina e la scienza devono avere. Si tratta di scegliere se la comunità deve essere capace di includere, coinvolgere, e di tollerare/gestire il dissenso o se la medicina e la scienza debbano avere la possibilità di decidere al posto del paziente. Decidere se i cittadini debbano essere sudditi o sovrani».

E prosegue: «Da vent’anni è stato avviato un percorso per il superamento dell’obbligo vaccinale, di cui si parla nei piani nazionali dei vaccini che si sono succeduti nel tempo. Un percorso stimolato dal parere del Consiglio Superiore di Sanità, espresso nella seduta del 15 novembre 1995, che “ravvisava l’opportunità di considerare, in virtù dell’evoluzione culturale ed economica della società italiana, lo spostamento delle vaccinazioni dagli interventi impositivi a quelli della partecipazione consapevoli della comunità” (citazione tratta del PNV 1999-2000). Con il Decreto del Presidente della Repubblica del 26 gennaio 1999 è stato abolito l’obbligo delle vaccinazioni per l’iscrizione a scuola. Il piano vaccini del 2005-2007 identificava (a pagina 66) alcuni requisiti necessari per permettere alle regioni di sperimentare la sospensione dell’obbligo, misura attuata dalla regione Veneto a partire dai nati del 2008. Non si è trattato, dunque, come sostenuto da alcuni, di un’azzardata decisione di improvvidi governanti, ma di una scelta avvenuta all’interno di un percorso condiviso con il Ministero della Salute. Ecco, invece, che dopo vent’anni il superamento dell’obbligo non sembra essere più considerato un obiettivo da raggiungere (stando ai provvedimenti approvati o in discussione in alcune regioni e alle notizie riportate dai media); al contrario si prospetta un suo potenziamento, sia come allargamento ad altri vaccini che per la reintroduzione dell’obbligo scolastico. Sembra un’improvvisa inversione di marcia. Paradossalmente, chi oggi continua a sostenere la necessità di superare l’obbligo è ritenuto un eretico. E considerando la numerosità delle voci che entusiasticamente lo difendono appare incredibile che possa essere stato messo più volte nero su bianco nei piani nazionali vaccini».

E il morbillo? È una «malattia per cui non è mai stata raggiunta (né tanto meno mantenuta nel tempo) una percentuale di vaccinati maggiore del 95%. Questo significa che rimaniamo esposti al ripresentarsi di epidemie ogni 3-4 anni. Nel caso del morbillo, quindi, la situazione che stiamo affrontando in questo periodo non è direttamente collegabile al “calo vaccinale”. A rendere particolarmente complesso il ragionamento riguardante il morbillo c’è il fatto che le sole coperture elevate in età infantile non sono da sole sufficienti per eliminare la malattia».

Nel dibattito emerge la voce critica (una delle pochissime tra i media mainstream) di Guglielmo Pepe, giornalista, sul suo blog su La Repubblica.

«Vaccini a valanga dunque, senza se e senza ma – scrive – ma una società democratica non impone senza aver prima tentato altre strade. Che sui vaccini sono state escluse a prescindere. Perché si è voluta fare una campagna ideologica, forzando in modo fazioso le situazioni di fatto. Perché l’oltre 93 per cento di vaccinazioni per quelle obbligatorie, non rappresenta una emergenza (perfino il premier Gentiloni lo afferma), e su questo calo, progressivo ma lento, si poteva lavorare, convincendo soprattutto i medici scettici. Perché i duemila e passa casi di morbillo, che stanno dando segnali di decrescita, non sono numeri da epidemia sanitaria, come una parte della comunità scientifica sostiene. Perché i calendari vaccinali pubblici che si sovrappongono a quelli privati delle aziende, alimentano solo i dubbi. Perché i controlli della vaccino-vigilanza fanno ridere i polli. Ed è poco responsabile decidere di moltiplicare le vaccinazioni obbligatorie, senza mettere preventivamente in funzione un sistema di controlli, sugli effetti negativi, degno di questo nome (e non è un motivo valido quello di chi dice che le reazioni avverse sono pochissime: anche se fossero rare andrebbero registrate, catalogate, analizzate). Oggi nelle Asl non hanno registri telematici ad hoc, i medici non raccolgono le segnalazioni e non riportano gli effetti negativi che proseguono oltre le 36 ore di ordinanza. Perché, come sostengono le società scientifiche in un documento di due giorni fa a proposito degli incrementi di malattie da non vaccino, il problema non riguarda solo gli asili e le materne e le scuole dell’obbligo, ma anche tutto il personale scolastico e soprattutto, come nel caso del morbillo, il personale sanitario, a rischio di infezione e “veicolo” di infezione. Perché c’è una impostazione ideologico-dirigista sui vaccini che metà Europa neanche si sogna di adottare (e parlo di paesi a democrazia avanzata, e civilmente molto più avanti di noi). Portando da 4 a 12 i vaccini obbligatori facciamo i primi della classe, mentre il nostro Servizio sanitario nazionale fa acqua da parecchie parti, con tagli vistosi al Fondo sanitario come denunciano associazioni, medici, sindacati, studiosi, ricercatori.  Non faccio previsioni su quanto accadrà. Però chi vince senza convincere non dimostra autorevolezza bensì prepotenza. Mascherandosi dietro la difesa della salute dei bambini alla quale tengono sicuramente tutti i genitori. Compresi i dubbiosi e i no vaxx. Perciò chi addita queste madri, questi padri, come irresponsabili, non merita alcuna considerazione.  Infine le multe: si tratta di un provvedimento davvero sconcertante perché chi potrà pagarle continuerà a dissentire, chi non potrà dovrà adeguarsi. Siamo dunque alla vaccinazione classista, alle punizioni in base al reddito. Se questa è la mediazione tra le posizioni Lorenzin e Fedeli, peggiore soluzione non poteva essere trovata».

Chi vuole opporsi a un obbligo aggressivo e totalitario? Molte associazioni stanno studiando azioni legali. Tra queste, il Codacons che ha annunciato l’impugnazione del decreto. Poi si stanno mobilitando con iniziative associazioni come il Comilva, Assis e altri comitati e gruppi che sono sorti in tutta Italia. E’ stata anche avviata una raccolta di firme che potete sottoscrivere QUI

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