Siamo una squadra fortissimi …

anima
Si ha paura di migliaia di cose, del dolore, dei giudizi, del proprio cuore;
si ha paura del sonno, del risveglio, paura della solitudine, del freddo, della follia, della morte.
Specialmente di quest’ultima, della morte.
Ma sono tutte maschere, travestimenti. In realtà c’è una sola paura:
quella di lasciarsi cadere, di fare quel passo verso l’ignoto lontano da ogni certezza possibile.
C’è una sola arte, una sola dottrina, un solo mistero:
lasciarsi cadere, non opporsi recalcitrando alla volontà dell’Esistenza,
non aggrapparsi a niente, né al bene né al male.
Allora si è redenti, liberi dalla sofferenza, liberi dalla paura.
Hermann Hesse

di Tnepd

La storia dell’umanità non è così complicata come la dipingono. Un percorso d’approfondimento che ho trovato utile e che consiglio a chi cerca risposte alla domanda “Chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo?” è quello che mescola una reinterpretazione letterale ed al contempo archetipica delle mitologie antiche, un’analisi scientifica schietta sulla natura del reale ed una elaborazione sensata delle prospettive del proprio agire.

In merito al primo punto, mi sono stati utili gli studi di Salvador Frexeido e di Mauro Biglino (v. post correlati – n.d.r.) e la loro rilettura della bibbia. Da essi – e non solo da essi – si deduce anzitutto che la bibbia è un libro scritto e riscritto nei secoli e nemmeno tanto bene. La stesura ‘definitiva’ a cui fa riferimento l’odierno impero vaticano è una revisione tardo medievale, già questo tende a ridurre agli occhi dei più l’alone sacrale che la avvolge. Benché ripetutamente modificato e reinterpretato, il testo attuale, come i racconti mitologici di mezzo mondo, consiste in un breve cappello iniziale ed in una quantità smodata di cronache, il più delle volte truci per non dire truculente.

Parliamoci chiaro, la bibbia non ha niente a che vedere con dio, non ha nulla di mistico, nemmeno di striscio, però bisogna leggerla per saperlo. La prima parte della Genesi è di matrice sumera e narra dell’origine del mondo e dell’umanità. I fatti riportati, Adamo ed Eva compresi, sono impossibili da collocare sulla linea del tempo, essi costituiscono una sorta di premessa comune alle religioni di tutti i continenti. Infatti ritroviamo gli stessi personaggi della bibbia con nomi differenti – e le medesime vicende con rare sfumature distintive – anche nelle altre culture mediterranee ed in quelle indiane, sudamericane, mesoamericane, nordamericane, orientali, nordiche, africane e via discorrendo.
La prima parte del primo capitolo della bibbia è quindi quella più genuinamente mitologica e, se vogliamo, l’unica a cui si può attribuire un carattere metafisico. Il cappello iniziale è archetipico ed atemporale: prima c’era un tutto-niente, poi la separazione in due, poi la creazione degli universi, degli astri e dei pianeti ed infine degli esseri ‘viventi’. A ciò segue la realizzazione della specie a cui il libro è destinato, ossia gli umani.

Dobbiamo ammettere che collocare con precisione eventi intercorsi milioni di anni orsono è davvero complicato e del tutto inutile. La Genesi parla – con incontenibile ironia – di 7 giorni, ma è più probabile che si tratti di miliardi di anni o di un solo istante. Comunque sia, poco importa.

Ciò che appare chiaro è che – diciamo almeno 600.000 anni fa, ma magari milioni – arrivarono sul pianeta Terra i colonizzatori alieni. Giunsero varie razze, di cui alcune ancor oggi presenti, strutturate al proprio interno in stringenti gerarchie para-militari e ‘politicamente’ organizzate in fazioni. La loro turbolenta collaborazione trovava ragion d’essere nella comunione degli scopi per cui s’erano approciate al pianeta: sfruttarne le risorse secondo le necessità della loro tecnologia e realizzare esperimenti genetici per raggiungere l’immortalità.
Lo sfruttamento delle risorse – in primis l’oro – si concluse presto, gli esperimenti sul DNA invece non sono ancora finiti.
A tal proposito possiamo ipotizzare che circa 25.000 anni fa, ma potrebbe essere accaduto molto prima ed essersi ciclicamente ripetuto per milioni di anni, essi siano riusciti a realizzare un prototipo umano dotato di tutte le caratteristiche utili ai loro scopi: riproduttivo, adattativo e animico, ossia capace di fungere da contenitore autonomo per le scintille di coscienza primordiale in cerca d’esperienza, dote a loro preclusa.

Va precisato che le razze aliene operanti sul pianeta Terra, utilizzano ancora oggi gli esseri umani animici per gli stessi scopi:

Utilizzano l’enorme energia della parte animica
Utilizzano le femmine umane come incubatrici di ibridi
Utilizzano le cavie ambosesso per esperimenti medici e genetici
Utilizzano i cervelli come hard disk per le loro memorie
Creano copie dei soggetti addotti da utilizzare in azioni di guerra
Gli ET privi di corpo parassitano quello umano per intrattenimento
Per non far torto a nessuno, va detto che anche i non animici sono a rischio rapimento visto che la maggior parte degli alieni adora la grigliata di carne umana.
Ma torniamo alla storia. In effetti per avviare l’allevamento era necessaria una coppia, l’Adamo e la Eva della bibbia ebraica per intenderci. Essi furono i primi animici, ma non i primi esseri umani. I due ed i loro discendenti, infatti, andarono e si riprodussero copulando a più non posso con umani e umane non animici ma già ampiamente diffusi su buona parte del pianeta.
Da quel momento si comincia a riconoscere una certa ciclicità della storia, c’è chi dice perché abbiamo un maggior numero di fonti, c’è chi dice perché sono incominciate le reincarnazioni. Consapevoli che potrebbero esserci stati migliaia di cicli, per brevità qui ci occupiamo solo dell’ultimo, quello inquadrato dal calendario Maya tra il 3.114 a.c. ed il 2012 d.c gregoriani.
Vediamo com’era la situazione all’inizio del ciclo. Nel 3.114 a.c. gli alieni erano stanziati stabilmente in quello che oggi si usa definire Vicino Oriente ed in Europa, si mostravano agli umani e li dirigevano con ferocia spacciandosi per Dei. Ogni popolo aveva il suo Dio in cima alla piramide. A qualcuno toccò un Rettiliano, ad altri un Grande Pollo, ad altri un Biondo a cinque o sei dita e via discorrendo (manca ad oggi un’attribuzione condivisa dei nomi delle razze extraterrestri riconosciute). Come detto, le fazioni aliene collaboravano mosse da un progetto comune ma entro i limiti dettati dalla loro bestialità intrinseca. Non erano infrequenti dispute e guerre sia sul palcoscenico terrestre sia altrove.
La loro struttura gerarchica, allora come oggi, era di stampo militare. Si provi ad immaginare un’intera società del terrore strutturata para-militarmente in cui tutti i membri non hanno altra ragion d’esistere che partecipare al progetto dettato dal vertice. A ben vedere è la versione hard del Nuovo Ordine Mondiale che sta prendendo piede anche da noi. Nessuna possibilità di scelta, o partecipi o muori. Civiltà senz’anima, per l’appunto. Quasi tutti gli alieni che hanno avuto modo di interagire col pianeta Terra vivono anche tutt’ora in società del genere. Non c’è quindi da stupirsi se tutti, immancabilmente, non provavano e non provano alcuna empatia nei confronti dei popoli soggiogati.
Apro una parentesi.
[ Io sono umano ed intendo restar tale. Io adoro il mio cane ed anche i miei polli. Il cane l’ho trovato orfano ed in fin di vita in una pozzanghera. Aveva sì e no tre settimane. Oggi sta bene, gioca senza soluzione di continuità ed è quasi completamente vegetariano. Date le generose dimensioni del giardino della casa in cui mi sono trasferito, mia moglie ha voluto prendere tre galline ed un gallo e questi ci hanno dato dentro, tant’è che a distanza di pochi mesi ora ne ho una trentina. Escluso che io accetti di mangiarli, ho scoperto addirittura di non volerli vendere sapendo che qualcuno poi se li mangia. Inoltre cane e polli hanno stretto amicizia e non mi va di separarli. Persino le formiche che mi infestano la cucina non mi stanno sulle palle come dovrebbero. Io sono umano ed intendo restar tale. ]
“Restiamo umani!”
Vittorio Arrigoni, un eroe
I nostri alieni ottusi sedicenti dei, invece, già allora si sollazzavano a fare carneficine. A loro interessava soltanto che l’allevamento proliferasse in attesa di scoprire come prendere possesso delle schegge animiche di coscienza primigenia (foriere della agognata immortalità) che erano riusciti ad ‘accumulare’ nei contenitori umani ma non ancora a trasferire a sé stessi. La loro mediocrità innata, passata e presente, e la inefficacia dell’organizzazione verticistica del potere sono testimoniate dalla constatazione che non ci sono ancora riusciti.
Le cronache del passato più remoto ci raccontano altresì che, col passare del tempo, tenere a bada gli allevamenti si fece più difficoltoso poiché un numero sempre maggiore di umani dimostrava un’insanabile tendenza alla ribellione. L’anima si stava diffondendo. Fu così che, secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio, le ultime navicelle aliene lasciarono il bacino del Mediterraneo nel 67 d.c. per trasferirsi nelle Americhe, in Oriente ed in Antartide.
Il controllo dei popoli mediterranei fu affidato a reggenti umani, in taluni casi a specifiche linee di sangue selezionate per quei ruoli. L’investitura aliena fu ovviamente definita divina e presto, in quel di Roma, qualcuno pensò bene di approfittarne oltre misura.

Gli extraterrestri, va loro dato atto almeno di questo, azzeccarrono la strategia da seguire: in un mondo in cui i pericoli per il loro dominio potevano giungere soltanto da umani dotati di anima (empatici, curiosi, fantasiosi, pacifici e per questo incontrollabili), misero sui troni individui che ne erano privi (dunque mediocri ma ambiziosi e quindi facilmente manovrabili) e garantirono a questi ultimi tutto il sostegno tecnologico necessario a mantenere il controllo dei popoli.

Perché la quasi totalità dei sovrani della storia che conosciamo sono immancabilmente aggressivi, crudeli, viziosi, insomma delle teste di cazzo? Perché i più non hanno l’anima e se ce l’hanno è corrotta dal patto scellerato, il patto col diavolo, ossia l’investitura aliena, usualmente detta ‘divina’. Va così da che mondo è mondo, la ragione è tanto semplice da apparire infantile. E lo è. Siamo noi ‘terrestri’ che ci abbiamo ricamato intorno per secoli, filosoficamente e teologicamente parlando, alla ricerca di una risposta alla domanda “Ma perché il male vince sempre sul bene?”. E giù satana e le sue tentazioni, e dagli col peccato originale e gli ultimi saranno i primi e Antani come fosse Antani. E’ molto più semplice! Vincono i senz’anima perché hanno dietro le Mantidi, i Rettiliani e tutti gli altri che li armano e li finanziano! Dove non c’è caos, lo portano loro.
Lo ammetto, mi sono spesso risentito nei confronti delle ultime generazioni che non hanno saputo ‘resistere’ alle tentazioni del consumismo e dell’arrivismo. Ho covato qualche riserva persino nei confronti di quelle categorie che hanno realizzato (immancabilmente eterodirette) le rivoluzioni del passato perché riscontravo una certa brevimiranza negli obiettivi. Pur non giustificando chi nei secoli ha sopportato il sistema messo in piedi dalle élites reggenti, va detto che ribellarsi così è opera fine a sé stessa. Di chi collabora attivamente, militari e nomenclature piramidali, penso e penserò sempre il peggio possibile, benché i più non siano che burattini senza anima.

Altro che maestri ascesi! Le ricerche di Corrado Malanga illustrano oltre ogni ragionevole dubbio che questi alieni non sono affatto delle cime. Tutto lo show a cui assistiamo ancor oggi, infatti, è parto della fantasia umana, prima ‘vaticana’, poi ‘massonica’ ed infine ‘illuminata’. All’atto pratico, nel lontano passato in cui hanno gestito le cose direttamente, gli alieni sono parsi in grado soltanto di abusare della superiorità tecnologica di cui disponevano in una maniera così immotivata, sfacciata ed ottusa da apparire irreale, divina appunto.

Purtroppo invece è realissima ed in cinque millenni i loro umori sono andati persino peggiorando. E al danno s’è aggiunta la beffa in quanto siamo stati proprio noi terrestri a costruire immensi castelli in aria per placare le urla del nostro bistrattato sub-conscio. Si chiama tecnicamente dissonanza cognitiva, altrimenti detta: l’accontentarsi della spiegazione che fa meno paura. Insomma, il nostro grande errore è quello di essere stati troppo remissivi in tempi passati acconsentendo alle élites al servizio degli alieni di dividerci, manovrarci e con ciò accumulare un potere sufficiente ad impedire qualsiasi reazione pubblica genuina, locale o globale.

Visto che questo tenta di essere un excursus imparziale, non posso introdurre sfacciatamente il dualismo dei buoni e dei cattivi. Ma se proprio vogliamo sollazzarci ad inquadrarli, a questo punto abbiamo gli strumenti per farlo.
Allo scopo riapro la parentesi.
[ Buoni e cattivi non esistono, ma nella vita ci sono sempre stati.
Da piccino tutto era bianco, tutto bello e benvenuto. Non ho ricordi di quel lontano passato, forse per questo. I primi cattivi apparvero alla scuola elementare. La maestra su tutti, enorme e severa, inflessibile con altri più che con me ma pur sempre temibile. Da una parte i bambini, dall’altra lei ed il fantasma di un preside che non conobbi mai.
Alle scuole medie i giocatori della squadra avversaria si moltiplicarono. Alcuni cattivi come da programma, alcuni in apparenza buoni ma pur sempre appartenenti alle fila del nemico.
Ben presto i nemici designati si fecero più numerosi. Il catechista, quello che voleva giocare nel mio ruolo nella squadra di pallone, chiunque lanciasse occhiate a quella che piaceva a me, quello che il padre aveva la macchina più grossa, gli juventini. Insomma, ai vecchi si aggiungeva una lunga serie di coetanei molesti.
Con essi condivisi una manciata di anni, trovandone ovunque. I primi a separarsi dal mio destino furono quelli che ‘andarono a lavorare’ appena finita la scuola dell’obbligo. I più divennero operai e subito trovarono bello che pronto un nuovo nemico da fronteggiare: la borghesia. Al proletariato spicciolo, il sistema offriva da tempo la lotta di classe tradotta da un massone, Karl Marx, in libri che anche un operaio poteva fingere di capire. L’applicazione pratica aveva dimostrato che un proletario poteva arrivare a trascorrere tutta la vita concentrato su un solo nemico a tiro di schiaffo – l’impiegato, il colletto bianco, quello sul gradino appena successivo al suo – arrivando persino ad idolatrare chi invece stava più in alto, ossia l’imprenditore.
Anche oggi, quest’ultimo è visto dalla maggior parte dei sedicenti comunisti come un generoso elargitore di lavoro. Se non ci fosse, non ci sarebbe lavoro. Se lui non si prendesse il rischio, l’operaio comunista non potrebbe sfamare la famiglia. Ergo, non resta che la borghesia con cui prendersela. Non potendo o non volendo aggredire la fonte della sua condizione (il sistema) – a rischio d’una perdita d’identità – il comunista preferisce sfogarsi con la classe impiegatizia. Quest’ultima esce da scuole un poco più alte e sfoga le sue smanie competitive contro i predetti, più in fase difensiva che offensiva. Per questo si dice che la destra fa e la sinistra critica. In realtà la destra si fa le pippe e la sinistra anche.
Io proseguii gli studi ed in ultimo mi lasciai avvincere dai gironi di Scienze Politiche. I cattivi piovvero dai libri come nespole. Poi lavorai – e duro – per quasi un decennio. I nemici di quella stagione erano quelli che mi impedivano di guadagnare di più. Per fortuna mi passò e scappai definitivamente in Africa. Da quel giorno in poi le fila dei miei nemici, presenti e passati, si sono fatte sempre più scarne.
Quando aprii il primo blog, nel 2008, mi piacevano Grillo e Travaglio. Stava nascendo, o era appena nato, il Fatto Quotidiano. Il nemico designato del popolo critico era Berlusconi. A me – ad esser sincero – divertiva, come mi ha sempre divertito lo show della politica, almeno fino all’avvento dei morti viventi attuali.
Compreso che i cabarettisti in parlamento non potevano essere i veri cattivi, alla spasmodica ricerca di un nemico con cui misurarmi passai ai poteri forti, alle lobbies, poi ai cartelli bancari ed alle multinazionali, poi alla massoneria, alle congreghe, agli ordini più o meno religiosi, agli illuminati, alle blood lines ed infine alle fazioni aliene.]
E’ sempre la stessa solfa – dalle lobbies in poi dovrebbe esser chiaro – ma la curiosità ci costringe a non accontentarci mai delle evidenze. Siamo arrivati alle fazioni extraterrestri ma c’è di certo qualcosa oltre. Per amor di conoscenza non ci fermeremo qui, ma armati della consapevolezza che il trait d’union, la costante ad ogni livello, è sempre la stessa: c’è qualcuno che vuole mettercelo nel culo. E’ il paradigma corrente, almeno è il mio. A questa convinzione consegue un postulato operativo: non c’è verso di ribellarsi con mezzi tradizionali, ossia stando nei parametri del sistema, attenendosi alle regole del gioco impostato dalla cricca priva di anima ma ricca di sponsor. Se ne deduce che la ribellione non può che essere personale ed interiore e che essa non dipende nemmeno dal livello d’istruzione o erudizione del soggetto. In effetti non è necessario sapere i nomi ed i cognomi degli Illuminati né rendersi conto della presenza aliena per trovare la volontà di ribellarsi.
 
Non è una questione di conoscenza, ma di consapevolezza.
Ultima di una lunga serie, l’analisi delle dinamiche aliene non fa che confermare l’immensa palese grettezza e meschinità di chi comanda. Non solo nazioni, ma interi universi girano intorno alle bizze di vecchi bacucchi inguardabili, incarnati in bestie mostruose, sterili e puzzolenti che stanno dove stanno soltanto perché sono arrivati prima. Sono dei somari di prim’ordine, dei tecnocrati, ma beneficiano del monopolio del potere coercitivo. A farne le spese sono gli ultimi arrivati, noi.

Se c’è una soluzione, dunque, non consiste nello arrampicarsi (fisicamente o intellettualmente) fino a loro per giocare con le loro regole. Non si tratta di avere le armi più tecnologiche o i migliori strumenti di persuasione. Scegliendo questo approccio, in una decina di generazioni diverremmo tali e quali i nostri attuali aguzzini. Se c’è una soluzione essa è nel mondo delle idee.

Nella pratica, quanto si può fare è, in primis, elaborare le idee giuste e, in secundis, trasmetterle agli altri. Un’idea giusta, a mio parere, è che bisogna sforzarsi di superare tutti i dualismi artificiali, specie quelli di basso calibro in parte elencati nella mia breve biografia tra parentesi. Bisogna finirla di prendersela con i negri perché sono negri o con gli operai perché sono comunisti o con gli juventini perché sono ladri o con la blogosfera perché ha una marcia in più. Bisogna finirla di considerare gli animali e gli uomini come tranci di carne un tanto al chilo. Bisogna smettere di incazzarsi ad oltranza, rifiutare a priori le emozioni negative ed estirpare dalla propria vita tutte le esperienze che tendono a produrle. Bisogna desiderare e sognare l’armonia e la gioia e riconoscere la sublime ingenua bellezza dentro e tutt’intorno a noi.
Eccheccazzo! Basta compromessi!
Noi siamo meglio di loro, immensamente meglio di loro.
Non è troppo tardi per decidersi a pensare ed agire di conseguenza.
p.s. Il pensiero attivo e la ricerca interiore, anche lì da voi nel macabro occidente, dovrebbero tenerli a bada per qualche tempo, ma se un giorno vi atterrassero in giardino, fatemi il piacere, prendeteli a fucilate nel sedere.
Articolo pubblicato sul sito TNEPD
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