Pericardite, fibrillazione atriale, inr e vitamina k

AVR-+pericarditeCaro Valdo, permettimi di darti del tu, poichè sei entrato nella cerchia di quelle persone a cui tengo. Sono stato operato nell’ottobre 2011 di pericardite costrittiva. Una condizione invalidante. Dopo l’operazione effettivamente la mia condizione fisica è migliorata molto, ma mi è rimasta una fibrillazione atriale a bassa frequenza e una tendenza alla ritenzione idrica con un po’ di gonfiore alle gambe.

IL DIURETICO CONTRO LA RITENZIONE E L’ANTICOAGULANTE CONTRO I TROMBI

I medici mi hanno raccomandato di prendere Congescor, un diuretico e l’anticoagulante Sintrom da dosare opportunamente. Da circa un anno sono diventato vegetariano, poi vegano ed ora, grazie a te, tendenzialmente crudista al 70/80 % circa. Sono dimagrito, mi sento bene, ho riacquistato energia, con mia moglie faccio passeggiate veloci lungo il mare per un’ora, tutto bene.

HO DOVUTO CEDERE E TROVARE UN COMPROMESSO

Generalmente sono stato sempre contrario ai medicinali ma purtroppo in questo caso, come si dice, ho dovuto abbozzare. Pur non dimeno, dopo avere iniziata l’alimentazione tendenzialmente crudista, ho ridotto drasticamente il diuretico e ho portato alla dose minima il betabloccante.

UNA DIFFICILE COESISTENZA TRA INSUFFICIENZA RENALE E VITAMINA K

I medici mi raccomandano di tenere l’INR superiore a 2. Per mantenere questo valore devo stare attento a cosa mangio, devo rinunciare a lattuga, broccoli, spinaci, asparagi, kiwi in sostanza a tutto quello che contiene abbondante vitamina K. Sappiamo bene l’importanza di questi cibi e non vorrei rinunciarci.

COME FLUIDIFICARE IL SANGUE?

Spesso tu parli di fluidità del sangue, dell’importanza d’avere questo fluido vitale al massimo della scorrevolezza nei vasi sanguigni tale da ossigenare le cellule del nostro corpo. Ebbene come fare per raggiungere questa condizione?

COME RAGGIUNGERE IL GIUSTO EQUILIBRIO E LA GIUSTA ARMONIA?

Come conciliare i valori raccomandati di INR con i cibi ricchi di vitamina K? Devo ridurne il consumo o semplicemente fregandomene della vitamina K, abbandonare l’anticoagulante e i controlli periodici di INR? Una scelta difficile. Spero che tu possa avere un consiglio da darmi. Grazie per tutto quello che fai per noi che ti seguiamo

Nino Corrao

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RISPOSTA

DEFINIZIONE DI PERICARDIO, MESODERMA E MESENCHIMA

Ciao Nino. Pericardio deriva dal greco perì=intorno e kardià=cuore dal greco e significa “intorno al cardio” è una sottile membrana di origine mesodermica che circonda il cuore. Il mesoderma è la lamina cellulare che nelle prime fasi dello sviluppo embrionale si differenzia formando uno strato di cellule interposte tra l’ectoderma e l’endoderma (foglietti embrionali). Il mesenchima poi è il tessuto connettivo embrionale. Ha origine dallo staccamento delle cellule dei foglietti embrionali, soprattutto da quello mediano (mesoderma). Un mesenchima può tuttavia derivare anche da determinate parti dell’ectoderma e dell’endoderma.

LIQUOR PERICARDICO TRA I DUE FOGLIETTI DEL PERICARDIO SIEROSO

Altri organi che derivano dal mesoderma e dal mesenchima sono il sangue, l’apparato cardiovascolare, il sistema linfatico, i tessuti connettivi, l’apparato urogenitale, i muscoli. Pericardio fibroso è lo strato esterno, mentre pericardio sieroso è lo strato interno che aderisce perfettamente a tutte le parti piane e a tutte le insenature del cuore. Fra i due foglietti del pericardio sieroso sono presenti normalmente da 20 a 50 ml di liquido chiaro roseo detto liquor o liquido pericardico.

RUOLO PROTETTIVO E SOSTENITIVO NEI RIGUARDI DEL CUORE

La parte superiore del pericardio è aderente al cuore e prende il nome di epicardio. In corrispondenza dei grandi vasi sanguigno che dipartono (o entrano) dal cuore le due superfici si fondono. Inferiormente invece il pericardio aderisce al diaframma. Il pericardio funge da difesa primaria del cuore contro gli attacchi esterni, lo fa aderire saldamente entro il mediastino anteriore, ne limita la distensibilità e, grazie al liquido pericardico, impedisce lo sfregamento delle fibre miocardiche.

DEFINIZIONE DI PERICARDITE

La pericardite è una malattia infiammatoria (acuta, subacuta, cronica) che colpisce il pericardio, accompagnata da alterazione degli indici infiammatori (VES, PCR), spesso da dolore intenso, che aumenta in alcune posizioni o per inspirazioni profonde, a volte irradiato.

IL VERSAMENTO PERICARDICO

Una piccola quantità di liquido tra i due foglietti del pericardio è fisiologica ma, quando esiste infiammazione, il liquido può aumentare. Si parla in questo caso di “versamento pericardico”, che può avere entità molto variabile e che la maggior parte delle volte si risolve con terapie mediche. Sono spesso presenti alterazioni dell’elettrocardiogramma e sfregamenti pericardici all’auscultazione.

IL CASO ESTREMO DEL TAMPONAMENTO CARDIACO

Oltre al dolore toracico può esserci febbre, astenia (dal greco stenos=mancanza di forza), difficoltà respiratoria. Alcuni dei sintomi sono proporzionati all’entità del versamento. A volte possono verificarsi modeste aritmie. In molti casi tra i primi sintomi possono comparire dolori alla spalla sinistra. Nei casi più gravi i sintomi sono quelli di un tamponamento cardiaco, situazione in cui il cuore è compromesso nella sua funzione dal liquido presente all’esterno.

ETICHETTE EZIOLOGICHE POCO CONVINCENTI

A parte le cause iatrogene, evidentissime, frequentissime e fortemente sottostimate, la maggior parte delle volte la causa di pericardite resta sconosciuta, salvo applicarci sopra le solite etichette di malattia infettiva-genetica-autoimmune-idiopatica che non convincono più nessuno. Infarti precedenti o procedure cardiache invasive possono risultare decisivi nell’insorgenza di pericardite.

CURE APPROSSIMATIVE E ASPIRINA A FORTI DOSAGGI

La pericardite può essere risultato del coinvolgimento di organi o strutture vicini, di tubercolosi, neoplasie, leucemie, immunodeficienze, insufficienze renali, traumi del torace, radioterapie, chemioterapie. Malattie definite autoimmuni quali lupus eritematoso sistemico LES, artrite reumatoide AR, sindrome di Sjogren e febbre reumatica sono cause tipiche di pericardite. Le terapie si basano sull’utilizzo di farmaci antinfiammatori FANS ed aspirina ad alte dosi.

COLCHICINA, CORTISONE E RECIDIVE

Per prevenire recidive, diversi studi indicano l’utilità della colchicina, anche a basso dosaggio (0.5-1 mg/g). La cura con cortisone è la più diffusa, ma anche una causa importante di ricadute. Gli antibiotici sono spesso somministrati in caso sospetto di infezione, col concetto dello sparare a caso sul gruppo (perché non si sa mai). Passata la fase acuta, i controlli sia ematologici (esami del sangue) sia strumentali devono essere ripetuti a intervalli regolari per un periodo variabile. La prognosi è buona nella maggior parte dei casi, anche in presenza di recidive. La pericardite costrittiva, così come il tamponamento cardiaco, sono, tutto sommato, eventi rari.

RUOLO DELLA PROTROMBINA NELLA COAGULAZIONE

E, a questo punto, occorre parlare di coagulazione del sangue. La protrombina, conosciuta anche come fattore II della coagulazione è una glicoproteina plasmatica sintetizzata dal fegato. La lesione di un vaso sanguigno determina la rapida conversione della protrombina (fattore II) in trombina (fattore IIa), che a sua volta converte il fibrinogeno in un polimero di fibrina insolubile. Si produce così un intreccio di fibre che partecipa alla formazione del coagulo.

TEMPO DI PROTROMBINA PT

Il tempo di protombina (PT, dall’inglese Prothrombin Time) è un’analisi del sangue in grado di quantificare il tempo necessario alla formazione di un coagulo di fibrina. A tale scopo, vengono addizionate specifiche sostanze al campione, come citrato, calcio e tromboplastina tissulare. In condizioni normali, il tempo di protrombina varia indicativamente dagli 11 ai 13 secondi, in relazione alle metodiche analitiche adottate.

L’INDICE INR (INTERNATIONAL NORMALIZED RATIO) O TEMPO DI PROTROMBINA

Il più delle volte, comunque, il tempo di protrombina viene espresso mediante un indice detto INR (International Normalized Ratio), che tiene conto della sensibilità del reagente tromboplastinico utilizzato. Il tempo di protrombina è molto importante per il monitoraggio dei pazienti in terapia con anticoagulanti orali. In condizioni normali, il valore ottimale di INR è compreso tra 0,9 ed 1,3. Tuttavia, in base alle caratteristiche del paziente e alle necessità terapeutiche, il medico può stabilire valori ottimali di INR superiori.

BASSA COAGULAZIONE UGUALE EMORRAGIA, ALTA COAGULAZIONE UGUALE TROMBO

Per esempio, in caso di fibrillazione atriale o nella prevenzione della trombosi venosa, l’INR ideale è compreso tra 2 e 3, mentre nei pazienti portatori di protesi valvolare meccanica, l’INR adeguato è un po’ più alto, tra 2,5 e 3,5. Andando verso gli 1-2 secondi abbiamo bassa anticoagulazione e rischio trombotico. Andando verso i 4-5-6 secondi abbiamo alta anticoagulazione e rischio emorragico.

I FARMACI FLUIDIFICANTI A CONTRASTO DELLA VITAMINA K (COAGULANTE)

Il tempo di protrombina INR è utile per valutare cinque dei dodici fattori della coagulazione (I -fibrinogeno -, II – protrombina, V – proaccelerina, VII – proconvertina e X – protrombinasi) . Tutti questi fattori sono sintetizzati dal fegato e tre di questi (II, VII e X) sono attivati da enzimi vitamina K-dipendenti. Gli anticoagulanti orali, come Coumadin-Warfarin, sono degli antagonisti della vitamina K e come tali inibiscono l’attivazione dei sopraccitati fattori della coagulazione. Agendo in questo modo, questi farmaci “fluidificano il sangue”, impedendo che si formino dei coaguli all’interno del torrente circolatorio.

DISORDINI COAGULATIVI IN ECCESSO E IN DIFETTO

L’attività degli altri fattori della coagulazione viene rilevata da un esame ematico di laboratorio definito tempo parziale di tromboplastina PTT. Per avere un quadro più completo sull’attività coagulante del sangue, i due test vengono spesso eseguiti in contemporanea, specie in presenza di sintomi da disordine coagulativo in eccesso (trombosi) o in difetto (perdita sangue dal naso, gengive sanguinanti, ipermenorrea o flusso mestruale alto, sangue nelle feci o nelle urine, perdita della visione, anemia cronica, ecchimosi ed ematomi.

TEMPO DI PROTROMBINA ALTO E RISCHIO EMORRAGICO

Il tempo di protrombina è prolungato da 1) Medicinali anticoagulanti, come il coumadin (warfarin), il Sintrom e l’eparina. Ma anche dalla scarsa attività fisica, 2) Assenza o scarsezza di attività fisica, 3) Ridotta sintesi o eccessivo consumo dei fattori della coagulazione I, II, V, VII e X, 4) Carenza di vitamina K per ridotto apporto alimentare o cattivo assorbimento intestinale (anche per una dieta ipolipidica o per la presenza di un’ostruzione biliare), 5) Malattie epatiche come la cirrosi, l’epatite o l’insufficienza epatica. Con INR elevato possono comparire delle piccole emorragie nasali o emorroidali, ecchimosi e lividi cutanei anche per traumi di modesta entità.

FATTORI DETERMINANTI DEL TEMPO DI PROTROMBINA

Il tempo di protrombina può essere influenzato da numerose variabili. Nei soggetti in cura con anticoagulanti, il fattore più importante è l’apporto alimentare di vitamina K. Per questo motivo è essenziale che tali individui seguano una dieta regolare ed equilibrata, che apporti ogni giorno quantità quanto più possibile costanti di vitamina K. Barbiturici, contraccettivi orali, integratori e terapie ormonali sostitutive, possono accorciare il tempo di protombina. Diarrea severa, vomito prolungato e ogni altra causa responsabile di ispissatio sanguinis (o disidratazione) possono aumentare i valori dell’INR.

SUCCESSO CHIRURGICO PER IL CHIRURGO O PER IL PAZIENTE?

Nel caso in oggetto, l’intervento chirurgico risolutivo del versamento, ha avuto successo. Anche perché è il paziente stesso a raccontarlo, per cui significa che almeno è vivo e vegeto. In realtà, come in tutti gli interventi umani, aggiusti una anomalia solo temporaneamente. E, come non bastasse, ne aggiusti una per procurarne altre tre, quattro o cinque. Andrei piano col definire “successi” questo tipo di interventi.
Successi nel senso di “dimostrazione di abilità chirurgica”? Nessun dubbio. Successi in termini di
maggior benessere del paziente? Avrei molto da ridire. Ritenzione idrica, edema, fibrillazione atriale e
malesseri di contorno non possono essere considerati cose da niente.

UNA MALATTIA IATROGENA O MEDICO-CAUSATA

Si parla di fibrillazione atriale quando il battito cardiaco diventa irregolare e accelerato (tachiaritmia) che origina nelle camere cardiache superiori, i cosiddetti atri, impedendo loro di funzionare correttamente (disorganizzazione dell’attività atriale). In tali circostanze, gli atri non sono più in grado di espellere tutto il sangue, che rimarrà in parte all’interno delle camere con il rischio di formazione di coaguli.

LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

La fibrillazione atriale è il disturbo cronico del ritmo cardiaco più frequente. Interessa l’1-2% della popolazione e le probabilità di sviluppare tale condizione aumentano con l’avanzare dell’età. Le caratteristiche della fibrillazione atriale variano da individuo a individuo. Alcune persone non manifestano alcun sintomo, spesso per anni, mentre per altre i sintomi cambiano di giorno in giorno, ragione per cui il trattamento congiunto dei sintomi e della fibrillazione atriale si rivela tutt’altro che semplice.

FATTORI CAUSANTI

Le possibili cause della fibrillazione atriale sono molteplici e includono 1) Difetti valvole cardiache,
2) Difetti cardiaci congeniti, 3) Enfisema o altre pneumopatie, 4) Esposizione a sostanze stimolanti, quali ad esempio farmaci, caffeina o tabacco, o consumo di alcol, 5) Insufficienza cardiaca, 6)
Attacchi di cuore, 7) Ipertensione, 8) Ipertiroidismo o altri squilibri metabolici, 9) Precedenti interventi di cardiochirurgia, 8) Apnea notturna, 9) Stress dovuto a polmonite.

SINTOMI

La fibrillazione atriale, nella maggior parte dei casi, è la conseguenza di una malattia cardiovascolare, ma può verificarsi anche in soggetti che non soffrono di alcuna cardiopatia. In tal caso, si usa parlare di fibrillazione atriale isolata. Alcuni individui affetti da fibrillazione atriale non mostrano alcun sintomo e vivono ignari della loro condizione fino a che questa non viene rilevata dal medico durante un esame obiettivo. Coloro che, al contrario, manifestano un quadro sintomatologico possono lamentare 1) Palpitazioni, ossia sensazioni di cuore in gola, 2) Battito cardiaco irregolare o anomalo, o tuffo al cuore, 3) Debolezza, 4) Stordimento, 5) Confusione, 6) Difficoltà respiratorie, 7) Dolore al torace.

FIBRILLAZIONE PAROSSISTICA (ACUTA) E FIBRILLAZIONE PERMANENTE (CRONICA)

Parossistica: quando il battito cardiaco torna spontaneamente alla normalità si parla di fibrillazione atriale parossistica. Questa condizione può essere associata a sintomi transitori, di durata variabile da pochi minuti a ore, ma che si risolvono in maniera spontanea. Permanente: in presenza di una fibrillazione atriale permanente, i sintomi perdurano in genere fino a che non vengono trattati.

FIBRILLAZIONI INNOCUE E FIBRILLAZIONI RISCHIOSE

Alcuni tipi di fibrillazione atriale sono innocui, altri invece possono avere gravi implicazioni. Chiunque sia affetto da una malattia cardiovascolare, inclusi coloro che hanno subito un intervento di cardiochirurgia, è esposto a un rischio di fibrillazione atriale più elevato e le possibilità di sviluppare una fibrillazione atriale aumentano con l’avanzare dell’età. Anche le persone con problemi di salute cronici o con una storia familiare di fibrillazione atriale sono a maggiore rischio. Una fibrillazione atriale può essere infine scatenata anche da una smoderata ingestione di alcolici. Diagnosticare una condizione di fibrillazione atriale è importante, perché questo problema cardiaco può contribuire allo sviluppo di un infarto. La diagnosi, tuttavia, può rivelarsi difficile in quanto la fibrillazione atriale è un evento imprevedibile e i sintomi non sono sempre evidenti.

VITAMINA K, OSSIA LA KOAGULATION VITAMIN

Per vitamina K s’intende una serie di composti che derivano dal 2-metil-1,4-naftochinone. Il nome di vitamina K deriva dal nome Koagulation Vitamin con cui fu nominato uno di questi fattori allorché venne identificato nel 1926. Negli anni successivi tale composto risultò essenziale nel mantenere i livelli di alcuni fattori della coagulazione e vennero identificati altri derivati dotati della stessa azione biologica. Nel 1974 venne scoperto il meccanismo di funzionamento della vitamina K.

FILLOCHINONE, MENACHINONE E MENADIONE

Le vitamine K vengono suddivise in tre gruppi: Vitamina K1 o fillochinone (2-metil-3-fitil-1,4-naftochinone) di origine vegetale e che costituisce la forma più presente nella dieta. Vitamina K2 o menachinoni di origine batterica (sintetizzata dai batteri simbionti normalmente presenti nella flora intestinale umana, come quelli appartenenti al genere Escherichia (come E. coli). I menachinoni differiscono per il numero di unità isopreniche che si trovano nella catena laterale). Vitamina K3 o menadione, liposolubile, di origine sintetica ed il suo derivato bisolfitico, idrosolubile.

ASSORBIMENTO INTESTINALE DIVERSIFICATO DELLA VITAMINA K

La vitamina K1 viene assorbita a livello dell’ileo con un meccanismo energia-dipendente mentre i menachinoni pare che vengano assorbiti nel colon. In entrambi i casi il corretto assorbimento dipende dalla normalità delle funzioni biliare e pancreatica e viene favorito dalla presenza di grassi. Successivamente la vitamina K viene inserita nei chilomicroni e da qui passata alle VLDL (very low density lipoproteins) ed alle lipoproteine a bassa densità (LDL) da cui viene ceduta ai tessuti.

L’IMPORTANZA DEI BATTERI SINTETIZZATORI

La vitamina K viene immagazzinata assai poco e per di più presenta un tempo di emivita di circa 17 ore, il che ne rende necessario un continuo apporto ottenuto dalla dieta e dai batteri sintetizzatori che si trovano nell’intestino (Escherichia Coli). Questo fa capire gli enormi danni che si causano alla flora intestinale con l’assunzione di antibiotici. Le vitamine K2 e la K1 vengono poi sottoposte a beta-ossidazione ed escrete con le urine come tali o coniugate con acido glucuronico. Il menadione viene eliminato con le urine agganciato ad un gruppo solfato, fosfato o glucuronide.

VITAMINA K ATTIVATRICE DI PROTEINE TROMBOTICHE

La vitamina K agisce come coenzima di una carbossilasi che determina carbossilazione di residui di acido glutammico per formare l’aminoacido y-carbossiglutammico (GLA), rendendo così attive alcune proteine come la protrombina ed i fattori VII, IX e X della coagulazione, le proteine plastiche C-M-S-Z, l’osteocalcina e la proteina GLA della matrice a livello osseo.

IDROCHINONE, FORMA ATTIVA DELLA VITAMINA K

La forma attiva della vitamina K è l’idrochinone (KH2), ottenuto da una reazione di riduzione catalizzata da una riduttasi dipendente da NADPH (nicotinamide adenite dinucleotide phosphate) o glutammato-sintasi e da gruppi sulfidrilici. Durante la reazione di carbossilazione per generare GLA, l’idrochinone viene trasformato in epossido, il quale, ad opera di una epossido-riduttasi, viene riconvertito in vitamina K.

DISCRIMINAZIONI MEDICHE SULLA VITAMINA K

Alcuni farmaci anticoagulanti (come il Warfarin) svolgono la loro azione andando ad inibire le reduttasi, bloccando la formazione di vitamina KH2 e determinando una diminuzione di alcuni fattori della coagulazione. Per contro, nei casi in cui è prescritta una tale terapia, il paziente che non abbia il desiderato valore del Tempo di protrombina deve assumere meno alimenti ricchi di vitamina K.

PARTICOLARE ABBONDANZA DI VITAMINA K NELLE FOGLIE VERDI

La vitamina K si trova sia negli alimenti vegetali che nelle proteine animali in quelli animali ed in più viene sintetizzata dai batteri intestinali. Tra i vegetali, i più ricchi sono quelli a foglie verdi (broccoli, cavolo, cavolini di Bruxelles, cime di rapa, spinaci, verza, e foglie verdi in genere). Contengono vitamina K pure i ceci, i piselli, la soia, il the verde. I latticini, la carne, la frutta ed i cereali ne hanno in quantità molto inferiori. Altro alibi medico per spingere la gente verso la solita bistecca. La soluzione alternativa l’ho ribadita nella tesina “Radicali liberi, stress ossidativo e chiave flavonoica al benessere”, dell’11/2/13.

ENORME CONFUSIONE NELLA TESTA MEDICA

C’è evidentemente nella testa della medicina un caos indescrivibile. Mancando ai medici concetti di base (quali le sostanziali differenze tra minerali organici e inorganici, tra vitamine naturali e sintetiche, tra acqua biologica assimilabile-rivitalizzante e acque minerali dure-inattive), essi continuano a mescolare e a confondere il naturale con l’innaturale, il sacro col profano, l’innocenza con l’abominio. Continuano a rincorrere la singola vitamina o a tappare la singola buca, ignorando leggi fondamentali come quella del minimo, quella delle sinergie, quella di causa ed effetto, quella della tendenza corporale al riequilibrio.

CRONICA INCAPACITÀ NEL DISTINGUERE CON CHIAREZZA  IL BENE DAL MALE

Non sanno, in particolare, che nelle foglie verdi e nella clorofilla viva, c’è acqua biologica gradita ai glomeruli renali, per cui gli eventuali eccessi vitaminici si auto-regolano facilmente, mentre con le pasticche sintetiche ogni sbalzo diventa pesante auto-avvelenamento. Non sanno, nella fattispecie, che un conto è fluidificare il sangue con la vitamina K naturale ed innocente, col tarassaco, le alghe, il succo d’arancia e di pompelmo, gli asparagi, l’acetosa, l’ananas, la carota, il cetriolo, la fragola, il i bes, l’uva, il topinambur, l’aloe, le alghe, l’anguria, il melone, le ciliegie, il pomodoro, il finocchio e il carciofo, e un altro conto è invece fluidificarlo con la vitamina K bastarda e sanguinaria, con l’eparina di maiale della Pfizer, col fegato di struzzo e i testicoli del toro. Quasi che macchiarsi di rosso sull’albero delle ciliegie, e imbrattarsi di sangue e liquidi organici nella sala torture dei macelli, fosse la stessa e medesima cosa.

Valdo Vaccaro

Fonte

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