L’insostenibile brevetto: chi controlla il nostro cibo? L’inchiesta di Report sugli Ogm

semi ogm report

Brevetti in agricoltura e Ogm, ecco il tema centrale della puntata di Report andata in onda lunedì 11 novembre 2013, in prima serata su Rai3. Il riso, i pomodori e il mais non sono più di proprietà di chi li coltiva. Perché? L’inchiesta di Report cerca di rispondere proprio a questa domanda.

Per fare un seme ci vuole un frutto? Al giorno d’oggi sarebbe meglio dire che per fare un seme occorrono un laboratorio e un brevetto. Se chi controlla il cibo controlla i popoli, per avere il potere sulla produzione alimentare, bisogna partire dal primo anello, cioè dai semi. Tutto ha avuto inizio nel 1994, quando a Marrakesh i Paesi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, su spinta degli Stati Uniti, si riunirono con l’intento di trovare una strategia per brevettare gli esseri viventi, semi compresi – la base dell’agricoltura e dell’alimentazione. I semi dovrebbero sempre essere a disposizione dei contadini, che hanno il diritto di scambiarli liberamente tra loro, oppure acquistarli senza problemi, nel caso non dovessero averne a disposizione a sufficienza.

Il risultato dell’accordo ha portato ad un vero e proprio copyright sulle sementi e sulle piante. Il servizio condotto da Piero Ricciardi per Report ha introdotto il problema dei semi ibridi. Da una zucchina ibrida non sarà possibile ricavare semi fertili utilizzabili per ottenere un nuovo raccolto. I brevetti si estendono ai mangimi destinati agli animali da allevamento. Mais e soia Ogm, tra i loro ingredienti principali, sono un brevetto delle multinazionali biotech. E accanto ai brevetti non mancano i marchi registrati per la commercializzazione, come per le mele. Così non troviamo più le “mele di una volta”, ma una serie di frutti omologati.

E’ così che le famose mele della valle dell’Adige diventano proprietà di veri e propri “club di filiera”. Dunque, se un agricoltore vuole coltivare una mela Pink Lady – varietà brevettata – e costretto ad acquistare piante che costano il doppio rispetto alle varietà tradizionali. I contadini non potranno né riprodurre le piante di mele né vendere i frutti in modo autonomo. I coltivatori di mele devono rispettare le indicazioni di chi detiene i brevetti e, se ciò non avviene, le piante devono essere estirpate. A raccontarlo sono le voci degli stessi coltivatori coinvolti nel business delle mele brevettate. Ma i melicoltori non guadagnano nulla, se non quanto occorre per sopravvivere, in una sorta di rinnovata mezzadria.

I brevetti e le varietà omologate minacciano la biodiversità. In passato, le varietà di frutta e ortaggi nascevano dalla sapiente selezione di piante e sementi effettuata dai contadini. Ora, con varietà uniche e brevettate, ciò non può più avvenire per la produzione su larga scala destinata alla commercializzazione. Ed ecco così i danni provocati dalla monocoltura: piante e coltivazioni sempre più fragili ed esposte alle malattie, terreni impoveriti tanto quanto gli agricoltori.

In Canada le coltivazioni di soia e colza avvengono tramite sementi Ogm brevettate dalle multinazionali, Bayer e Monsanto in primis. E gli agricoltori sono costretti ad acquistare i prodotti indicati dall’azienda che detiene il brevetto per ogni singola varietà, altrimenti il raccolto verrebbe del tutto rovinato. Report approfondisce anche il tema delle contaminazioni Ogm.

Se sementi geneticamente modificate finiscono accidentalmente nel campo di chi non aveva intenzione di coltivarle, l’agricoltore sarà citato in giudizio da Monsanto (cha all’inizio era una azienda attiva nel campo delle armi chimiche e che ha iniziato ad occuparsi di sementi soltanto negli anni Ottanta), e probabilmente sarà costretto a pagare delle multe in base al brevetto presente sui semi. Monsanto è ora a capo di un giro d’affari di oltre 9 miliardi di dollari ed è tra le più potenti multinazionale degli Ogm del pianeta, insieme a Syngenta, legata al mondo farmaceutico e alla svizzera Novartis. Insieme producono le sementi Ogm e gli agrofarmaci necessari per coltivarle, ad esempio, l’erbicida Roundup.

Le sementi Ogm non sono un simbolo di progresso, bensì la rovina degli agricoltori, costretti ad acquistare semi che potranno coltivare solo per un anno, a comprare nuove sementi per i successivi raccolti e gli erbicidi per tenere sotto controllo le infestanti che li rovinerebbero. Un giro d’affari incessante e infernale, che conduce i coltivatori sull’orlo del baratro economico (con spese che a causa degli Ogm sono passate da 1 dollaro ad acro ad oltre 50 dollari ad acro in Canada) e che non incrementa né le rese dei raccolti – è la natura stessa a ribellarsi agli Ogm – né le rendite. Continuiamo dunque ad opporci agli Ogm ed a preservare l’Italia dalla loro introduzione, purtroppo, almeno i parte, già avvenuta in Friuli.

Guarda qui la puntata di Report.

Scritto da Marta Albè

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