L’Ecuador, il petrolio, la foresta tropicale e l’iniziativa Yasuni-ITT

Il Parco Nazionale Yasuni, nel cuore dell’Ecuador e dell’America Latina, viene considerato il luogo del mondo con il più alto tasso di biodiversità: pensate che in un solo ettaro della sua incontaminata foresta tropicale sono stati identificate ben 644 diverse specie di alberi, la stessa varietà presente in Stati Uniti e Canda messi insieme. Eppure la sua integrità è fortemente a rischio, perché nel suo suolo giacciono tonnellate di preziosissimo oro nero. Per salvaguardare il Parco e le specie che lo abitano, due anni fa è stata inaugurata l’iniziativa Yasuni-ITT. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Il Parco Nazionale Yasuni ospita migliaia di specie animali e vegetali (molte delle quali molto rare o in via di estinzione), tanto da essere stato dichiarato dall’UNESCO “riserva mondiale di biosfera”. Entro i suoi confini abitano anche alcune tribù indigene, come i Waorani, che credono fermamente nella sacralità della foresta e che vivono di ciò che riescono a procacciarsi con caccia e pesca. Un piccolo paradiso terrestre, insomma, che contribuisce a rendere respirabile l’aria dell’intero Pianeta e che è minacciato, come accade in gran parte dell’Amazzonia, da giacimenti di petrolio e da interessi economici.

L’estrazione del petrolio presente nel sottosuolo comporterebbe infatti una drammatica alterazione degli ecosistemi del Parco, provocando inquinamento, emissioni di anidride carbonica e deforestazione e mettendo in serio pericolo la vita e l’antica cultura delle popolazioni indigene. Per questo, dopo tre anni di discussione e pianificazione, nel 2010 il presidente ecuadoriano Rafael Correa ha lanciato alle Nazioni Unite la sua proposta, la Yasuni-ITT (la sigla sta per Ishpingo-Tiputini-Tambococha, dal nome dei centri abitati più vicini ai giacimenti petroliferi, nell’angolo nord-est del Parco).

Constatato che la foresta del Parco Nazionale Yasuni è una risorsa ecologica preziosissima per l”intero Pianeta, l’Ecuador si impegna a non estrarre l’oro nero presente in quella regione e a non sfruttarne i benefici, in cambio di una compensazione economica da parte delle altre Nazioni. Nell’arco di una decina di anni, lo Stato andino dovrebbe ricevere una cifra corrispondente alla metà del valore del petrolio custodito nel suo sottosuolo (stando alle stime, circa 850 milioni di barili, per un valore stimato di circa 3,5 miliardi di dollari), impegnandosi a proteggere la foresta del Parco Nazionale Yasuni e ad investire in energie e tecnologie sostenibili.

Nel 2011 le donazioni (che vengono indirizzate ad un fondo apposito creato dall’UNDP – United Nations Development Programme) hanno toccato quota 116 milioni di dollari, mentre nel 2012 hanno superato i 200 milioni (l’Italia ha contribuito con 46 milioni di dollari), ma non hanno raggiunto l’obiettivo prefissato di 291 milioni di dollari. La richiesta di compensazione nasce soprattutto dal fatto che l’economia ecuadoriana “vive” di petrolio, che rappresenta il 50% delle sue esportazioni. E non dobbiamo dimenticare che il piccolo Stato andino è stato (e rischia ancora oggi di essere) preda di spregiudicate compagnie straniere che ne hanno sfruttato, danneggiato e inquinato il territorio.

Cosa pensate dell’iniziativa Yasuni-ITT? Credete che funzionerà? E, soprattutto, credete che sia giusto chiedere un risarcimento economico per mantenere l’ambiente inalterato?

L’immagine è tratta da Wikipedia

Greenme

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