L’abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose ….

(citazione di Micheal De Montaigne)

Il caos spesso genera la vita, laddove l’ordine spesso genera l’abitudine. Henri Adams
Il cielo ha donato all’uomo l’abitudine come buon surrogato della felicità. Aleksandr Puskin

Ho passato gli ultimi giorni a chieder ad alcuni amici cosa pensassero e quale fosse la loro definizione di abitudine.
Le risposte sono state molto varie e percettive, istintive. Hanno definitol’abitudine come: NOIA, AGIO, DIPENDENZA,UNA RIPETIZIONE,UNA ROUTINE, UN INSIEME AZIONI RIPETUTE SISTEMATICAMENTE SENZA PENSARE, L’ INCAPACITA’ DI IMMAGINARE ALTRO, UNO STRUMENTO e UN ABITO.

E’ un abito perchè la sua derivazione etimologica significa:

Per la sociologia l’abitudine è uno strumento:

Azioni eseguite meccanicamente e in maniera reiterata: si agisce in un determinato modo perché si è sempre agito così.
Nello studio sociologico, le abitudini costituiscono una regolarità che rende le azioni prevedibili e garantiscono così la corrispondenza tra aspettative e comportamenti, rendendo possibile agli attori il controllo e la gestione del contesto.

L’abitudine è quel tipo di comportamento ripetitivo che viene attuato automaticamente da una persona, ossia inconsciamente. Esso si basa sulla ripetizione di parole e/o azioni inserite in passato nella Memoria in modo artificiale (Memorizzazione). E’ un tipo dicomportamento statico, ossia che viene ripetuto automaticamente senza un impulso emotivo sottostante che crea la dinamicità della parola e/o dell’azione. E’ un comportamento puramente mentale.

L’abitudine rende possibili anche azioni contemporanee, in quanto ciò che è abitudinario non richiede volontà è automatico e ciò lascia spazio ad altre azioni.

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L’abitudine è quasi una seconda natura. L’abitudine è la migliore maestra in tutte le cose. La sola abitudine che si deve lasciar prendere ad un bimbo è di non prenderne nessuna. L’abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose. L’abitudine è figlia della pigrizia e madre della costanza. Prendere un’abitudine è cominciare a cessare di essere.L’abitudine è l’abitudine e non si può sbatterla fuori dalla finestra. Bisogna farle scendere le scale un gradino alla volta a forza di persuasione… Perciò gli uomini si immergono nelle passioni e, una volta che ne hanno fatto un’abitudine, non possono più farne a meno; e sono veramente infelici, poiché giungono a sentire come necessarie le cose prima superflue. Non godono dei piaceri, ma ne rimangono schiavi e, quella che è la peggiore disgrazia, amano anche il proprio male. Si raggiunge il colmo dell’infelicità quando le cose turpi non solo sono gradite, ma procurano un intimo compiacimento; e non c’è rimedio quando quelli che erano sentiti come vizi diventano abitudine quotidiana. Siamo quello che facciamo ripetutamente. L’eccellenza non è dunque un atto, maun’abitudineUn’abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità. La costanza di un’abitudine è di solito proporzionale alla sua assurdità. Ogni abitudine rende la nostra mano più ingegnosa e meno agile il nostro ingegno. Sì, dalla volontà perversa si genera la passione, e l’ubbidienza alla passione genera l’abitudine, e l’acquiescenzaall’abitudine genera la necessità. Ma quando è la memoria a perdere qualcosa, come avviene allorché dimentichiamo e cerchiamo di ricordare, dove mai cerchiamo, se non nella stessa memoria? Ed è lí che, se per caso ci si presenta una cosa diversa, la respingiamo, finché capita quella che cerchiamo. E quando capita, diciamo: “È questa”, né diremmo cosí senza riconoscerla, né la riconosceremmo senza ricordarla. Dunque ce n’eravamo davvero dimenticati. O forse non ci era caduta per intero dalla mente e noi, con la parte che serbavamo, andavamo in cerca dell’altra parte quasi che la memoria, sentendo di non sviluppare tutt’insieme ciò che soleva ricordare insieme, e zoppicando, per cosí dire, con un monconed’abitudine, sollecitasse la restituzione della parte mancante? L’abitudine è un mostro che consuma e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni. Allo stesso modo è un angelo in tutto ciò che dà inaspettatamente alle azioni buone e virtuose una facilità, una sembianza naturale, che le fa credere innate nell’uomo. I filosofi considerano le passioni che ci travagliano come vizi dei quali gli uomini cadono vittime per propria colpa; ed è per questo che hanno l’abitudine a deriderle, deplorarle, biasimarle, o (se vogliono essere considerati più devoti) di maledirle. Essi si ritengono pertanto di fare opera divina e di toccare il vertice della saggezza, quando riescono a lodare in ogni modo una natura umana che non esiste in nessun luogo e a fustigare con le parole quella che realmente esiste.

 

È vero che l’uomo è il re degli animali, perchè la sua brutalità supera la loro. Viviamo grazie alla morte di altri. Già in giovane età ho rinnegato l’abitudine di cibarmi di carne. Non bisogna perdere la capacità di stupirsi, perchè altrimenti il mondo e la nostra stessa vita diventerebbeun’abitudine. Prendi la direzione opposta all’abitudine e quasi sempre farai bene. La gioventù cambia di gusto per bollor di sangue e la vecchiaia conserva i suoi gusti per forza d’abitudine.  Tale è la forza dell’abitudineche ci si abitua perfino a vivere. Se diventi schiavo dell’abitudine, lentamente ti spegni. In fondo non c’è idea cui non si finisca per farel’abitudineL’abitudine di riflettere profondamente è la più perniciosa fra tutte le abitudini perse dall’uomo. Viviamo di solito nell’abitudine, con il nostro essere ridotto al minimo. Le nostre facoltà restano addormentate, riposando sui guanciali dell’abitudine: essa sa quello che c’è da fare e non ha bisogno di loro. La costante abitudine a correggere e a completare la propria opinione confrontandola con quelle degli altri, non solo non causa dubbi o esitazioni nel tradurla in pratica, ma anzi è l’unico fondamento stabile di una corretta fiducia in essa. 

Fonte: http://www.informarexresistere.fr/

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