La donna delle sette fonti.

‘La donna delle sette fonti’, di Diego Manca, è un viaggio nella Sardegna più viva dei boschi di querce e lecci, delle fonti e dei pozzi sacri. La distrazione e il disprezzo che Maria, la giovane protagonista del romanzo, manifesta nei confronti della vita, diventano presto consapevolezza di una grave malattia che minaccia di portarla alla morte. Nelle pagine, la natura selvaggia ci conduce per mano lungo un sentiero di scoperta e crescita, attraverso cui Maria conoscerà la potenza vitale dell’acqua come elemento sacro. Una esperienza che la porterà sulla via di guarigione, ma soprattutto al superamento di quella distrazione che l’avrebbe in ogni caso sottratta alla vita. Angelo Da Fano, nell’articolo che segue, rintraccia in questa storia alcuni elementi comuni alla visione kabbalistica della vita.

di Angelo Da Fano

cascata
“Con la guida di Tia Nanna, Maria percorrerà e completerà un viaggio di scoperta e di crescita, visitando luoghi e fonti sacre”

La Donna delle Sette Fonti[1] è un romanzo, non è una storia reale. Tia Nanna e Zia Rosaria non esistono realmente, anche se esistono persone reali a cui Diego Manca si è ispirato. La Donna delle Sette Fonti è un romanzo di idee, di sentimenti: è un cammino verso la conoscenza di se stessi. È la storia della guarigione da una grave malattia di Antonietta che, nello scoprire se stessa, la sacralità della sua terra e delle sue acque, scopre il vero senso della salute e della vita.

Antonietta consuma una vita di insoddisfazioni, senza neanche avere il coraggio dei sogni di un futuro migliore. Dopo la scoperta della malattia, le donne della sua famiglia la presentano ad un’anziana, Tia Nanna, amica di vecchia data, che gestisce una trattoria e ha fama di guaritrice. L’incontro vede subito fronteggiarsi l’apatia da una parte e la volontà di dare senso alla vita dall’altra. L’educazione, o la rieducazione, della ragazza inizia, infatti, all’istante: Tia Nanna chiede ad Antonietta di cambiare nome e farsi chiamare Maria, nome che la rappresenta meglio, e le impone un nuovo modo di rapportarsi col mondo circostante, col cibo, con tutto. Ogni cosa dovrà essere vista con occhi nuovi e trattata con rispetto e riconoscenza. Ma il cambiamento maggiore dovrà essere in special modo con la natura: con l’acqua, i fiumi, le cascate e gli alberi. Maria dovrà trattarli come cose vive che la ascoltano e la capiscono. Saranno suoi confidenti e amici.

È la meravigliosa Sardegna antica e incontaminata, questa: quella dei boschi di querce, delle fonti e dei pozzi sacri. Con la guida di Tia Nanna, Maria percorrerà e completerà un viaggio di scoperta e di crescita, visitando luoghi e fonti sacre. Conoscerà la potenza vitale dell’acqua e ne assaporerà la sacralità, fisicamente e spiritualmente. Un cammino che la porterà alla guarigione dalla malattia, ma, soprattutto, al superamento di quell’incapacità di sentirsi responsabile che la stava allontanando dalla vita.

cascate
Così come la Torah è detta “Acqua di Vita” e “Sorgente di Vita”, nel libro di Diego è l’acqua che ci dà la spinta

L’acqua è una protagonista di questo romanzo, come lo è il ‘femminile’, non solo perché i personaggi principali sono tutte donne, piuttosto perché l’interesse di Diego è la comunicazione, la trasformazione e la sperimentazione, caratteristiche, queste, tutte femminili.

Per Diego, ciò che è in natura ha un legame diretto con il mondo spirituale: ogni azione ha un effetto sui mondi superiori. E questo, per Diego, non è solo un modo di pensare. Egli ha sempre praticato e non solo studiato: si è interessato di buddismo, praticandolo per anni; si è interessato di sciamanesimo, ed è stato allievo di Hyemeyohsts Storm, seguendo la Via della Medicina degli Indiani d’America. Ora, sta studiando Kabbalah[2], imparando anche l’ebraico, per poter meglio comprendere e mettere in pratica millenni di insegnamenti.

Percorrere tante strade, ha permesso a Diego di comprendere una cosa: che tutto è uno. Ai livelli superiori tutte le pratiche vere dicono le stesse cose, anche se non tutti seguono lo stesso cammino. La Spiritualità è come una montagna, tutti puntano alla cima, che è una. Qualcuno, però, si ferma su un altopiano e si accontenta di vedere la cima dal basso; qualcun altro sale da sud, in mezzo agli alberi e con un cammino pieno di sole; altri ancora salgono da nord, col freddo e il vento. C’è anche chi cerca la via diretta, un 6° grado: chi resiste può arrivare prima, ma molti cadono. C’è infine chi, guardando la cima coperta di nuvole e non vedendola, si chiede: “ma c’è una cima?”

In questo libro ci sono molte di queste esperienze, ma forse è proprio la visione kabbalistica della vita quella che gli si confà maggiormente.

donna sette fonti
La donna delle sette fonti, Diego Manca, Ed. Condaghes, 2007

La Donna delle Sette Fonti è, infatti, un romanzo ‘terrestre’, ossia rivolto all’ingaggio totale con questo mondo, al non annullare i desideri, ma a cambiarne il fine, al considerare ogni oggetto come sacro, santificando le cose con la ritualità del quotidiano, differentemente dal ‘celeste’ di alcune filosofie orientali, tese a lasciar andare l’attaccamento a cose e persone e al superamento della sofferenza esistenziale. Parafrasando un detto del Gaon di Vilna , grande saggio del 18mo secolo, il fine dell’ebraismo e della Kabbalah non è quello di trascendere questo mondo, ma quello di elevarlo, così perfezionando se stessi.

Ogni concetto in questo libro è intriso di idee kabbalistiche. Così come la Torah è un cammino di elevazione dell’Uomo e di guarigione dell’Anima, il libro di Diego Manca è un cammino di guarigione e di ritorno al sé. Così come la Torah è detta ‘Acqua di Vita’ e ‘Sorgente di Vita’, nel libro di Diego è l’acqua che ci dà la spinta. Il Creatore è infinito e immutabile. L’uomo, che vive in un mondo finito e mutabile, usa la preghiera come veicolo di comunicazione ed elevazione: la preghiera è la scala che mette in contatto il mondo spirituale con quello materiale. Ma pregare, in ebraico, è un verbo riflessivo, poiché la preghiera è rivolta per prima a noi stessi. Essa cambia noi stessi, non il Creatore. Siamo noi che dobbiamo risalire la scala dopo la caduta sulla Terra. Continua…

Note

1. Antonio Diego Manca, La Donna delle Sette Fonti, Condaghes Edizioni, Cagliari 2007.

2. La Kabbalah è la dimensione mistica dell’Ebraismo, che fornisce una prospettiva della realtà spirituale da cui deriva qualunque cosa nell’universo. Capire queste forze e i loro effetti ci consente di percepire l’unità con la Creazione e usare questa conoscenza per guidarci in tutti gli aspetti della vita. La parola Kabbalah significa ‘ricezione’, ‘accettazione’ e anche ‘parallelo’. L’Insegnamento, infatti, viene ricevuto da Mosè, ma non basta riceverlo, bisogna accettarlo, mentre il terzo significato è nella ricerca di un’unica Legge, che metta in parallelo mondo spirituale e materiale.

Fonte: www.eternoulisse.it

Share Button

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.