Il ritorno dei terreni agricoli

vendita_terreno_agricolo_serravalle_pistoiese_casalguidi_98623561734481117Cosa sta accadendo in Italia? Sembra che molti proprietari di terreni edificabili stiano chiedendo alle amministrazioni di stralciare le destinazioni delle loro aree così da farle ritornare agricole, mentre i Comuni cercano di difendere le già esigue entrate economiche, spolpati dal “Patto di stabilità”, e si aggrappano affannosamente alle imposte sui terreni. Queste richieste sembrerebbero in controtendenza nel Paese in cui “il consumo di suolo è cresciuto ad una media di 8 mq al secondo” e in cui è dimostrato “che si tratta di un processo che dal 1956 non conosce battute d’arresto” (Comunicato Stampa ISPRA).

La portata del problema è ben dimostrata dagli articoli comparsi su alcuni siti e dalle interviste rilasciate dai sindaci preoccupati:
Cittadini che bussano alle porte del municipio e chiedono espressamente lo stralcio dai Pgt delle proprie aree edificabili per non sborsare troppi soldi. E dall’altra i Comuni che, preoccupati, interpellano chi ha presentato domanda di costruire o di trasformare un edificio per sapere se, di fronte alla stangata Imu in arrivo, intendono effettivamente procedere o preferiscono rinunciare.

Barbara Baldini, sindaco del comune di Montagna: «É un andirivieni continuo in municipio cittadini che vogliono capire cosa cambierà con l’Imu e quanto dovranno pagare. Ma ci sono anche tante persone che mi hanno espressamente chiesto di togliere l’edificabilità al loro terreno». Pur di non dover subire un salasso, si è dunque disposti a “sacrificare” il valore di un’area sulla quale si può costruire, declassandola, ma risparmiando. «Proprio così: preferiscono rinunciare».

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Graziano Murada, sindaco di Albosaggia: «La crisi economica e l’introduzione di una forte e per certi versi eccessiva tassazione sulle proprietà immobiliari stanno portando alle dismissioni del patrimonio più che alle nuove realizzazioni».” (LA PROVINCIA DI SONDRIO – Il quotidiano di Sondrio online, 27/04/2012) “È finita l’epoca in cui si facevano carte false per chiedere la trasformazione di un terreno da agricolo a edificabile. Oggi va al contrario: sempre più proprietari terrieri chiedono il dietro front, bussando alle porte degli amministratori per poter riportare ad agricoli i terreni che nelle vecchie pianificazioni urbanistiche erano diventati edificabili. 

Perché ? Sugli agricoli l’Imu non si paga, sugli edificabili sì. E siccome il mercato degli immobili è, manco a dirlo, immobile – e all’orizzonte non si vedono schiarite -, i terreni da una parte costano e dall’altra non fruttano. Alberto Maffi, sindaco del comune di Grandosso: «Nel Piano di governo del territorio approvato nel 2009 dalla passata amministrazione, figuravano 10 ambiti di trasformazione che avrebbero portato gli abitanti da circa 1.500 a circa 2.000. Ma da allora non c’è stata una sola richiesta, nemmeno verbale, per dare il via alle costruzioni».

Gennaro Bellini, sindaco del comune di Foresto Sparso: «Abbiamo ricevuto una decina di richieste di stralcio di aree edificabili, per ricondurle alla loro originaria destinazione agricola. Assistiamo a un fenomeno di marcia indietro: anche se i terreni edificabili dormono, con l’Imu costano. Così i proprietari chiedono di rinunciare all’edificabilità per abbattere totalmente l’imposta, che grava in maniera pesante. Nel Pgt che abbiamo recentemente adottato non si prevedono nuove aree edificabili a carattere residenziale e produttivo».” (ECO DI BERGAMO, 25/04/2013)

Anche a Senigallia, comune della provincia di Ancona, accade che l’ammistrazione faccia un passo indietro riguardo le previsioni di nuovi volumi edificati:
Con la variante licenziata dall’assise cittadina – al termine di una seduta al quanto turbolenta per alcuni punti e subemendamenti – sono stati in pratica cancellati 587.084 metri cubi di cemento per una superficie pari a 89.708 metri quadrati e terreni agricoli per oltre 40 ettari. Un atto che va incontro al desiderio dei cittadini di vedere Senigallia meno oppressa dal cemento e che rispetta la volontà dell’Amministrazione, come fatto già con il Piano degli Arenili e con gli indici edificatori, di abbassare i volumi cementizi nella città e rendere Senigallia più dotata di spazi verdi.

Maurizio Mangialardi, sindaco del comune di Senigallia: «Lo strumento  riconferma l’attenzione dell’Amministrazione Comunale ad operare secondo il piano regolatore vigente per far sì che alcune aree da edificabili passino a verdi pubbliche o agricole, mentre altre degradate vengano riqualificate senza costruire nuovi volumi su spazi ancora incontaminati».” (SENIGALLIA NOTIZIE, 07/02/2014)

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Quali siano le vere motivazioni che stanno producendo questo nuovo dietro front, se scelte nate dopo competenti analisi, oppure conseguenti all’ammutinamento di edili e costruttori che bloccati dalla gigantesca crisi immobiliare , lasciano le postazioni di guardia per arretrare nelle retrovie, non è dato sapere.Ma il pensiero che tutto dipenda dalla crisi economica e intellettuale in atto nel nostro paese, e poco da una nuova consapevolezza istituzionale ambientale territoriale, si consolida sempre di più.

I risultati di queste nuove dinamiche sono sotto gli occhi di tutti: le nuove costruzioni rimangono vuote e fanno molta difficoltà a trovare degli acquirenti, i capannoni sono in liquidazione e le aree edificabili non trovano soggetti propensi a costruire.

Riguardo le cause della crisi dei prezzi, sostiene il presidente di Osmi borsa immobiliare Marco Dettori, sono attribuibili «a politiche che, in un periodo in cui il mercato andava bene, hanno prodotto troppo, senza che ci fosse un’adeguata pianificazione. Il risultato è che ora ci sono più case che acquirenti e in città ci si trovano prezzi più competitivi».

Riguardo le cause del blocco di nuova edilizia, oltre alle motivazioni “classiche” imputate alla crisi globale, qualcuno invoca un forte bisogno di rinnovare gli strumenti urbanistici vigenti. Ripensare, sotto una nuova ottica finalizzata sia al blocco di consumo di territorio e sia ad una nuova rigenerazione urbana, tutti gli atti preposti al Governo del Territorio. Riformulare le previsioni di crescita, le dinamiche di sviluppo e cercare di trovare una soluzione valida al problema delle richiete di stralcio delle aree edificabili non ancora costruite. Problema che, senza ombra di dubbio, segnerà fortemente i prossimi anni. Detto questo in una situazione, come quella attuale, l’Italia mostra il fianco e incassa colpi su colpi, dimostrando la debolezza congenita (storica!) delle proprie capacità di investimento finalizzate ad nuovo sviluppo consapevole.

Dalle parole di Settis è chiara la base culturale che sottende il problema: “(…) la “pancia degli italiani” (…): la convinzione che il miglior modo di investire i propri guadagni o risparmi, non è indirizzandoli sulle attività produttive (e non solo), bensì sulla “roba”, e in particolare sulla proprietà immobiliare, intesa come un valore sicuro, un deposito bloccato come un salvadanaio, la “cosa giusta” da farsi per garantire se stessi, i figli, la famiglia. Le difficoltà dell’agricoltura, che scoraggiano o marginalizzano quasi dappertutto la piccola e media proprietà, hanno indirizzato questa mentalità, propria di una società preindustriale, quasi esclusivamente sull’edilizia abitativa. Comprare uno o più appartamenti, anche per famiglie con reddito medio, è diventato un comportamento abituale, anzi normale: l’unico investimento sicuro, si sente ripetere, è quello del “mattone”.

Come agire ? Un buon punto di partenza può nascere, sicuramente, dalla collaborazione tra i migliori centri di ricerca nazionali (Università, Istituti, ecc.) e gli Enti locali più virtuosi. Stipulare un nuovo “Patto di rinascita” che permetta di ampliare e di finalizzare, su solide basi culturali e scientifiche, il raggio d’azione di utili strumenti urbanistici fortemente competitivi.  Nuove conoscenze per nuove Istituzioni lungimiranti.

Inoltre è d’obbligo avviare, nel minor tempo possibile, circuiti economici basati non più su ulteritori costruzioni, ma su intelligenti investimenti di rigenerazione urbana e territoriale.

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