Il pendolo siriano

Dmitrij Minin –  Strategic Culture Foundation

La situazione che riguarda la Siria è come un pendolo, prima volge nella direzione di una grande guerra, poi improvvisamente scivola verso una risoluzione pacifica. Gli osservatori hanno a malapena la possibilità di valutare la nuova tendenza prima che il pendolo cominci nuovamente ad oscillare nella direzione opposta. L’ampiezza del suo oscillare è così grande che attraversa il centro quasi senza pause. In questi ultimi giorni sul campo di battaglia, l’oscillazione chiaramente pende a favore delle forze governative. Gli strateghi occidentali si trovano di fronte a una scelta: o ammettere che il tentativo di stabilire un regime fantoccio in Siria non è riuscito, o mettere da parte tutti i loro espedienti da ‘soft power’ e passare all’intervento militare aperto e costoso.
I problemi nell’indire la conferenza per risolvere la questione siriana, come previsto, sono sorti immediatamente dopo che Lavrov e Kerry hanno raggiunto un accordo a Mosca. Appena due giorni dopo, a Roma, in una riunione con i ministri giordani e israeliani, il segretario di Stato USA ha sconfessato le sue stesse parole, dichiarando che Bashar al-Assad e i suoi seguaci non possono far parte di un governo di transizione. Su istruzione di Kerry, l’ambasciatore statunitense in Siria, Robert Ford, che aveva lasciato Damasco qualche tempo prima, si recava segretamente ad Aleppo dalla Turchia, dove per diverse ore ha avuto un incontro con i leader dell’opposizione dicendogli di non preoccuparsi e assicurandogli pieno sostegno fino alla vittoria finale. Così le prospettive di una risoluzione pacifica ‘appassivano sul nascere’. (1) Per gli statunitensi, un accordo è ‘soddisfacente per tutti’ quando tutti soddisfanno ciò che gli USA vogliono.
Damasco, ignorata dall’occidente, non solo rimane la principale forza politica in Siria, ma  guadagna terreno contro i suoi avversari. L’esercito siriano s’è riarmato, ha maturato la necessaria esperienza in battaglia, ha incrementato le sue forze con professionisti volontari provenienti da Iran, Iraq e Libano, e ha iniziato a ripianare sistematicamente le perdite. Anche se Damasco, comprensibilmente, nega che stranieri partecipino alle operazioni militari dalla sua parte, molte fonti dicono che lo sono, e che sono guidati dal comandante della Forza al-Quds dell’Esercito dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, il generale iraniano Qassem Suleimani… Secondo i media arabi, questa missione gli è stata affidata dal leader spirituale dell’Iran, l’Ayatollah Khamenei. Inoltre, il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha anche incontrato un mese fa il leader spirituale dell’Iran e ha ricevuto istruzioni per dirigere tutti i suoi sforzi nella lotta contro i ‘ribelli’ in Siria. E’ stato osservato che Nasrallah ha almeno 7000 uomini sotto il suo comando nel territorio della Siria. (2)
Le truppe governative hanno occupato posizioni strategiche nei pressi del confine con la Giordania a metà maggio, bloccando gli aiuti militari dei loro avversari, e il 19 maggio hanno ottenuto un’importante vittoria liberando la città di al-Qusayr, al confine settentrionale con il Libano. Questo apre un percorso diretto tra le coste, fedeli ad al-Assad e popolate da alawiti, alla capitale, così come una via di rifornimento tra Damasco e dei suoi alleati Hezbollah in Libano. Sarà molto più difficile per Israele interrompere quel canale. Allo stesso tempo, le vie settentrionali di approvvigionamento libanesi dell’opposizione sono state interrotte; questa è una delle perdite più devastanti per i ribelli che sostengono da due anni la guerra. Una grande forza dell’opposizione, nei pressi di Homs, è isolata. Non vi è praticamente che una sola direzione da cui possa realisticamente approvvigionarsi: dalla Turchia. Tuttavia, le aspettative che la Turchia possa impedire il fallimento dell’intera impresa siriana non sono giustificate. Il primo ministro turco R. Erdogan, che non molto tempo fa cercava di convincere gli USA a stabilire una no-fly zone e a condurre un intervento militare in Siria, durante una recente visita a Washington ha improvvisamente iniziato a parlare della necessità di una conferenza di pace. (3) A quanto pare aveva anche avuto ‘notizie dal fronte’. E’ inoltre sempre più difficile per i leader occidentali nascondere il volto dell’opposizione. Le scene di esecuzioni di massa e persino atti di cannibalismo da parte degli avversari del regime sono semplicemente scioccanti. Damasco sta vincendo la guerra di propaganda, in sostanza senza neppure combatterla. Tale è la natura del nemico che deve affrontare, che si svela continuamente da sè. Le indagini mostrano che assolutamente ovunque, nel mondo, la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica è contro l’intervento militare straniero in Siria a sostegno di tali ‘combattenti per la libertà’.
Allo stesso tempo, essendo dalla stessa parte d’Israele, gli oppositori radicali di Jabhat al-Nusra hanno iniziato a perdere l’aureola di combattenti islamici convinti. Questo è stato particolarmente evidente durante l’attacco di al-Nusra su Yarmouk, il grande campo di rifugiati palestinesi nei sobborghi di Damasco, durante cui hanno distrutto la tomba di sheikh F. Shaqaqi al Cimitero dei Martiri. E questo nonostante il fatto che i palestinesi, la stragrande maggioranza dei quali sunniti convinti, fossero ancora neutrali nella guerra civile. Rendersi nemica la numerosa comunità palestinese, sempre pronta a combattere, è miope, per non dire altro. Tuttavia, le maschere sono cadute, e diventa chiaro che l’Islam, come la democrazia, non ha nulla a che fare con qualsiasi cosa qui, questa è una questione di un proficuo lavorio politico. L’autorevole Washington Post ammette: “Non c’è dubbio che il pendolo stia oscillando ora a favore di Assad, potenzialmente mettendolo nella posizione di forza nel fissare i termini, se si negozia con l’opposizione… in futuro”. L’esperto del Jane’s Terrorism and Insurgency Center, Charles Lister, ritiene che “Se le cose continuano così, il governo sarà certamente il partito che avrà grande vantaggio” in qualsiasi negoziato. (4) Opinioni simili si esprimono in Israele. Per esempio, il London Times ha pubblicato un’intervista con un alto ufficiale dell’intelligence israeliana che ha detto al giornale che un Assad intatto, ma indebolito, è di gran lunga preferibile ai suoi avversari: “Meglio il diavolo che conosciamo che i demoni che si possono solo immaginare se… gli estremisti di tutto il mondo arabo vi prendessero il potere.” Un’altra fonte israeliana citata dal Times, ha detto che gli eventi in Siria erano stati valutati in modo non corretto fin dall’inizio. “L’ipotesi era che il regime di Assad stesse crollando velocemente. Abbiamo sottovalutato la forza di Assad e la sua influenza sul suo popolo, e sopravvalutato le capacità militari dei ribelli”, ha detto. Gli analisti del centro israeliano DEBKAfile ritengono che sia gli Stati Uniti che Israele hanno commesso errori strategici nelle fasi precedenti a causa di valutazioni errate dei punti di forza delle parti in guerra. Hanno pensato che i giorni di Assad fossero contati e che ci volesse solo un piccolo sforzo per farlo cadere. Tuttavia, di conseguenza, l’alleanza Teheran – Damasco – Hezbollah è diventata sempre più forte, anche grazie al supporto tecnico della Russia, che ora riguadagna una posizione dopo l’altra. Inoltre, dopo gli attacchi aerei israeliani, non solo c’è la possibilità che Assad diventi più forte, ma anche la possibilità che le attività militari verso le alture del Golan vengano riprese. (5) Israele sta anche rivedendo il suo precedente parere che la caduta del regime di Assad e l’ascesa dei ‘ribelli’ al potere non abbia gravi conseguenze per gli israeliani. Considerando la penetrazione sempre più attiva delle forze terroristiche della Global Jihad e di al-Qaida nei ranghi dei ribelli, specialisti israeliani cominciano ad esprimere seri dubbi circa la possibilità di una futura convivenza pacifica con la ‘Siria post-Assad’. Inoltre, Israele sente che deve essere pronto a una svolta degli eventi in cui “Assad mantiene, se non il potere, allora almeno una forte influenza in Siria”. (6)
Gli analisti spiegano anche il pessimismo crescente in occidente e in Israele riguardo le prospettive di una possibile vittoria militare dell’opposizione siriana per l’opposizione coerente e decisiva della Russia, che “non vuole una ripetizione dello scenario libico”. (7) Con la consegna di moderni missili antinave a media gittata a Damasco, come pure attraverso la presenza di “oltre una dozzina di navi militari” che pattugliano le coste della Siria, Mosca ha essenzialmente “tagliato la rotta per il rifornimento via mare dei ribelli” e reso l’intervento militare straniero molto difficile. Non è un caso che negli Stati Uniti, il presidente del Joint Chiefs of Staff Martin Dempsey ha definito la consegna dei missili russi alla Siria un”inopportuna’ e ‘infelice’ decisione, in quanto ‘rafforza’ Assad. Per il generale statunitense, forse si tratta di una ‘decisione deplorevole’, ma per il popolo siriano e la stabilità della regione, è abbastanza felice. Le nuove circostanze oggettivamente rafforzano le posizioni di Mosca e di Damasco nei negoziati sul futuro della Siria. (8) Tuttavia, è improbabile che Washington abbandoni i suoi piani così in fretta. Il popolo siriano, insieme ai suoi amici e alleati, dovrà ancora lottare per il diritto di scegliere liberamente il proprio destino.

Note
1) Debka
2) Elections-ices.org
3) Debka
4) Washington Post
5) Debka
6) 9TV
7) NYTtimes
8) WSJ

Le ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

165490

La sconfitta dei ribelli siriani a Qusayr
Michael Collins, The Peoples Voice 28 maggio 2013 – Oriental Review

Gli eventi in Siria travolgono i piani delle potenze occidentali e delle petromonarchie del Golfo per abbattere il governo del presidente siriano Bashar al-Assad. La vittoria definitiva dell’esercito siriano contro i ribelli in una battaglia quasi conclusa nei pressi del confine tra Siria e Libano,  potrebbe essere un importante punto di svolta nel conflitto.
Il Times of Oman del 25 maggio ha riferito che l’esercito siriano e i combattenti di Hezbollah in Libano hanno circondato i ribelli siriani nella città critica di Qusayr. La città si trova appena oltre il confine Libano-Siria, un punto d’ingresso strategico per i combattenti e le armi, vitali per la causa dei ribelli. L’articolo del Times of Oman, e una delle fonti principali, l’Osservatorio siriano, danno credibilità agli eventi riportati, dal momento che entrambi sono visti devoti alla causa dei ribelli. Nel frattempo, i negoziati in Svizzera, progettati per portare ad una soluzione pacifica del conflitto, vengono sospesi dai ribelli. I vari gruppi non sono in grado di formare una delegazione e di stabilire un ordine del giorno. Secondo fonti russe, Assad ha accettato di inviare rappresentanti alla prossima conferenza a Ginevra sponsorizzata da Stati Uniti e Russia.
Una vittoria del governo siriano a Qusayr potrebbe cambiare abbastanza l’equilibrio di potere, rendendo prive di senso le trattative. I ribelli avrebbero perso le loro vie di rifornimento per le armi e i combattenti, e la loro posizione nella città di Homs sarebbe stata compromessa. Questo lascerebbe il confine turco come unica via dei rifornimenti esterni. Con la vittoria a Qusayr, il governo di al-Assad sarà felice di partecipare alla conferenza di pace, ma è improbabile che negozierà da qualcosa di diverso da una posizione di forza. La vittoria a Qusayr vanificherebbe l’obiettivo principale delle potenze occidentali, la liquidazione politica del legittimo presidente siriano Bashar al-Assad. Perché dovrebbe accettare di dimettersi se raccoglie una serie di vittorie con il supporto dei suoi alleati del Libano, Hezbollah?
L’attenzione all’imminente conferenza di pace del segretario di Stato Kerry, del governo turco e degli stati dell’UE, potrebbe essere un riscatto per salvare la faccia, in risposta all’incapacità di sbarazzarsi di al-Assad. La richiesta chiave dei ribelli, la rimozione di Assad e del suo governo, non sarà onorata. Quale capo di Stato accetterebbe di lasciare il potere, proprio quando il suo esercito vince una prolungata guerra civile? Focalizzando l’attenzione su una conferenza di pace, Stati Uniti e Unione europea possono dire “abbiamo cercato” o forse “abbiamo provato, ma i ribelli non potevano nemmeno eleggere un rappresentante per la conferenza.” Con i ribelli nel disordine, i vantaggi dell’operazione false flag svaniscono egualmente. Forse il risultato peggiore del supporto delle potenze straniere sarebbe una vittoria dei ribelli seguita da lotte interne tra i gruppi ribelli interni, al-Qaida ed altre fazioni appoggiate da forze straniere.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/05/28/il-pendolo-siriano/

Fonte

Share Button

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.