Che Danno in Tivù?

ubbidisci_tvTNEPD per Anticorpi.info
Molti critici della società moderna si interrogano su come possa avvenire il controllo delle masse in un’epoca come la nostra in cui la diffusione dell’informazione è tale da consentire quasi a chiunque di farsi una cultura e, possibilmente, un’opinione sulla propria condizione esistenziale.
E’ ormai comprovato che i principali strumenti atti a tale controllo capillare sono la televisione ed i telefoni cellulari ma a pochi risulta comprensibile come ciò avvenga. Messaggi subliminali? Comunicazioni ipnotiche? Palinsesti elaborati abusando della cosiddetta programmazione neurolinguistica? Onde a bassa o altissima frequenza che interagiscono con le cellule cerebrali?
testa di tv

Certo. Un mix di questo ed altro, ma in effetti la questione è molto più semplice.

Facciamo un breve e rapido passo indietro, non proprio fino all’introduzione della scrittura ma quasi, chiedendoci: prima dell’invenzione del tubo catodico, cosa accadeva quando una persona approcciava un romanzo? Leggeva un paio di capitoli alla volta e – specialmente se si appassionava alla vicenda – nel corso della lettura si immaginava nelle vesti di uno o più personaggi. Questo anelito all’immedesimazione ha origini molto antiche e sta alla base del successo di qualsiasi pubblicazione “dalla Bibbia in poi”. Un autore che sappia costruire personaggi in cui un gran numero di lettori amino immedesimarsi è un autore che ha molti lettori.
Ecco, l’immedesimazione temporanea in un personaggio letterario è avvenuta per secoli con ritmi blandi e – potremmo osare affermare – accettabili. Una persona leggeva qualche capitolo, poi faceva altro per ore, giorni o addirittura settimane, talvolta si accorgeva che le sue esperienze avevano una qualche assonanza con quanto aveva letto, magari ci pensava un po’ su e – come si suol dire – cresceva intellettualmente anche con l’ausilio delle storie prese in prestito dalla fantasia di evangelisti e romanzieri.
Altrettanto può dirsi delle rappresentazioni teatrali, eventi a cui le persone accedevano occasionalmente e nel corso dei quali trastullavano la fantasia sognandosi, o temendosi, nei panni dell’uno o dell’altro personaggio.
Torniamo al presente. Quante volte ci è capitato di vivere una certa esperienza e poi di considerare: “Toh! Proprio come è successo a quel tal personaggio di quel tal libro!” oppure “Ma pensa! Mi sembra di essere in una scena di quel film!”
Ciò comprova che il bisogno di immedesimarsi sussiste ancora “più forte e pressante che pria” ma, con l’introduzione della televisione, sono cambiati drammaticamente i ritmi a cui procede. Tra il primo e l’ultimo capitolo di un libro possono trascorrere giorni, o settimane; a teatro ci si è sempre recati saltuariamente. Il televisore invece è una presenza permanente e, per giunta, all’interno dell’ambiente domestico. E tra i titoli di testa e coda di un film quanto tempo trascorre? Soltanto un paio d’ore. Ed i cartoni animati di fronte a cui le mamme premurose parcheggiano i loro figli? Durano meno di trenta minuti. E quanti cartoni animati guarda un bambino del XXI secolo in un giorno? Quante storie dall’inizio alla fine nell’arco di poche ore?
Ovvio che la mente “conscia” non possa star dietro ad un ritmo tanto forsennato. Se lo facesse, bambini ed adulti seduti di fronte al televisore si immedesimerebbero in svariate identità differenti a ritmo continuo. La psichiatria definisce questa attività con un termine abbastanza conosciuto: schizofrenia. Essendo meno autolesionista dei suoi portatori, allo scopo di evitare la schizofrenia, la parte intellettualmente attiva della mente dopo un po’ va in tilt e – letteralmente – si spegne. Così la televisione avvia fin dalla tenera età un percorso di regresso mentale che si traduce, già in epoca adolescenziale, in apatia, asocialità, ritardo intellettivo e via discorrendo a seconda dei casi.
E cosa fanno gli psichiatri? Dicono ai genitori di buttare il televisore dalla finestra? No, prescrivono gli psicofarmaci ai bambini. Bravi. Bene. Bis.
Insomma, lo strumento televisivo in quanto tale – e non abbiamo neppure accennato al contenuto dei programmi – produce due tipologie di persone: schizofrenici, se nascono con la mente vivace che non accetta tanto volentieri di spegnersi; apatici e ritardati, gli altri.
Riassumendo, per sentirsi meglio un individuo si siede davanti al televisore ad osservare personaggi in cui immedesimarsi ma i ritmi televisivi lo rimbambiscono peggio di prima, l’insoddisfazione personale aumenta, il conseguente bisogno di immedesimarsi anche, la dipendenza dallo zapping pure. Un circolo vizioso.

Come uscirne? Alle piazzole di scarico rifiuti ingombranti l’ardita sentenza.

Anticorpi

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