Siete certi di volere un pacchetto di patatine?

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Dopo aver distrutto l’economia locale familiare, in India la PepsiCo, la multinazionale che detiene il più grande numero di marchi al mondo per cibi e bevande, ha cominciato a fare enormi profitti a tre livelli: ha creato il monopolio dei semi per le patate che vende a prezzi elevati; ha imposto le monoculture impoverendo i contadini costretti a vendere le patate a basso prezzo; infine, vende a prezzi alti le patatine fritte. Così i redditi dei contadini crollano e i profitti della PepsiCo aumentano. Quando le patate si vendono a 20 centesimi al chilo, le patate fritte sono vendute a 20 centesimi al pacchetto. Gli agricoltori, dunque, ricevono lo 0,1 per cento del costo di un pacchetto di patatine fritte Lay. Insomma, le patate della PepsiCo stanno spingendo gli agricoltori nella trappola del debito e verso il suicidio. Per ribellarsi a questo sfruttamento è nato il movimento Mahila Anna Swaraj: il suo scopo è sostenere le economie familiari della produzione artigianale di alimenti sani.

Nella sua recente visita in India, l’amministratore delegato della PepsiCo Indra Nooyi ha descritto con molti dettagli come la PepsiCo ha creato in India due fonti di lavoro e  ha annunciato il raddoppio degli investimenti in India. In un paese ricco di bevande locali come il panna, il nimbu pani, il sattu, il bel ras, il jal jeera e di merendine sane, la Pepsi ha, di fatto, distrutto le attività produttive di industrie familiari e del settore delle lavorazioni artigiane. Ad esempio, 50.000 donne nel Bikaner lavoravano a mano il bhujia. Oggi la la PepsoCo produce industrialmente i bhujia e l’economia domestica di 50.000 donne è stata distrutta. Se a queste si aggiungono le altre forme di sussistenza perdute a causa di queste distruzioni, stiamo parlando di milioni di persone gettate nel mare della disoccupazione. E’ per questo che in Navdanya abbiamo creato il movimento Mahila Anna Swaraj con lo scopo di proteggere le economie familiari della produzione artigianale di alimenti sani.

La PepsiCo, con i suoi redditi annui dell’ordine di 65 miliardi di dollari, detiene il più grande numero di marchi per cibi e bevande che valgono più di un miliardo di dollari di tutto il mondo. Le merendine e le bevande analcoliche sono anche chiamate “cibo spazzatura” e i danni arrecati da questi alimenti alla salute umana sono ben conosciuti. A scala mondiale sono due miliardi le persone colpite da malattie legate all’industria del cibo spazzatura.

La PepsiCo è penetrata in India nel 1989, durante la crisi del Punjab. La PepsiCo ha annunciato il suo arrivo presentandosi come PepsiCo per la Pace. Intendeva sostituire il riso e il grano con pomodori e patate. I pomodori venivano trasformati in salsa nell’impianto di Zahura nel distretto di Hoshiarpur nel Punjab e da qui veniva esportata in Giappone e negli Stati uniti. Poiché i pomodori erano coltivati per essere trasportati a grande distanza e per essere lavorati a scala industriale, la loro buccia era diventata troppo dura per essere utilizzati per la cucina casalinga.

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La PepsiCo distribuiva le sementi agli agricoltori del Punjab a credito e vendeva loro fertilizzanti e pesticidi a prezzi elevati. Nel 1993 pagava i contadini 80 paise (centesimi) ogni chilo di pomodori, mentre il prezzo di mercato era 2. Quando il costo per l’acquisto di sementi, fertilizzanti e pesticidi veniva dedotto dal prezzo al quale gli agricoltori vendevano i pomodori, ad essi non rimaneva praticamente niente. Nel 1994, i villaggi dell’Hoshiarpur erano colmi di pomodori che nessuno voleva comprare e che stavano marcendo e il prezzo era crollato a 0,50 per chilo. Nel 1996, l’esperimento della PepsiCo era fallito. Le patate servivano per le patatine fritte Lay. La PepsiCo fece un accordo con una società facente parte del gruppo Tata, Voltas, che doveva assumersi la responsabilità della distribuzione delle patatine fritte e l’imbottigliamento delle bevande analcoliche nell’India occidentale. La Tata accumulò perdite per 720 milioni e fece i bagagli.

Successivamente, la PepsiCo si è diffusa in altre zone, in particolare nel West Bengala. Diciannove aree dei distretti del  sud Bengala – Houghly, Burdwan, Birbhum, Pascim Medinipur, Howrah e Bankura – sono diventate dei distretti specializzati nella coltivazione delle patate. PepsiCo India, che nel 2004 nel Bengala aveva messo inizialmente sotto contratto solo 800 agricoltori, oggi ne ha circa 6500 che coltivano patate a lei destinate su 2250 acri.

La PepsiCO realizza super profitti a tre livelli. In primo luogo avendo creato il monopolio dei semi per le patate; vende a prezzi elevati dei semi e delle piantine da semenzaio protetti da brevetti agli agricoltori e raccoglie i diritti su di essi. Nel 2017, si prevede che l’80 per cento delle papatine fritte della PepsiCo saranno originate da nuove varietà brevettate di patate. La PepsiCo cerca di conseguire il controllo della biodiversità delle patate e ha effettuato investimenti nel Centro di Sviluppo Agricolo del Perù. La Pepsi sta già usando patate di origine Andina per produrre le Andine Lay e le patate gialle per le Peruvianissime Lay.

In secondo luogo, creando una situazione di monopolio basato sulle monoculture, la PepsiCo spinge gli agricoltori nelle ristrettezze e così può acquistare le patate a basso prezzo. In terzo luogo, vende a prezzi alti le patatine fritte fatte con patate pagate poco. Come è avvenuto nel caso del cotone BT (cioè geneticamente modificato con il Bacillus Turingensis), le patate della PepsiCo stanno spingendo gli agricoltori nella trappola del debito e verso il suicidio. Nel Bengala, dove la coltivazione della patata costa 14.00o a bigha, (circa un terzo di acro) i contadini  sono già indebitati. Tra l’ottobre del 2011 e marzo del 2012, nel West Bengala si sono già suicidati. Molti dei suicidi si sono verificati tra i coltivatori di patate. Un agricoltore che vive nel villaggio di Gill Kalan, ha speso 240.000 per le coltivazioni e ha dovuto vendere un acro di terra per coprire 100.000 di perdite. Bhagwan Singh, un coltivatore di patate del villaggio di Nadao, si è suicidato a causa dei crescenti costi della produzione e della caduta dei prezzi d vendita dei prodotti. Dato che gli agricoltori sono spinti a diffondere la coltura delle patate, queste rappresentano ormai una sovrapproduzione e si è registrata una caduta verticale del prezzo di vendita. Nel 2012, il prezzo è crollato a 0,20 per chilogrammo.

1039612_507397165999462_1244842833_oMentre il reddito degli agricoltori si riduce fortemente, i profitti della PepsiCo aumentano. Mentre le patate sono vendute a 0,20 centesimi al chilo, l’industria vende le patatine fritte a 0.20 al pacchetto, che pesa 90 grammi, vale a dire a 220 al chilo. Gli agricoltori ricevono quindi lo 0,10 per cento di quanto l’acquirente paga per un pacchetto di patatine Lay. Ciò significa un trasferimento di miliardi di rupie dagli agricoltori alle grandi imprese. La povertà degli agricoltori e i profitti delle imprese sono intimamente legati. Anche il prezzo delle patate al mercato non ha alcuna rapporto con i bassi prezzi che vengono riconosciuti agli agricoltori. I prezzi al dettaglio sono rapidamente saliti fino a 0,22 centesimi al chilo, costringendo il governo dello Stato a mettere a disposizione dei sussidi, vale a dire che ha comprato patate congelate e le ha vendute in dodici mercati al minuto a Calcutta e nelle sue periferie a 0,12 al chilo.

Il governo dello Stato ha chiesto alle cooperative di consumatori che operano sotto le norme della Federazione delle Cooperative di Consumatori del West Bengala (Confed) di procurarsi almeno  una tonnellata metrica di patate dagli agricoltori, pagandole 175 per sacchi di 50 chili, cioè 3,5 al chilo. Ha stanziato la somma di 400 crore (4000 milioni di rupie) per effettuare queste operazioni.

La Coca Cola e la Pepsi hanno anche causato una crisi idrica in ogni luogo dove hanno creato un impianto per l’imbottigliamento. Questo è il motivo per il quale le donne di Plachimada si sono sollevate e hanno detto che l’impianto della Coca Cola è da chiudere. Inoltre le bottiglie di plastica per l’acqua  e quelle per le bevande analcoliche sono gettate tra i rifiuti dappertutto. I pacchetti di fogli di alluminio non biodegradabile deturpano il nostro paesaggio. Noi siamo molto avanti sulla strada per diventare un paese del cibo spazzatura. Prima di trasformare in spazzatura i nostri agricoltori, la nostra salute e il nostro ambiente, decidiamoci a cambiare strada. Cerchiamo di ritornare alla nostra biodiversità e ai nostri alimenti tradizionali, che ci permettono di salvare la nostra salute e di  arricchire la nostra dieta, la nostra terra e la nostra società.

Vandana Shiva  dirige la Fondazione Navdanya. Questo articolo è stato pubblicato su asianage.com (traduzione di Alberto Castagnola per Comune).

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