Carmine Schiavone è morto: il mistero del dossier segreto

Carmine-Schiavone1-780x300E’ morto a 72 anni Carmine Schiavone boss dei Casalesi e poi pentito di camorra che con le sue dichiarazioni al veleno due anni fa aveva creato l’allarme sulla Terra dei Fuochi. Sembra sia conservato presso un notaio un dossier segreto da rivelare sono in caso di omicidio di Schiavone

Carmine Schiavone è morto: il pentito che ha lanciato due anni fa sul mainstream la Terra dei Fuochi è deceduto oggi per un infarto all’ospedale di Belcolle di Viterbo dove era ricoverato per i postumi di una caduta. Sembra sia conservato presso un notaio un dossier segreto da rivelare sono in caso di omicidio di Schiavone.

Schiavone è stato uno dei boss del clan dei Casalesi e poi collaboratori di giustizia, ma poi uscito dal programma di protezione. Due anni fa, tornò alla ribalta dopo un’intervista data a Sky Tg24 in cui dava in pasto al mainstream l’inquinamento nella Terra dei Fuochi, perpetrato dal suo clan ai danni dei comuni della provincia di Caserta. La storia degli intombamenti non era una novità: Schiavone l’aveva molte volte esposta durante i processi Spartacus e in taluni casi c’erano state anche verifiche da parte degli organi competenti. Ma dopo l’ondata emotiva che seguì la velenosa intervista, furono desecretati i faldoni in cui erano riportate le dichiarazioni di Schiavone in merito alla Terra dei Fuochi. Qualche anno fa, era il 2009, annunciò in un’intervista a Il Tempo che un dossier con fatti non ancora resi noti ai magistrati (circa il 10 per cento di quanto già raccontanto) sarebbe stato reso pubblico se ucciso:

Ho consegnato un dossier a un notaio, un ex ufficiale di Marina. Gli ho detto che se mi uccidono deve mandare tutto alla Bild, in Germania, e a ufficiali della polizia tedesca.

Oggi non sappiamo, dunque, se quel dossier, anche se la morte è avvenuta per cause naturali (fino a prova contraria), sarà reso noto.

Le deposizioni di Schiavone però hanno anche portato a 136 arresti di affiliati ai Casalesi e all’arresto del cugino Francesco Schiavone detto Sandokan di Michele Zagaria e Francesco Bidognetti i boss del clan e alla condanna di altre 30 persone. Schiavone è stato uno dei protagonisti al processo Spartacus in cui il pm era Raffaele Cantone e è stato sotto l’ombrello della protezione per 20 anni, da quando nel 1993 decise di collaborare con la giustizia. Schiavone era conosciuto per essere il ministro delle finanze del clan, ovvero colui che non solo teneva i conti ma che gestiva tutta l’economia e gli investimenti concordati con Sandokan.

In quella intervista, ricordava Schiavone forse alla ricerca di altra protezione, che nel suolo tra Campania e basso Lazio sono interrati rifiuti tossici che ha definito essere “una bomba a orologeria”. I camorristi avrebbero intombato veleni anche nella loro zona a Casal di Principe. Sottolineò come il traffico di rifiti dalle aziende del Nord ai fertili terreni della Campania Felix fosse proceduto spedito dagli anni ’80 fino al ’93, anno in cui decide di collaborare con la giustizia grazie alla complicità di tutta la classe politica che aveva sempre avallato questo sistema messo a punto della camorra per eludere lo smaltimento corretto di rifiuti pericolosi.

Foto | QDS

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