Biocarburanti e diritto al cibo: “serve una riforma globale”

Il sostegno europeo alla produzione di biocarburanti sta mettendo a rischio il diritto al cibo di intere popolazioni, soprattutto in Africa. Considerato l’impatto di questo tipo di politiche sul rialzo dei prezzi alimentari e sull’accesso alla terra per milioni di persone, è necessario eliminare la possibilità di utilizzare cibo per produrre combustibili. È quanto sostiene Actionaid che chiede una riforma a livello europeo.

di Matteo Marini

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Il sostegno europeo alla produzione di biocarburanti sta mettendo a rischio il diritto al cibo di intere popolazioni, soprattutto in Africa

“Cosa faresti se un giorno qualcuno si presentasse con le valigie alla tua porta e ti dicesse che quella casa non è più casa tua?”. Si apre così la sezione del sito di ActionAid sui biocarburanti.

La domanda, volutamente provocatoria e di forte impatto, è legata ad una spiegazione più ampia. I biocarburanti, infatti, vengono ricavati da uno sviluppo estremo di terreni coltivati, presenti in abbondanza nei territori africani.

Detto questo però, bisogna specificare che i biocarburanti si dividono in tre diversi tipi ed ognuno ha un utilizzo diverso, come ci spiega il dossier redatto da ActionAid e disponibile online.

Il biodiesel è prodotto da oli vegetali come l’olio di palma, l’olio di semi di colza, di girasole e di soia o anche da oli di frittura esausti o grassi animali. Nei trasporti si può utilizzare puro o miscelato al gasolio tradizionale.

Il bioetanolo è un alcol prodotto dalla fermentazione di componenti zuccherine di parti vegetali (canna da zucchero e cereali). L’etanolo può essere utilizzato come combustibile in forma pura, ma di solito viene aggiunto alla benzina.

Il biogas compresso è ottenuto mediante digestione anaerobica (degradazione della sostanza organica da parte di microrganismi in condizioni di anaerobiosi, ossia senza ossigeno) di liquami e rifiuti organici agro-alimentari (ma anche dalla frazione umida dei rifiuti). Il processo produce metano che, depurato, entra nel circuito del gas naturale per i trasporti.

L’Unione Europea dà molto importanza alla produzione di questi combustibili, poiché vengono considerati come un ottimo alleato contro l’inquinamento. Per riuscire a stare al passo con gli impegni stabiliti da Bruxelles – raggiungere il 10% di energia proveniente da fonti rinnovabili da impiegare nel settore dei trasporti, entro il 2020 – ActionAid calcola che: “l’Europa avrebbe bisogno di destinare una superficie pari a due volte quella del Belgio non alla coltivazione a fini alimentari bensì energetici”.

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Secondo Actionaid bisogna eliminare del tutto la possibilità di utilizzare cibo per produrre biocarburanti

L’associazione, di fronte ad un governo tecnico che faceva il cosiddetto “orecchio da mercante”, ha lanciato una raccolta firme e il 16 ottobre scorso – in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione – ha consegnato la bellezza di 17.000 adesioni al Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, per chiedere all’esecutivo di fermare le politiche a sostegno dei biocarburanti ottenuti da coltivazioni agro-alimentari e promuovere quelli di seconda e terza generazione.

La differenza tra quelli che provengono da colture alimentari – e implicano di fatto la coltura di terreni per quello scopo e non per sfamare le persone – e questi ultimi due tipi è che quelli di seconda e terza generazione, derivano uno dalla biomassa di residui agricoli o scarti di foreste, agricoltura, industria alimentare, oli esausti, parte organica dei rifiuti urbani. L’altro tipo derivano dalle alghe, ma è ancora in fase sperimentale.

Il titolare del dicastero dell’Ambiente ha affermato che il governo si impegnerà a promuovere i biocarburanti di secondo e terzo tipo ma ciò che reclama ActionAid è una riforma globale, a livello europeo: “È da poco in discussione una riforma della Direttiva sui biocarburanti che propone di limitare al 5% dei carburanti i biofuels fabbricati con prodotti agricoli. Sicuramente un passo in avanti, ma che non è assolutamente sufficiente: bisogna eliminare del tutto la possibilità di utilizzare cibo per produrre biocarburanti, considerati gli impatti che questo tipo di politiche hanno sul rialzo dei prezzi del cibo e sull’accesso alla terra per milioni di persone nei Paesi poveri”.

Staremo a vedere se Mario Monti e il suo esecutivo metteranno mano al problema. A leggere il piano energetico presentato dal Ministro Passera però, qualche dubbio ci viene. Speriamo di doverci ricredere, almeno su questo punto. Il diritto al cibo deve essere un diritto di tutti, nessuno escluso

Fonte:ilcambiamento.it

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