Acqua: Europa tra inquinamento, siccità e alluvioni

Quadro preoccupante dall’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente sulla salute di laghi, fiumi e torrenti dell’Unione: inquinamento, sprechi e modifiche artificiali dei corpi idrici, tra le principali cause del cattivo status delle acque, in un’Europa sempre più alle prese con siccità e alluvioni.

di Angela Lamboglia

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Sono preoccupanti i dati dell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente sulla salute di laghi, fiumi e torrenti dell’Unione

Più della metà dei corpi idrici superficiali in Europa ha uno status ecologico a rischio e richiederà misure di mitigazione e ripristino nei prossimi anni. E in sedici Stati membri, su ventisette, oltre il 10% dei corpi sotterranei risulta in cattivo stato chimico. A fare il punto sulla salute di laghi, fiumi e torrenti dell’Unione è l’ultimo rapporto sulla qualità delle acque dell’Agenzia europea dell’Ambiente (Aea), che ribadisce l’allarme lanciato dalla Commissione Ue, presentando la strategia per la salvaguardia delle risorse idriche.

I problemi sono diversi e interessano la qualità come la qualità delle acque europee, il Nord come il Sud del vecchio continente.

In cima alla lista, l’inquinamento: se cala la presenza di fosfati e ammoniaca, supera i livelli di guardia la presenza di nitrati provenienti dai fertilizzanti agricoli e, soprattutto, si profilano nuove minacce, con la comparsa in ambienti acquatici di sostanze – come antibiotici e farmaci – che possono sconvolgere l’equilibrio ormonale nell’uomo e negli animali non umani.

Ma a peggiorare la qualità delle acque sono anche altre forme di intervento umano: per l’Agenzia europea dell’Ambiente, modifiche artificiali quali dighe e serbatoi stanno alterando gli habitat e minacciando i normali processi di nutrizione, riproduzione e migrazione.

Sul fronte quantità, immancabile il capitolo sprechi: dall’agricoltura – compresa la produzione di biocarburanti – all’industria, l’Agenzia registra ancora troppa inefficienza nei consumi idrici.

Ma sono soprattutto gli eventi climatici estremi a preoccupare l’istituto europeo, che chiede un ripensamento della legislazione comunitaria, finora poco attenta a questi aspetti. Secondo l’Agenzia, la pressione dei cambiamenti climatici sta rendendo più frequenti i periodi di siccità e i fenomeni alluvionali. E la cementificazione selvaggia ne sta aggravando le conseguenze, con l’effetto di indebolire la salute degli ecosistemi e la loro resilienza, cioè la capacità di assorbire elementi di disturbo.

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I paesi colpiti da siccità sono passati dai 15 del periodo 1971-1980 ai 28 del decennio 2001–2011

I paesi colpiti da siccità sono passati dai 15 del periodo 1971-1980 ai 28 del decennio 2001–2011 e il fenomeno non interessa più solo il Sud e il Centro Europa, ma anche le regioni settentrionali. Tra i paesi a rischio, anche l’Italia, che – con Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Malta e Regno Unito – sta sperimentando di conseguenza anche un calo della falda freatica.

Ma sull’Italia pesano sempre più anche gli eventi alluvionali, dentro un trend che vede intensificarsi ovunque la frequenza di questi episodi: basti pensare che delle oltre 325 grandi inondazioni dei fiumi registrate dal 1980, più di 200 si sono verificate a partire dal 2000. Un peggioramento che l’Agenzia collega agli effetti del riscaldamento globale, ma anche ad anni di cementificazione selvaggia che hanno drasticamente ridotto la capacità del terreno di assorbire l’acqua.

Purtroppo di prevenzione si parla ancora poco e neanche i costi economici della gestione dei disastri sono bastati finora a imporre a una diversa gestione del territorio. Legambiente ha calcolato in oltre un miliardo di euro la cifra stanziata dallo Stato per gli eventi calamitosi di natura idrogeologica che dal 2009 ad oggi hanno colpito tredici Regioni italiane e, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, il dissesto idrogeologico interessa l’89% dei comuni italiani.

Un’iniziativa il dicastero guidato da Corrado Clini, in realtà, l’ha in mente: è una strategia nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, con dentro investimenti per 40 miliardi di euro diretti ad aumentare la protezione dal rischio di frane e alluvioni.

Circa la sua realizzazione, però, solo punti interrogativi: troppi soldi per le casse dello Stato, a meno che il Governo italiano non ottenga una deroga al patto di stabilità per il costo degli interventi di contrasto al dissesto idrogeologico. Una possibilità introdotta dal Consiglio europeo – e quindi dai capi di Stato e di Governo dell’Unione – il 29 giugno scorso, ma solo per le misure che possono contribuire alla ‘ripresa’. Sicurezza e tutela ambientale non sarebbero nel conto. Per farcele rientrare il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha scritto ai commissari europei per il Clima e l’Ambiente, Connie Hedegaard e Janez Potocnik, chiedendo supporto. Ad oggi, nessuna risposta.

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